povera, semplice, e libera nelle natie sue selve, essere poi stata l'ultimo popolo d'Europa che
ricevesse, più assai per violenza che per via di persuasione, la religion cristiana.
Le poche nazioni che fuori d'Europa la ricevettero, vi furono per lo più indotte dal timore e
dalla forza, come le diverse piagge di America e d'Affrica; ma dallo stesso ferocissimo
fanatismo con cui veniva abbracciata nella Cina, e più nel Giappone, si può manifestamente
dedurre quanto ella volentieri si alligni, e prosperi, nelle tirannidi.
I troppi abusi di essa sforzarono col tempo alcuni popoli assai più savj che imaginosi, a
raffrenarla, spogliandola di molte dannose superstizioni. E costoro, distinti poi col nome di
eretici, si riaprirono con tal mezzo una strada alla libertà, la quale fra essi rinacque dopo
essere stata lungamente sbandita d'Europa, e bastantemente vi prosperò; come gli Svizzeri, la
Olanda, molte città di Germania, la Inghilterra, e la nuova America, ce lo provano. Ma i
popoli, che, non la frenando, vollero conservarla intera, (non però mai quale era stata
predicata da Cristo, ma quale con arte, con inganno, ed anche con la violenza l'aveano i suoi
successori trasfigurata) si chiusero essi sempre più ogni strada al riprocrear libertà. Addurrò
ora, non tutte, ma le principali ragioni, per cui mi pare quasi impossibile che uno stato
cattolico possa o farsi libero veramente, o rimaner tale, rimanendo cattolico.
Il culto delle immagini, la presenza effettiva nella eucaristia, ed altri punti dogmatici, non
saranno per certo mai quelli, che, creduti o no, verranno ad influire sopra il viver libero
politico. Ma, IL PAPA, ma, LA INQUISIZIONE, IL PURGATORIO, LA CONFESSIONE, IL
MATRIMONIO FATTOSI INDISSOLUBILE SACRAMENTO e IL CELIBATO DEI
RELIGIOSI; sono queste le sei anella della sacra catena, che veramente a tal segno rassodano
la profana, che ella di tanto ne diventa più grave ed infrangibile. E, dalla prima di queste sei
cose incominciando, dico: Che un popolo, che crede potervi esser un uomo, che rappresenti
immediatamente Dio; un uomo, che non possa errar mai; egli è certamente un popolo stupido.
Ma se, non lo credendo, egli viene per ciò tormentato, sforzato, e perseguitato da una forza
superiore effettiva, ne accaderà che quella prima generazione d'uomini crederà nel papa, per
timore; i figli, per abitudine; i nepoti, per stupidità. Ecco in qual guisa un popolo che rimane
cattolico, dee necessariamente, per via del papa e della inquisizione, divenire ignorantissimo,
servissimo, e stupidissimo.
Ma, mi dirà taluno: "Gli eretici credono pure nella trinità; e questa al senso umano pare una
cosa certamente ancora più assurda che le sopraccennate: non sono dunque gli eretici meno
stupidi dei cattolici". Rispondo; che anche i Romani credevano nel volo e nel beccar degli
augelli, cosa assai più puerile ed assurda; eppure erano liberi e grandi; e non divennero stupidi
e vili, se non quando, spogliati della lor libertà, credettero nella infame divinità di Cesare, di
Augusto, e degli altri lor simili e peggiori tiranni. Quindi, la trinità nostra, per non essere cosa
soggetta ai sensi, si creda ella o no, non può influire mai sopra il viver politico: ma, l'autorità
più o meno di un uomo; l'autorità illimitata sopra le più importanti cose, e velata dal sacro
ammanto della religione, importa e molte, e notabili conseguenze; tali in somma, che ogni
popolo che crede od ammette una tale autorità, si rende schiavo per sempre.
Lo ammetterla senza crederla, che è il caso nostro presente in quasi tutta l'Europa cattolica, mi
pare una di quelle umane contraddizioni sì stranamente ripugnanti alla sana ragione, ch'elle
non possono essere gran fatto durevoli; e quindi non occorre maggiormente parlarne. Ma i
popoli che l'autorità del papa ammettono perché la credono, come erano i nostri avi, ed alcune
presenti nazioni, necessariamente la credono o per timore, o per ignoranza e stupidità. Se per
queste ultime ragioni la credono, chiaro è che una nazione stupida ed ignorante affatto, non
può, nel presente stato delle cose, esser libera: ma, se per timore la credono i popoli, da chi
vien egli in loro inspirato codesto timore? non dalle papali scomuniche certamente, poiché in
esse non hanno fede costoro; dalle armi dunque e dalla forza spaventati saranno, ed indotti a
finger di credere. E da quali armi mai? da qual vera forza? dalle armi e forza del tiranno, che
politicamente e religiosamente gli opprime. Dunque, dovendo i popoli temere l'armi di chi li
governa, in una cosa che dovrebbe essere ad arbitrio di ciascuno il crederla o no, ne risulta che
chi governa tai popoli, di necessità è tiranno; e che essi, attesa questa loro sforzata credenza,
non sono, né possono farsi mai liberi. Ed in fatti, né Atene, né Sparta, né Roma, né altre vere
ed illuminate repubbliche, non isforzarono mai i lor popoli a credere nella infallibilità degli