contano meglio di 800 fornaci di laterizii, calci, cementi, gessi, terre cotte, con otto a novemila operai
e una produzione di circa dieci milioni di lire. Con queste vanno ricordate le industrie affini che
producono le majoliche, i vetri, alcuni cristalli, e le officine che ogni città ed anche molti minori
centri ormai vantano per la produzione del gas e della luce elettrica.
Altre industrie numerose si dedicano alla produzione dei fiammiferi a Moncalieri ed Alessandria, ai
concimi artificiali a Casale, Pozzolo, Torino ed altrove, all'acido solforico, all'inchiostro, alle materie
coloranti. Importantissima è la fabbrica di dinamite di Avigliana, costruita con tutte le prescrizioni più
severe e dove pure avvengono a quando a quando disastri memorabili. Nel 1885, ora sono di certo
scemati, il Piemonte aveva oltre tremila molini per la macinazione dei cereali, brillatoi di riso,
fabbriche di pasta, due o tre fabbriche di zucchero, fra cui quella oramai antica di Savigliano, ed altre
di birra, di acque gasose, di acque minerali, di spiriti, di vermouth, liquori, cioccolatta, confetture.
Nelle varie provincie, ma specialmente in quella di Torino, si producono nastri, maglierie, e vi sono
concerie di pelli, litografie e tipografie rinomatissime, segherie e torni per tutti i lavori in legno,
cartiere importantissime. Nè mancano fabbriche di ombrelli, di guanti, di spazzole e pennelli, di
bottoni, di busti, di stuoie, ed orafi valenti, specie a Valenza.
Ma più che altrove, il Piemonte primeggia nelle grandi industrie tessili del cotone, della lana, della
seta.(55) Per la filatura del cotone, la provincia di Torino tiene il primo posto, con oltre duecentomila
fusi, quanti non ne hanno insieme le altre tre provincie, impiegando fra tutte da sette ad ottomila
operai. Invece Novara ha il primato nella tessitura, con seimila operai, mentre in tutto il Piemonte
ammontano a circa undicimila. E così per la lana, dove neppur da lontano si possono paragonare le
altre provincie e nessuna d'Italia all'industriosissimo circondario di Biella, che impiega, intorno a
90,000 fusi, più di ottomila operai. La provincia di Cuneo, a sua volta, ha il primato nella trattura
della seta, con 57 opifici e 3730 operai, mentre le altre tre insieme ne hanno 87 con 8200; ma nella
torcitura riprende il primato Torino, Cuneo la segue, e a gran distanza le altre due, contandosi in tutto
il Piemonte 69 opifici, con 200,000 fusi e 8000 operai. La tessitura della seta, la cardatura e filatura
dei cascami non hanno una importanza così grande, impiegando insieme 2500 operai, sebbene se ne
traggano prodotti da gareggiare con la Francia. S'aggiunga che la tessitura del cotone, della lana, e
più, quelle del lino, della canapa e d'altri tessili sono ancora assai diffuse nelle famiglie, se nel 1890 si
contavano ancora 12,500 telai a mano.
Imperocchè di tutte coteste industrie in gran parte rimane ed in gran parte è ancora più vero ciò che
nel 1852 scriveva Cesare Correnti, citando una relazione ufficiale del tempo: "Le fabbriche subalpine,
poste a confronto degli altri paesi d'Europa, hanno fisonomia particolare, la condizione dell'operaio è
in esse infinitamente migliore. Uomini, donne, vecchi e fanciulli vivono in un'atmosfera, che si
mantiene costantemente pura, per l'aria dei monti, pel libero accesso della luce, per la vastità e la
pulitezza delle sale; si direbbe che qualche cosa di altamente umano, un senso incancellabile d'arte e
di magnificenza latina, inspirano i nostri fabbricanti. A questo risultato, che è di una immensa
importanza, contribuiscono nel tempo stesso l'indole del motore e l'acconcia distribuzione geografica
delle industrie, che si trovano in gran parte nei campi, dove il caro del combustibile vegetale e la
rarità del fossile ne tengono le sorti intimamente legate al sito che fornisce il motore idraulico", al
quale già allora, ed oggi più che mai, si applicano tutti i perfezionamenti dell'industria, accrescendone
in una misura che non si è mai osato prevedere la potenza con le applicazioni elettriche.(56)
Il Piemonte ha una popolazione calcolata al 31 dicembre 1897 di 3,362,288 abitanti, che si ragguaglia
a più di 114 per chilometro quadrato, meno densa cioè che in Campania, in Liguria, in Lombardia, in
Sicilia, nel Veneto, più che in tutte le altre regioni italiane. Queste medie hanno però scarso valore,
perchè vi sono vasti spazi deserti fra i 2000 e i 3000 metri d'altitudine, popolazioni raramente
disseminate nelle superiori vallate alpine, fitte nelle pianure, specie nei grandi centri, e che crescono
continuamente sia per propria virtù, sia a danno di quelle. La popolazione rurale sparsa per lo più nei
casali o agglomerata nei villaggi e nelle borgate minori è quasi tutta di lavoratori, mentre le città
accolgono i proprietari, gli industriali, gli operai e gente in parte agiata, la quale dà loro un aspetto di
ricchezza che manca invece in altre regioni d'Italia. Nè queste città, specie le maggiori, sorsero a caso,
ma nei siti designati dalla natura, agli sbocchi dei passaggi delle montagne, che una volta potevano
efficacemente presidiare, mentre accoglievano nelle loro mura le produzioni necessarie al
sostentamento degli abitanti e agli scambi. Così Aosta, Vinadio, Casteldelfino, Pinerolo, Fenestrelle,
Susa vigilavano le "porte d'Italia", fortezze che hanno perduto ogni valore di fronte alla potenza delle