Download PDF
ads:
Avv. Vincenzo Capo
Della liquidazione del passivo
nel fallimento
(Libro III. Titolo III, Cod, di Comm.)
(art. 758-792)
NAPOLI Tip. Cav. A. Tocco e A.
Salvietti Via Nilo 34 (ex Sala Marroccellì)
1905.
ads:
Livros Grátis
http://www.livrosgratis.com.br
Milhares de livros grátis para download.
BIBLIOGRAFIA
BOLARFIO L. Sogli effetti della presunzione legale dell' art. 782 Cod.
Comm. in rapporto agli atti di alienazione dei beni della moglie
compiuti anteriormente alla dichiarazione di fallimento Foro It., 1900,
1, 410.
DETTO — Se la sentenza che fissa ad un tempo anteriore la data della
cessazione dei pagamenti possa essere pronunziata dopo la chiusura
del processo verbale di verificazione dei crediti, quantunque se ne sia
proposta prima la domanda. Foro It., 1884, I, 1175.
CATTANEO C. — Sull' art. 773 Codice di Commercio. M. Tribunale Milano
1885, 1137,
FOA' F. I diritti dei terzi sui beni acquistati dalla moglie del fallito
Diritto Comm. XVII — 902.
MESSA. G. — L' art. 763 Codice Comm. dopo la legge 15 gennaio 1888 —
M. Trib. Milano, 1888, 485.
MICHETTI C. E' assolutamente indispensabile ai rappresentânti dei
creditori del fallimento , nella verificazione dei credit., 1' esibizione
della procura.... ecc. ? — Rolandino, 1890, 49.
PAGAMI Il privilegio del prezzo delle macchine vendute al fallito (art.
773 n.º 3) — Diritto Comm. II, 643, 1884.
PARISI F. 11 termine fissato dalla sentenza dichiarativa del fallimento
per la presentazione delle dichiazioni di credito è fatale e perentorio
Gaza. Proc. XXIV. 37.
PITTALUGA G. — Del modo di proporre 1' azione di separazione della dote
spettante alla moglie nel caso di fallimento del marito (art. 1418
Codice Civ. art. 699-780 Cod. di Comm.) Tip. Iacquemod, 1887,
Alessandria.
RIGHAMO I Alcune osservazioni sull' art. 764 Cod. Comm. Diritto
Comm. IV. 179.
RISETTI G. Se il credito risultante da sentenza passata in giudicato
contro if fallito possa essere contestato dal curatore del fallimento o
dai singoli creditori. Foro It., 1894, 1013.
Rossi (DE) V. Una quistione sulla verificazione dei crediti nel
fallimento — Diritto Comm. I. 308 (1883).
ads:
— VI —
ROTA G. Se in sede di verificazione dei crediti, nel giudizio di
fallimento, si possa contestare un credito proveniente da giudicato,
ovvero si debba impugnarlo con 1' opposizione di terzo Tip. Balbi
Terme Diocleziano. Roma, 1895.
DETTO Contributo alla interpetrazione dello articolo 764 Cod. Comm.
Da chi ed entro qual termine possono farsi le opposizioni alle
ammissioni di credito già avvenute — Dritto e\ Giur. XVII, 12.
SACERDOTI A. — Sull' interpetrazione più retta dell' art. 790 Codice Comm.
VENDITTI A. — I diritti della moglie del fallito — Tip. Iovane, 1882,
Napoli.
VIANI P. — Della efficacia della ipoteche consentite dalla moglie del fallito
mi beni da essa acquistati in pendenza del matrimonio e devoluti alla
massa per la presunzione stabilita dall' art. 782 Cod. Comm. — Foro lt.
18%, 517.
DETTO Ancora sulla presunzione Muciana stabilita dall' art. 7821 Cod.
Comm. -- Foro lt., 1899.1. 865.
VIDARI E. Note sull' art. 773 del Codice di Comm. M. Trib. Milano
— 1885. 1089.
DETTO Di nuovo sull' art, 763 Codice Comm. e la legge 25 Gennaio
1688.
