nave armata ed equipaggiata da guerra, onde cooperare con James Brooke, diventato più tardi rajah di
Sarawack, all'esterminio dei pirati malesi, terribili nemici del commercio inglese in quei lontani mari.
Quantunque lord James, ruvido come tutti i marinai, incapace di nutrire un'affezione qualsiasi, non
provasse tenerezze soverchie per la giovane nipote, piuttosto di affidarla a mani straniere, l'aveva
imbarcata sul proprio legno conducendola al Borneo ed esponendola ai gravi pericoli di quelle dure
crociere. Per tre anni la ragazzina era stata testimone di quelle sanguinose battaglie, nelle quali
perivano migliaia di pirati e che diedero al futuro rajah Brooke quella triste celebrità che commosse
profondamente e indegnò i suoi stessi compatrioti.
Un giorno però lord James, stanco di carneficine e di pericoli, forse ricordandosi di avere una nipote,
aveva abbandonato il mare e si era stabilito a Labuan, seppellendosi sotto i grandi boschi del centro.
Lady Marianna, che toccava allora il quattordicesimo anno, e che in quella vita perigliosa aveva
acquistata un fierezza ed energia unica, quantunque sembrasse un'esile bambina, aveva cercato di
ribellarsi ai voleri dello zio, credendo di non potersi abituare a quell'isolamento e a quella vita quasi
selvaggia, ma il lupo di mare, che pareva non nutrisse molta affezione per lei, era rimasto inflessibile.
Costretta a subire quella strana prigionia, si era interamente data a completare la propria educazione,
che fino allora non aveva avuto tempo di curare. Dotata di una tenace volontà, a poco a poco aveva
modificato gl'impeti feroci, contratti in quelle aspre e sanguinose battaglie, e quella ruvidità contratta
nel continuo contatto colla gente di mare. Era così diventata una appassionata cultrice della musica,
dei fiori, delle arti belle, mercé le istruzioni di un'antica confidente di sua madre, spenta più tardi
dall'ardente clima tropicale. Col progredire dell'educazione, pur conservando in fondo all'anima
qualche cosa dell'antica fierezza, era diventata buona, generosa, caritatevole.
Non aveva abbandonata la passione per le armi e gli esercizi violenti, e ben spesso, indomita
amazzone, percorreva i grandi boschi, inseguendo perfino le tigri, o pari ad una najade si tuffava
intrepidamente nelle azzurre onde del mar Malese; ma più sovente si trovava là ove la miseria o la
sventura infieriva, recando soccorsi a tutti gli indigeni dei dintorni, a quegli indigeni che lord James
odiava a morte, come discendenti di antichi pirati.
E così quella fanciulla, colla sua intrepidezza e la sua bontà e per la sua bellezza, si era meritata quel
soprannome di "Perla di Labuan", soprannome volato così lontano e che aveva fatto battere il cuore
della formidabile Tigre della Malesia. Ma sotto quei boschi, quasi lontana da ogni creatura civile, la
bambina, diventata ragazza, non si era mai accorta di essere donna; ma quando ebbe veduto quel fiero
pirata, senza sapere il perché, ella aveva provato uno strano turbamento. Cos'era? Ella lo ignorava, ma
si vedeva sempre dinanzi agli occhi, e alla notte le appariva in sogno, quell'uomo dalla figura così
fiera, che aveva la nobiltà di un sultano e che possedeva la galanteria d'un cavaliere europeo,
quell'uomo dagli occhi scintillanti, dai lunghi capelli neri e quel viso su cui leggevasi a chiare parole
un coraggio più che indomito e un'energia più unica che rara. Dopo d'averlo affascinato coi suoi
occhi, colla sua voce, colla sua bellezza, era rimasta a sua volta affascinata e vinta.
Aveva dapprima cercato di reagire contro quel battito del cuore, che per lei era nuovo, come era
nuovo per Sandokan, ma invano. Sentiva sempre che una forza irresistibile la spingeva a rivedere
quell'uomo e che non ritrovava la calma di prima che presso di lui; si sentiva solamente felice quando
si trovava al letto di lui e quando gli leniva gli acuti dolori della ferita col suo chiacchierìo, coi suoi
sorrisi, colla sua impareggiabile voce e colla sua mandola. E bisognava vederlo in quei momenti,
Sandokan, quando ella cantava le dolci canzoni del lontano paese natìo, accompagnandole coi delicati
suoni del melodioso istrumento.
Allora non era più la Tigre della Malesia, non era più il sanguinario pirata. Muto, anelante, madido di
sudore, rattenendo il respiro, per non turbare coll'alito quella voce argentina e melodiosa, ascoltava
come un uomo che sogna, come se avesse voluto imprimersi nella mente quella lingua sconosciuta
che lo inebriava, che gli soffocava le torture della ferita, e quando la voce, dopo aver vibrato un'ultima
volta, moriva coll'ultima nota della mandola, lo si vedeva rimanere a lungo in quella posa, colle
braccia tese come se volesse attirare a sé la fanciulla, collo sguardo fiammeggiante fisso in quello
umido di lei, col cuore sospeso e gli orecchie tesi come se ascoltasse ancora.
In quei momenti egli non si ricordava più di essere la Tigre, dimenticava la sua Mompracem, i suoi
prahos, i suoi tigrotti e il portoghese, che forse in quell'ora, credendolo per sempre spento, vendicava
la sua morte chissà con quali sanguinose rappresaglie.
I giorni così volavano rapidi e la guarigione, potentemente aiutata dalla passione che gli divorava il