capi di queste sette ne venissero a Firenze, acciocché là non facessero maggior turbazione. Questo
rimedio fu tale, che non tanto di bene fece a’ Pistolesi per levar loro i capi, quanto di male fece a’
Fiorentini per tirare a sé quella pestilenzia. Perocché avendo i capi in Firenze parentadi ed amicizie
assai, subito accesero il fuoco con maggiore incendio per gli diversi favori che avevano da’ parenti e
dalli amici, che non era quello, che lasciato avevano a Pistoia: e trattandosi di questa materia in
publico e in privato, mirabilmente s’apprese il mal seme, e divisesi tutta la città in modo, che quasi
non vi fu famiglia nobile né plebea, che in sé medesima non si dividesse, né uomo particulare di
stima alcuna, che non fusse dall’una delle sette; e trovossi in molti la divisione essere tra fratelli
carnali, che l’uno di qua e l’altro di là teneva.
Essendo già durata la contesa più mesi, e multiplicati gl’inconvenienti, non solamente per parole
ma ancora per fatti dispettosi ed acerbi, cominciati tra’ giovani e discesi tra gli uomini di matura età,
la città tutta stava sollevata e sospesa. Addivenne, che essendo Dante de’ Priori, certa ragunata si fe’
per la parte de’ Neri nella chiesa di Santa Trinita; quello che trattassero fu cosa molto segreta, ma
l’effetto fu di fare opera con papa Bonifazio VIII, il quale allora sedeva, che mandasse a Firenze
messer Carlo di Valois de’ Reali di Francia, a pacificare e a riformare la terra. Questa ragunata
sentendosi per l’altra parte de’ Bianchi, subito se ne prese suspizione grandissima; in tanto, che
presero l’armi, e fornironsi d’amistà, e andarono a’ Priori aggravando la ragunata fatta, e l’avere con
privato consiglio presa deliberazione dello stato della città; e tutto esser fatto, dicevano, per
cacciargli di Firenze: e per tanto dimandavano a’ Priori, che facessero punire tanto prosuntuoso
eccesso. Quelli che avevano fatta la ragunata temendo anche loro, pigliarono l’armi, e appresso i
Priori si dolevano delli avversarii, che senza deliberazione publica s’erano armati e fortificati,
affermando che sotto varii colori gli volevano cacciare; e domandavano a’ Priori che li facessero
punire, sì come perturbatori della quiete publica. L’una parte e l’altra di fanti e d’amistà fornite
s’erano; la paura, e il terrore, e il pericolo era grandissimo. Essendo adunque la città in armi e in
travagli, i Priori, per consiglio di Dante, provviddero di fortificarsi della moltitudine del popolo, e
quando furono fortificati, ne mandarono a’ confini gli uomini principali delle due sette, che furono
questi: messer Corso Donati, messer Geri Spini, messer Giacchinotto de’ Pazzi, messer Rosso della
Tosa, e altri con loro. Tutti questi erano della parte Nera, e furono mandati a’ confini a Castel della
Pieve, in quel di Perugia. Della parte de’ Bianchi furono mandati a’ confini a Serezzana: messer
Gentile e messer Torrigiano de’ Cerchi, Guido Cavalcanti, Baschiera della Tosa, Baldinaccio
Adimari, Naldo di messer Lottino Gherardini, e altri.
Questo diede gravezza assai a Dante, e contutto ch’esso si scusi come uomo senza parte, niente di
manco fu riputato pendesse in parte Bianca, e che gli dispiacesse il consiglio tenuto di chiamar
Carlo di Valois a Firenze, come materia di scandali e di guai alla città; e accrebbe la ’nvidia, perché
quella parte de’ cittadini che fu confinata a Serezzana, subito ritornò a Firenze, e l’altra parte
confinata a Castel della Pieve si rimase di fuori. A questo risponde Dante, che quando quelli di
Serezzana furono rivocati, esso era fuori dell’uffizio del Priorato, e che a lui non si debba imputare:
più dice, che la ritornata loro fu per l’infirmità e morte di Guido Cavalcanti, il quale ammalò a
Serezzana per l’aere cattiva, e poco appresso morì. Questa disagguaglianza mosse il Papa a mandar
Carlo di Valois a Firenze; il quale, essendo per riverenzia del Papa e della Casa di Francia ricevuto
nella città, di subito rimise i cittadini confinati, e appresso cacciò la parte Bianca per rivelazione di
certo trattato fatta per messer Piero Ferranti suo barone: il quale disse essere stato richiesto da tre
gentili uomini della parte Bianca, cioè da Naldo di messer Lottino Gherardini, da Baschiera della
Tosa e da Baldinaccio Adimari, di adoperar sì con messer Carlo di Valois che la lor parte rimanesse
superiore nella terra; e che gli aveano promesso di dargli Prato in governo, se facesse questo: e
produsse la scrittura di questa richiesta e promessa, con gli suggelli di costoro. La quale scrittura
originale ho io veduto, perocché ancor oggi è in Palagio tra l’altre scritture publiche; ma quanto a
me, ella mi pare forte sospetta, e credo per certo che ella fusse fittizia. Pure, quello che si fusse, la
cacciata seguitò di tutta la parte Bianca; mostrando sdegno Carlo di questa richiesta, e promessa da
loro fatta.
7. Dante in questo tempo non era in Firenze, ma era a Roma, mandato poco avanti imbasciadore
al Papa, per offerire la concordia e la pace de’ cittadini: nientedimanco, per isdegno di quelli che nel
suo Priorato confinati furono della parte Nera, gli fu corso a casa, e rubata ogni sua cosa, e dato il