DETTO Sul privilegio del venditore di macchine in caso di fallimento di
un noleggiatore di macchine — Legge 1901,1. 555.,
ZIGNONI-P. Appunti sull' art. 782 Codice Comm. Gnau. Giud. It.
1899. 169.
SOMMARIO
PREFAZIONE DELL' AUTORE Pag, XI
PARTE 1
La verificazione dei erediti
CAPO I. — Importanza e scopo dello accertamento del
passivo (1-4). Pag. 1
« II. L'Istituto giuridico della verificazione dei
crediti nel sistema del codice italiano vigente, in
confronto di quello abolito (5-6). Cenno di diritto
comparato (7-8). jftf' T)
« III. 11 diritto di concorso dei creditori (9-11). La procedura
di verificazione ed i suoi effetti (18-15) » 10
« IT. Dichiarazione di credito: forma,contenuto,
sottoscrizione (16-18) Termini per rendere le di
chiarazioni (19-24) Processo verbale di verifica
zione (25-26) Documentazione delle dichiarazioni
di credito (27-31). » 18
« V. Poteri del giudice delegato (32) Conte
stazioni: quistioni varie (33). A chi compete il
diritto di contestare: giudice delegato, curatore,
creditore, fallito (34-45) Chiusura del processo
verbale di verificazione (46) Opposizioni poste
riori (47-48) Provvedimenti del giudice delegato
(49) — Rinvio per competenza (50-51). » 38
« VI. Fra quali persone si svolge il giudizio sui
créditi contestati (52-57) Contestazione della lite
(58) Ammissione definitiva o provvisoria: effetti,
novazione, prescrizione (59-64). » 61
— Vili —
CAPO VII. - Dichiarazioni, contestazioni ed opposizioni
tardive (65) Come si propongono, in quali ter
mini Autorità competente a conoscerne (66-69)
Effetti (70-72) Spese (73). Pag. 75
« Vili. Gravami avverso le pronunzie in mate
ria di verificazione dei crediti : appello, opposizio
ne (74-78). » 85
PARTE 2.
1
I diritti creditori!
CAPO L La condizione giuridica dei creditori, nel
fallimento (79-80) I fini che la legge si propone
nella liquidazione dello attivo ed in quella del pas
sivo (81)Varie specie di creditori (82). Pag. 91,
« II. Creditori chirografariì (83) Scadenza dei
debiti; interessi (84 85) Prova dei crediti ; fatture,
libri di commercio, scritture private, atti pubblici,
cambiali, sentenze (86-102). » 96
« III. Creditori della massa (103) Creditori pri
vilegiati (104-105) Accertamento dei loro crediti
e contestazioni (106-107) Creditori ipotecarli (108-
111) Pegno: costituzione; diritti del creditore e
della massa (112) Privilegi: salarii, locazione
d'immobili, macchinario (113-122) Partecipazione
dei creditori privilegiati sulla massa (123) Idem
degl'ipotecarii : a) sul prezzo degl'immobili ipote
cati ; b) sulla massa (124-125). » 127
« IV. Coobbligati e fideiussori nello stato di fal
limento (126) I varii sistemi legislativi e quello
adottato dal vigente Codice di Commercio (127-130)
I diritti del creditore verso i coobbligati e fi
deiussori, e quelli tra costoro (131-134) Il voto
,.. nel concordato (135-138). » 161
—-IX —
CAPO Y. I diritti patrimoniali della moglie del fallito
ed il sistema legislativo (142) Immobili dotali,
frutti, amministrazione (143-144) Presunzione di
legittimo acquisto (145) Debiti ed ipoteche gra
vanti sugi' immobili (146) Presunzione di illegit
timità a fronte della moglie* del fallito e dei terzi
(147-151) Mobili, vesti, masserizie, biancherie, ti-
toli di credito (152-153) Ipoteca dotale (154-159)
Vantaggi derivanti dal contratto di matrimonio
(160-162) Crediti della moglie contro il fallimento
del marito(l 63-1651. Pag- 1
PREFAZIONE
Mentre da circa un ventennio legislatori,
giuristi e pratici si affaticavano intorno alla riforma
del codice di commercio italiano, l'Illustre
Professore Vidari, occupandosi del fallimento, si
espresse così : * Tranne questo difetto capitale di
sistema (per cui 1' istituto del fallimento è ristretto
ai soli commercianti) noi non riteniamo cattivo
affatto il III libro del nostro Codice (del 1865); e se
non neghiamo che possa essere, qua e là,
migliorato, ripetiamo ancora, e non ci stancheremo
mai dal ripetere, che esso farebbe prova meno
cattiva di quella che ora fa, se i creditori alla
vergogna dei facili, egoistici e particolari accordi,
preferissero il rispetto di stessi , della legge, dell'
interesse pubblico e della pubblica moralità; e se i
tribunali fossero meno fiacchi nel-V applicare la
legge Non sono le leggi che mancano al
commercio , mancano i costumi E il quid leges
sine moribus è un dettato altrettanto
— XII —
antico, quanto sapientissimo, giacché i costumi non
si migliorano puramente con leggi di reazione,, (1).
