![](bgc.jpg)
11
che di lor natura, e necessariamente si fanno di quelle due superficie curve, sferica
esterna del globo, e cilindrica interna generata dal trapano, terminanti il giro di
esse finestre interne, le quali doppiamente soddisfanno al quesito.
Questo è quel che a’ mesi passati, per saziar la nobil curiosità di questo
SERENISSIMO PRINCIPE FERDINANDO, spiegai all’A. S. con altre varie
maniere, da me già tenute per dimostrar questa ammirabile quadratura di Vela,
con altro, che qui pure dirò poco appresso.
Ma or frattanto vi dico, e voi stessi, dal dettovi, ritroverete, che su questa
medesima Vela Fiorentina si posson assegnare altre Vele infinite, ed altre parti di
essa, le quali sien tutte quadrabili, quali per esemplo sarebbono col mantener
all’intera Vela una delle due sue larghezze da’ piedi, cioè uno de’ due assi
orizzontali dell’Emisfero fra loro a squadra, che congiungono le cocche, o pur le
punte, o i lembi estremi della Vela intera, e collo scorciar l’altra larghezza, o
distanza fra i rimanenti due lembi opposti, col fargli terminare sull’arco di quel
mezzo cerchio verticale (il qual passa per gli altri lembi dell’intera) per distanze
eguali dal polo, o vertice di tal arco: poichè in tal maniera ciascuna di quest’altre
infinite Vele, più strette per un verso, che per l’altro, si può ridurre in quadrato
con esattezza geometrica, e far sì, che questa, alla Vela intera abbia qualunque
data proporzione di minoranza, e che perciò ella sia eguale a qualsisia dato
quadrato minor di quello dell’asse, a cui è uguale la Vela intera: essendochè la più
stretta, o secondaria, che voglia dirsi, alla primaria sta sempre come la retta
congiugnente le cocche più corte (che restan come in aria staccate dalla base di
tutta la primaria) alla retta congiugnente le cocche più lunghe, cioè all’asse di
quella Sfera, ec. Siccome altre infinite Vele si posson considerare sulla stessa
(*)
superficie emisferica, quadrabili ne’ lor tutti, e nelle lor parti, ec. Proprietadi in
vero, non men rimarcabili di quante sieno state fin’ora estratte dall’indeficiente
miniera della Geometria, delle quali sole, sull’esempio d’altri Inventori, avrei
potuto far subito gran fracasso: e se l’ambizione mi avesse predominato, pregiarmi
ancora (com’essi han fatto) più d’Archimede primo riduttore della superficie
sferica in piano, allorachè, quarantasei, o più anni sono io mi fossi considerato per
iscopritore d’un metodo così vasto, ed universale stato ignoto agli Antecessori, e
propagabile in infinito a cose non men belle, che nuove, e col quale, in questo
particolare, trovai nel medesimo tempo non solamente l’estensione delle parti della
superficie sferica in piani non ancora quadrabili, come fece Archimede, ma di più
le sopradette estensioni di parti infinite, e per più versi considerate, di simiglianti
Vele, con ridurle a noti quadrati, o rettangoli. Contuttociò io non ne feci, ne so
farne tanto romore, e non mi presumo tanto, perchè io conosco me stesso. Godo
bensì, e mi appago di queste, e di altre non men degne scoperte; ma non resto però
di ceder il campo ad ogniuno, come sempre il cedei: anzi or risolvo di non
intraprender più in avvenire nuove speculazioni, contento di queste, e dell’altre
(*)
Nota a margine: In breve, poichè le parti della Vela primaria, e di qualunque di queste
secondarie, tagliate da archi di mezzi cerchi massimi, che passano per E, B, C (punti
opposti de’ fori) si posson ridurre in tanti quadrati, o rettangoli, ec.