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"La forza, fratello, la forza. E pensi tu, che quando mi avranno preso, e, secondo i costumi
del paese, arso, o impiccato, o sotterrato vivo a nome delle leggi, per volere di un potente Dei
gratia, con una sentenza fatta per filo e per segno in nome di Dio, amen, piena di citazioni d'Irnerio,
di Bulgaro, e simili baccalari, che ci avranno proprio che fare come Pilato nel Credo, avranno in
sostanza migliore diritto che questo? - La forza, fratello, è la gran madre Eva di tutti i diritti."
E qui i masnadieri, fino a quel punto intentissimi alla disputa, gridarono a gola spiegata:
"Bravo il nostro dottore! egli è un valente uomo Drengotto!"
"Oh! signore mio, voi siete troppo savio maestro di argomentazioni, perchè un povero
accattone possa venire in contesa con voi, io vi scongiuro per l'anima di vostro padre, s'è morto...."
"Questo è quello che non so neppure io. Pover'uomo! E mi ricordo, che mi voleva bene, ma
bene assai; gli dicevano tutti che io era il ritratto vivente di madonna Ermellina, ed egli aveva
coralmente amato madonna mia madre. Fecemi apprendere gramatica, ed il maestro, che ne traeva
grosso salario, gli andava susurrando alle orecchie: - il bello ingegno di quel vostro garzone,
messere! E' mi pare di vederlo Giudice della ragione civile, e chi sa? anche Governatore, e, se la
fortuna lo porta, forse Gran Giustiziere, o Protonotario della corona. - Il buon uomo, pieno di questi
pensieri, datimi libri, danari e palafreno, con molte lagrime, e raccomandazioni di farmi valoroso in
jure, mi accomodò con certo mercadante suo amico, che partiva per Bologna, e mi mandò allo
studio. Di lì a due mesi, venduti libri e palafreno, mi tornai a casa in farsetto; composi una mia
novella; messere la credè, e aspettava il nuovo anno per rimandarmi a Bologna. Intanto io, se non
aveva imparato lo jus, aveva imparato tra gli scolari tutti i vizii, che furono, sono, e potranno
essere, e più. Aveva bisogno di danari, e questi mi forniva assai sottilmente mio padre, perchè con
la vecchiezza suole venire l'avarizia: mi cadde in mente di rubarglieli; osservai dove tenesse il
forziere; mi accorsi che stava riposto in una cameretta in capo della scala; mi provvidi di arnesi, ed
una bella notte mi apprestai all'opera; apersi agevolmente l'uscio, e la cassa; tutto era andato a
dovere, e già toccava il danaro, e già lo prendeva, e.... ma ciò facendo con poco senno, e manco
precauzione, lasciai andarne un pugno per terra; le monete cadute mandarono un suono, che mi
abbrividì di spavento: alcune di queste ruzzolando ruzzolando trovarono l'uscio aperto, e si
cacciarono giù per le scale; ogni balzo che facevano su i gradini, era per me una stoccata per mezzo
del cuore: rimasi un momento incerto, come colui che si sente sconfortato dalla paura e dalla
vergogna, e questo momento fu che mi perdè. Mio padre, udito il romore, amando più della vita il
danaro, che egli chiamava suo secondo sangue, venne a precipizio alla mia volta: quando io volli
fuggire, me lo trovai innanzi al cammino, egli mi afferrò alla gola, e stringeva di buona mano.
Intanto la fante strepitava: "Aiuto! misericordia! al ladro, al ladro!" Ormai parevami vedere
giungere tutto il vicinato co' lumi, sentire i loro rimproveri, quelli del padre; un peso insopportabile
di avvilimento mi si aggravava sul capo; detti in questo pensiero una scossa violenta; mio padre
cadde riverso, la scala gli stava alle spalle, vi precipitò, io dietro; egli percosse su la pietra, io sopra
lui; mi alzai, gli passai sopra il petto, fuggii.... le mani ed il viso aveva imbrattato di sangue: sicchè
vedi che amore pel padre sia stato il mio! Ma io non credei che ne dovesse uscire un tanto danno; vi
giuro ch'io noi credei. Voi tutti avreste fatto lo stesso, compagni, non è egli vero? ditemi, in nome
di Dio, non avreste fatto lo stesso? Qual vita, o quale affetto può avere prezzo agli occhi del ladro
in paragone della cosa rapita? E poi c'entrava l'onore, perchè, se mi ricordo bene, trattandosi di cosa
lontana, mi pare che io fossi in cotesti tempi onorato."
E sì parlando rise, ma di un cotale riso sfumato che gli morì a fiore di labbro: nè i compagni
applaudirono, perchè tra loro convennero che il detto non era arguto; ma in sostanza, perchè fu
troppo scellerato per chiunque ha viscere di umanità. Drengotto passò due o tre volte la mano su la
fronte, quasi per cacciarne, quella immagine, e quindi riprese a favellare: "Or via, pellegrino.
perchè sei ostinato a non volerti persuadere che la tua morte è un bene, cosa per la quale soltanto
meriteresti morire, vediamo se potrò rendertene desideroso col modo con cui intendo apprestartela.
Vo' dunque che tu sappi, che, essendo io stato a studio, amo darti una morte latina. La gloriosa
Serenità dell'Imperatore Federigo, che il demonio faccia pace alle sue ossa, tra gli altri suoi ritrovati
inventò la pena del propagginare, da propago propaginis, che vuol dire germoglio: questa, come