Dopo poco più di un ventennio dall' attuazione
del nuovo codice, per la esperienza e la pratica che
circa 18 anni .di esercizio professionale possono
avermi data , sento di poter ripetere con assai più
modesta autorità , ma con sicura coscienza ed alta
voce, che 1' attuale libro III del codice di
commercio italiano, se pure può essere qua e
migliorato, farebbe assai migliore prova di quella
che ora fa, se i creditori fossero conscii dei loro
doveri e dei loro diritti ; se alle Leghe surte per
combattere la vergogna dei facili, e-goistici e
particolari accordi e divenute indiretti monopolii di
essi, fosse contrapposta la energica e scrupolosa
difesa del buon diritto dei creditori, e se i tribunali,
anziché abbandonare (spesso per necessità) agli
ufflcii di Cancelleria le processure fallimentari,
trovassero sempre in una apposita Sezione e nei
giudici delegati uguale competenza.
temo di essere tacciato d'irriverente per
questo monito, dappoiché quello che è nella co-
(1) Rassegna di legislazione commerciale Ann. scienze giur.
poi. soc. 1880.
— XIII —
scienza di molti, ma che molti temono di palesare,
si giustifica da sé senza bisogno di indicarne le
prove; è come il fuoco affogato dalla cenere che
divampa appena un tenue spiraglio gli è offerto.
I creditori, in massima parte, non hanno la più
modesta nozione della materia fallimentare; mol-
tissimi non sono in grado di redigere la domanda di
ammissione al passivo, non sanno come cor-j
redarla, non si rendono conto della importanza che,
per I' ulteriore ripartizione delle attività un
fallimento, ha il procedimento della verificazione:
tanto meno intravedono i pericoli cui vanno
incontro per non avere in tempo sorvegliati i loro
interessi nello svolgimento di questa procedura.
Le leghe, apparentemente fondate su di un prin-
cipio di giustizia e di moralità indiscutibile, agevo-
lano il monopolio e conculcano proprio quei prin-
cipii su cui mostrano di adagiarsi. Ciascun debitore
non si preoccupa, infatti, che di accaparrarsi la
benevolenza e lo appoggio di un gruppo di
creditori; e quando sia riuscito a sistemare con esso
il proprio interesse, se ne avvale per dettar legge
agli altri Basta ricordare come spessissimo un
fallito rìesea così ad ottenere queir apparente
esercizio provvisorio che si trasforma poi
— XIV,—
in uno sperpero delle attività ; come spesso il
curatore perda ogni autorità e diventi prigioniero di
quel gruppo , come perfino si abbiano interventi in
causa da parte di un numero di creditori per resistere
alle giuste opposizioni di qualche altro, ed
appoggiare il debitore tallito nei suoi disonesti
disegni.
