conoscibile a priori, quindi in tutto dipendente dal soggetto, solo pel soggetto esistente; e per
conseguenza, infine, un puro fantasma, rappresentazione e forma della rappresentazione in tutto e per
tutto: non si potrebbe più andare in cerca di nessuna cosa in sé. Posto che così fosse, allora veramente
sarebbe il mondo intero dedotto dal soggetto: e si farebbe effettivamente ciò che Fichte con le sue
ciarle vuote voleva fingere di fare. Ma la cosa non sta così: a quel modo si costruivano fantasie,
sofisticazioni, castelli in aria, ma non scienza. Si è riusciti - e fu, ogni volta, un vero progresso - a far
risalire i molti e svariati fenomeni della natura a poche forze originarie; molte forze e qualità, prima
ritenute diverse, sono state dedotte le une dalle altre (per esempio, il magnetismo dall'elettricità),
diminuendone così il numero: l'etiologia avrà toccato la meta, quando avrà conosciuto e fissato come
tali tutte le forze elementari della natura, e stabilito i loro modi d'agire; ossia la regola, con cui si
producono nel tempo e nello spazio i loro fenomeni, seguendo il filo conduttore della causalità,
determinandosi a vicenda il loro posto. Ma sempre avanzeranno forze prime; sempre avanzerà, come
insolubile residuo, un contenuto dei fenomeni, che non si può ridurre alla loro forma, ossia spiegare
con qualcos'altro secondo il principio di ragione. Imperocché in ogni cosa della natura è alcunché, la
cui ragione non può mai essere indicata, di cui nessuna spiegazione è possibile, nessuna causa è da
cercare più oltre: e ciò è il modo specifico della sua attività, ossia appunto il modo del suo essere, la
sua essenza. Si può certamente d'ogni singola azione dell'oggetto mostrare una causa, dalla quale
deriva ch'esso debba agire proprio in un dato momento, in un dato luogo: ma del fatto ch'esso in
genere agisca, e agisca così, nessuna. Se anche non ha nessun'altra proprietà, se è un atomo di polvere
nel sole, mostra tuttavia nel peso e nell'impenetrabilità quel quid imperscrutabile. Ora questo, io dico,
è ad esso, quel che all'uomo è la volontà; e, come questa, non è nella sua intima essenza soggetto a
spiegazione, anzi è in sé identico a lei. Certo, che per ogni manifestazione del volere, per ogni singolo
atto di questo in un certo tempo e luogo, si può indicare un motivo a cui quell'atto, dato il carattere
dell'uomo, doveva necessariamente seguire. Ma dell'aver l'uomo questo carattere, anzi della facoltà
stessa di volere; e del fatto, che fra molti motivi per l'appunto questo e nessun altro, o addirittura che
un qualunque motivo muova la sua volontà: di tutto ciò non si può dar ragione alcuna. Quel ch'è per
l'uomo il suo proprio imperscrutabile carattere, presupposto indispensabile d'ogni spiegazione dei suoi
atti condotti da motivi, è per ogni corpo organico la sua essenziale qualità, il modo della sua attività.
Le manifestazioni di codesta attività sono provocate da un'influenza esterna; mentre il suo modo,
ossia la qualità essenziale, non è da nulla determinato fuor che da se stesso, ed è quindi inesplicabile. I
suoi singoli fenomeni - ne' quali soltanto ella diviene visibile - sono sottomessi al principio di ragione:
ma ella non sottosta a ragione. Ciò avevano già gli scolastici esattamente riconosciuto, e chiamato
forma substantìalis (si veda Suarez, Disp. metaph., disp. XV, sect. 1).
È un errore tanto grosso quanto comune, il pensar che siano i più frequenti, più generali e più semplici
fenomeni quelli, che noi meglio comprendiamo: mentre sono semplicemente quelli, a cui si sono
meglio abituati il nostro sguardo e la nostra ignoranza. Che una pietra cada in terra, ci è tanto
inesplicabile quanto il vedere muoversi un animale. Si è ritenuto, com'è detto più sopra, che partendo
dalle più generali forze di natura (per esempio gravitazione, coesione, impenetrabilità) si potessero
spiegare con esse le forze più rare ed operanti solo in circostanze combinate (per esempio qualità
chimica, elettricità, magnetismo); poi finalmente con queste l'organismo e la vita degli animali, e
perfino dell'uomo. Ci si accordò tacitamente nel proposito di partire da pure qualitates occultae, che si
rinunziava a chiarire, avendo intenzione di costruirci sopra e non di scavarle da sotto. Impresa siffatta
non può, come ho detto, riuscire. Ma, anche prescindendo da ciò, un simile edifizio sarebbe sempre
campato in aria. A che giovano spiegazioni, che da ultimo conducono ad un termine altrettanto
sconosciuto quanto il primo problema? Si arriva forse, alla fine, a capir dell'intima essenza di quelle
universali forze della natura più che non si capisse dell'intima essenza d'un animale? Non è l'una cosa
inesplicata quanto l'altra? Imperscrutabile, perché senza ragione, perché è il contenuto, la sostanza del
fenomeno, la quale non può mai esser ridotta alla forma di esso, al come, al principio di ragione. Ma
noi, che qui abbiamo di mira non l'etiologia, bensì la filosofia, ossia non la relativa ma l'assoluta
cognizione dell'essenza del mondo, battiamo la via opposta, e muoviamo da quel che conosciamo
direttamente, nel modo più pieno, e che ci è più famigliare; moviamo da quel che ci sta più vicino, per
comprendere ciò che ci è noto solo da lontano, unilateralmente e mediatamente: e dal fenomeno più
vivace, più significante, più chiaro vogliamo apprendere a capire il meno compiuto e più debole. Di
tutte le cose - eccettuato il mio proprio corpo - è a me conosciuto un solo aspetto, quello della