questa se non i fatti principali, e particolarmente quelli che sono accennati o rappresentati nella
tragedia. Alcuni di essi sono raccontati così diversamente dagli storici, che è impossibile
formarsene e darne una opinione, certa e unica. Tra le relazioni spesso varie, e talvolta opposte, ho
scelto quelle che mi sono parse più verosimili, o sulle quali gli scrittori vanno più d'accordo.
Alla morte di Giovanni Maria Visconti Duca di Milano (1412), il di lui fratello Filippo Maria Conte
di Pavia era rimasto erede, in titolo, del Ducato. Ma questo Stato, ingrandito dal loro padre
Giovanni Galeazzo, s'era sfasciato nella minorità di Giovanni, pessimamente tutelata, e nel suo
debole e crudele governo. Molte città s'erano ribellate, alcune erano tornate in potere de' loro
antichi signori, d'altre s'erano fatti padroni i condottieri stessi delle truppe ducali. Facino Cane uno
di questi, il quale di Tortona, Vercelli ed altre città s'era formato un piccolo principato, morì in
Pavia lo stesso giorno che Giovanni Maria fu ucciso da' congiurati in Milano. Filippo sposò
Beatrice Tenda vedova di Facino, e con questo mezzo si trovò padrone delle città già possedute da
lui, e de' suoi militi.
Era tra essi il Carmagnola, e ci aveva già un comando. Questo esercito corse col nuovo Duca sopra
Milano, ne scacciò il figlio naturale di Barnabò Visconti, Astorre, il quale se n'era impadronito, e lo
sforzò a ritirarsi in Monza, dove assediato, rimase ucciso.
Il Carmagnola si segnalò tanto in questa impresa, che fu nominato condottiero dal Duca.
Tutti gli storici riguardano il Carmagnola come artefice della potenza di Filippo. Fu il Carmagnola
che gli riacquistò in poco tempo Piacenza, Brescia, Bergamo, e altre città. Alcune ritornarono allo
Stato per vendita o per semplice cessione di quelli che le avevano occupate: il terrore che già
ispirava il nome del nuovo condottiero sarà probabilmente stato il motivo di queste transazioni. Egli
espugnò inoltre Genova, e la riunì agli stati del Duca. E questo, che nel 1412 era senza potere e
come prigioniero in Pavia, possedeva nel 1424 venti città "acquistate" a, per servirmi delle parole di
Pietro Verri, "colle nozze della infelice Duchessa,(9) e colla fede e col valore del Conte Francesco".
Venne il Carmagnola creato dal Duca conte di Castelnovo; sposò Antonietta Visconti parente di
esso, non si sa in qual grado; e si fabbricò in Milano il palazzo chiamato ancora del Broletto.
L'alta fama dell'esimio condottiero, l'entusiasmo de' soldati per lui, il suo carattere fermo e altiero,
la grandezza forse de suoi servizi, gli alienarono l'animo del Duca. I nemici del Conte, tra i quali il
Bigli, storico contemporaneo, cita Zanino Riccio e Oldrado Lampugnano, fomentarono i sospetti e
l'avversione del loro signore. Il Conte fu spedito governatore a Genova, e levato così dalla direzione
della milizia. Aveva conservato il comando di trecento cavalli; il Duca gli chiese per lettere che lo
rinunziasse. Il Carmagnola rispose pregandolo che non volesse spogliare dell'armi un uomo nutrito
tra l'armi: e ben s'accorse, dice il Bigli,(10) che questo era un consiglio de' suoi nemici, i quali
confidavano di poter tutto osare, quando lo avessero ridotto a condizione privata. Non ottenendo
risposta né alle lagnanze, né alla domanda espressa d'essere licenziato dal servizio, il Conte si
risolvette di recarsi in persona a parlare col principe. Questo dimorava in Abbiategrasso. Quando il
Carmagnola si presentò per entrare nel castello, si sentì con sorpresa dire che aspettasse. Fattosi
annunziare al Duca, ebbe in risposta ch'era impedito, e che parlasse con Riccio. Insistette, dicendo
d'aver poche cose e da comunicarsi al Duca stesso; e gli fu replicata la prima risposta. Allora rivolto
a Filippo, che lo guardava da una balestriera, gli rimproverò la sua ingratitudine, e la sua perfidia, e
giurò che presto si farebbe desiderare da chi non voleva allora ascoltarlo: diede volta al cavallo, e
partì coi pochi compagni che aveva condotti con sé, inseguito invano da Oldrado, il quale, al dir del
Bigli, credette meglio di non arrivarlo.
Andò il Carmagnola in Piemonte, dove abboccatosi con Amedeo duca di Savoia suo natural