[2.XXXIII.] Dicono i sonatori che, quando sono due liuti bene e in una medesima voce
accordati, chi l'un tocca, dove l'altro gli sia vicino e a fronte, amendue rispondono ad un modo, e
quel suono che fa il tocco, quello stesso fa l'altro non tocco e non percosso da persona. O Amore, e
qua' liuti o qua' lire più concordemente si rispondono, che due anime che s'amino delle tue? Le
quali, non pur quando vicine sono e alcuno accidente l'una muove, amendue rendono un medesimo
concento, ma ancor lontane e non più mosse l'una che l'altra, fanno dolcissima e conformissima
armonia. Pensa della sua cara donna il lontano amante volentieri quando e' può, e vedela e odela col
pensarvi, né ella con più diletto a veruna cosa giamai volge l'animo che a lui, e sono certi ciascuno
che quello che l'uno fa, faccia l'altro tuttavia parimente. Per che noi ci maravigliamo di Laodomia,
alla quale per mirar nel suo lontano Protesilao fosse huopo la dipinta cera della sua figura. A questa
guisa, donne, e vicini e lontani, sempre diletto, sempre sollazzi troviamo. Perciò che Amore, sì
come il sole, quantunque cangi segno, sempre chiaro si mostra però a' mortali, così egli, benché alle
volte muti paese con noi, pur tuttavia in ogni luogo de' suoi doni ci fa sentire. Egli in piano, egli in
monte, egli in terra, egli in mare, egli ne' porti e nelle sicurezze, egli nelle fortune e ne gli
arrischiamenti, egli ad uomini, egli a donne, sì come la sanità, sempre è piacevole, sempre giova.
Trastulla nelle rigide spilunche e nelle semplici e povere capanne i duri e vaghi pastori. Conforta ne'
morbidi palagi e nelle dorate camere le menti pensose de gli alti re. Tranquilla le noie de' giudicanti,
ristora le fatiche de' guerreggianti; in quelli con le severe leggi de gli uomini la piacevolissima della
natura mescolando, a questi nel mezzo de' nocentissimi e sanguinosi guerreggiari pure e
innocentissime paci recando. Pasce i giovani, sostiene gli attempati, diletta gli uni e gli altri; e
sovente fa quello che cotanto pare a vedere maraviglioso, con ciò sia cosa che egli nelle vecchie
scorze ritorna il vigore delle fanciulle piante e, sotto le bionde e liscie cotenne, insegna essere
innanzi tempo mille vizzi e canuti pensieri. Piace a' buoni, diletta i saggi, è salutevole a tutti.
Scaccia la tristizia, toglie la maninconia, rimuove le paure, compone le liti, fa le nozze, accresce le
famiglie. Insegna parlare, insegna tacere, insegna cortesia. Dolci ci fa le dipartenze, perciò che più
cari e di più viva forza pieni ci apparecchia i ritorni loro; dolcissimi i ritorni e le dimore, i quali col
pensiero delle lor gioie ci fanno poi essere ogni nostra lontananza soave. Lietissimi ci mena i giorni,
ne' quali ci fanno luce e risplendono spesse volte due soli; ma le notti ancor più, sì come quelle che
il nostro sole non ci togliono perciò sempre. Il che quando pure non aviene, egli non manca per lo
più che il sonno cortese quelle medesime feste non ci apporti e non ci doni, che alle vigilie vengono
tolte e negate; e così ci miriamo noi, così ragioniamo insieme, così le nostre ragioni contiamo, così
per mano ci prendiamo, come quelli fanno che più veracemente l'appruovano quando che sia.
Crescono ogni giorno le dolcezze, avanzano ogni notte le venture; né per quelle che sopravengono,
mancano o scemano le sottostanti, anzi, sì come belle nevi da belle nevi sopragiunte, più fresche e
più morbide si mantengono in quella maniera, così de gli amorosi sollazzi, sotto le dolci copriture
de gli ultimi, più dolci si conservano i primieri. Né per le vecchie le nuove, né le d'oggi per quelle di
hieri menomano e perdono della loro forza giamai, anzi, sì come numero che s'accosti a numero, vie
maggior somma fa, che soli e separati far non possono, così le nostre feste, poste e giunte altre con
altre, più di bene ci porgono ciascuna, che fatto da sé non avrebbono. Sole bastano, accompagnate
crescono. Una mille ne fa, e delle mille in brieve tempo mille ne nascono per ciascuna. Sono
aspettate giocondissime, sono non aspettate venturose. Sono care agevoli, ma disagevoli vie più
care, in quanto le vittorie con alcuna fatica e con alcun sudore acquistate fanno il trionfo maggiore.
Donate, rubate, guadagnate, guiderdonate, ragionate, sospirate, lagrimate, rotte, reintegrate, prime,
seconde, false, vere, lunghe, brievi, tutte sono dilettevoli, tutte sono graziose. E in brieve, sì come
nella primavera prati, campi, selve, piagge, valli, monti, fiumi, laghi, ogni cosa che si vede è vaga;
ride la terra, ride il mare, ride l'aria, ride il cielo; di lumi, di canti, d'odori, di dolcezze, di tiepidezze
ogni parte, ogni cosa è pieno; così in Amore ciò che si dice, ciò che si fa, ciò che si pensa, ciò che si
mira, tutto è piacevole, tutto è caro. Di feste, di sollazzi, di giuochi, d'allegrezze, di piacimenti, di
venture, di gioia, di riposo, di pace ogni stato, ogni anima è ripiena. -
[2.XXXIV.] Non si potea rattener Gismondo del dire, già tutto in su le lode d'Amore con le
parole e con l'animo riscaldato, e tuttavia diceva, quando le trombe, che nelle feste della Reina le