Il concetto vero e morale della giustizia resta
in tal modo frustrato, ed al consenso della du
plice maggioranza, voluto dalla legge libero e
sciente, si sostituisce la imposizione di un gruppo
e spesso di una persona sola. È così che la sponta
neità del consenso, che dovrebbe essere ispirato
al vantaggio di tutti i creditori ed alla legge della
uguaglianza, invano si cerca nei segreti accordi e
nelle particolari e non sempre disinteressate con
trattazioni dei gruppi i quali, appena rappresen
tino oltre il quarto del passivo, rendono impos
sibile senza il loro consenso la formazione della
duplice maggioranza. :.»*-;;
I Tribunali, o hanno soverchio lavoro, e sono i
più importanti; o non hanno ad occuparsi di pro-
cedure di fallimento per anni interi, e sono in mag-
gior numero Nei primi diventa percnecessario
fidar molto alle Cancellerie , dalle quali vengon
— XV —
fuori, non di rado, massime adombrate appena di
una parvenza di legalità; nei secondi si subiscono
provvedimenti contrari] alle speciali norme di di-
ritto, dati da chi forse non ebbe mai nemmeno oc-
casione di sentir parlare di procedure di fallimento.
Così va 1' andazzo nel nostro bel paese, tra il
lasciar fare e non reclamare per evitar fastidii, salvo
a gridar poi addosso alle leggi ed offrire ai facili
legislatori occasione di rifare e rendere peggiori
quelle esistenti.
Ora, io penso che un qualche rimedio a questo
stato increscioso di cose può venire da una espo-
sizione pratica delle norme vigenti in materia ,
additando i pericoli e le insidie che spesso si tendono;
all' ombra della legge ed in pregiudizio dei veri
interessati in un fallimento. E se appena in parte mi
sarà dato di raggiungere lo scopo , avrò ad esserne
lieto, fiducioso di vedere altri, più esperti, dedicarsi
a completare la modesta opera mia.
Sfe V. CAPO
PARTE I. La
verificazione dei crediti
CAPO 1
IMPORTANZA E SCOPO DELLO ACCERTAMENTO
DEL PASSIVO (1-4)
li Il nuovo Codice di Commercio Italiano,a si-
miglianza di quello abrogato del 1865, mantenne per
lo stato d'insolvenza tra un commerciante ed un debi-
tore civile una sostanziale differenza.
Mentre per quest'ultimo ai creditori si ricorda il
vecchio aforisma vigilantibus tura suboeniunt, per
un commerciante sta che tutti i creditori debbano
seguire la stessa sorte, dappoic « tutti avendo corso
l'alea della fiducia personale in esso riposta, nessuno
deve aver diritto a un trattamento diverso dagli altri
creditori ; trattamento che sarebbe causa di molte
ingiustizie; epperò tutti devono accontententarsi di
essere trattati su un piede di perfetta uguaglianza» (1).
Non è qui il momento di rilevare se tale distinzione
sia giustamente mantenuta; se fosse invece più op-
portuno e provvido estendere il fallimento ai non
(1) VIDARI — Corso di Dirit. Coram., Vili, 7617, pag. 91 =
CUZZBBI =- Il Cod. di Comm., VII, pag. 5.
- 2 —
commercianti, come una eletta ed autorevole schiera
di cultori del diritto fecesi a sostenere, senza riuscire
a fargli avere la sanzione di diritto comune per tutti
gli insolventi (1). Qui, pei fini del presente studio,
basta rilevare che la legge dell' uguaglianza è quella
che presiede è regola i rapporti dei creditori sul
patrimonio del comune debitore, commerciante, fallito;
e che alla stregua di questa legge vanno in-terpetrate
tutte le disposizioni che riflettono lo accertamento del
passivo di un fallimento.
2. — La importanza e lo scopo di tale accertamento
si appalesano a prima vista. Dal momento che un
commerciante cessa di fare i suoi pagamenti per ob-
bligazioni commerciali la legge lo considera in istato
di fallimento (art. 683), e gì' impone di presentare
entro tre giorni dalla cessazione, compreso quello in
(1) Atti del Congresso Giuridico Internazionale di Torino Vedi
pure: A. PENNATI. Il fallimento dei non commercianti. Rass. di
Giur. Oomm., Anno II, I, 153 = C. VIVANTE = Tratt. Diritto
Comm., 2* ed., Voi. I, (Appendice}. Il fallimento Givile.=3 Atti Par-
lamentari Cam. Dep. 30 gennaio 1882. < ZANARDELLI) « Io credo
che anche nel caso di insolvibilità dei debitori civili sia molto
conveniente che vi sia un'esecuzione comune, unica, universale,
indivisibile sopra tutti i beni del debitore a profitto comune dei
creditori, serbata fra essi una provvida parità di trattamento.
Dacché, come fu ben detto, la legge del fallimento è legge emi-
nentemente <1' uguaglianza , questa uguaglianza è giusto vi sia
anche fra i creditori civili, sicché non vedasi, come ora, i molti
creditori correre incerti od ansanti il pallio per giungere i primi ad
otteaere dal Tribunale invece del drappo verde di Verona, ram-
mentato dal Dante, l'ipoteca giudiziale, la quale fa che il primo
arrivato potrà avere il pagamento dell' intero suo credito per somma
anehe ingente, mentre gli altri, che pur erano alla stessa condizione,
per la natura dei loro crediti, non percepiscono nulla»-
— 3 —
cui cessarono, la dichiarazione nella cancelleria del
Tribunale nella cui giurisdizione egli ha il suo prin-
cipale stabilimento. La dichiarazione dev'essere ac-
compagnata dal deposito del bilancio certificato
vero, datato e sottoscritto dal tallito, e dei suoi libri
di commercio -nello stato in cui si trovano. Il
bilancio deve contenere l'indicazione e
l'approssimativa estimazione di tutti i beni mobili
ed immobili del fallito, il prospetto dei suoi debiti e
crediti col nome, cognome e domicilio dei singoli
creditori, il quadro dei profitti e delle perdite e
quello dello spese, (art. 685, 686).
Inoltre, la sentenza che dichiara il fallimento
priva dalla sua data, di pieno diritto, il fallito
dell'amministrazione dei suoi beni, ed anche di
quelli che gli pervengono durante lo stato di
fallimento: le azioni competenti al fallito, ad
eccezione-di quelle che riguardano i suoi diritti
strettamente personali, o estranei al fallimento, non
possono essere esercitate che dal curatore, e
nessun'azione contro il fallito riguardante i suoi
beni mobili od immobili e nessun atto esecutivo sui
beni stessi p promuoversi o proseguirsi se non
contro il curatore (art. 699).
Il corso degl'interessi dei crediti non garentiti con
pegno od altro privilegio resta sospeso soltanto ri-
spetto alla massa dei creditori (art. 700), ed i debiti
La scadenza obbligatoria a carico del fallito e quelli
la scadenza dei quali è rimessa alla di lui volontà
s'intendono scaduti per effetto della dichiarazione di
fallimento (art. 701).
3. Tutte queste disposizioni tendono a fissare
il momento in cui la vita economica un'azienda
com-
— 4 —
merciale si arresta ed in cui l'amministrazione di tutti
i beni del fallito deve essere affidata ad una persona
espressamente a tal' uopo designata nello interesse
collettivo dei creditori e del debitore (curatore), sotto
la sorveglianza dell'autorità giudiziaria {giudice de-
legato) e degli stessi creditori (delegazione dei cre-
ditori), perchè tutti sieno trattati con perfetta ugua-
glianza a fronte della sventura comune.
E come lo accertamento dello attivo è diretto ad
assicurare la massa comune a dividersi tra i creditori
, così lo accertamento del passivo tende a precisare
quali e quanti, e per quali somme, sieno i creditori
aventi diritto a concorrere sulle attività accertate e
liquidate ed a prelevarne una determinata porzione.
Accertare il numero e la quantità dei creditori del
fallimento; evitare che nessuno riesca a farsi ritenere
creditore quando non lo sia, o per una ragione o per
una somma diversa dal vero, forma obbietto del
procedimento di verificazione dei crediti. Esso mira
ad assicurare uno stato di duplice difesa pei creditori
contro l'avvenuto fallimento: di difesa per lo ac-
certamento dei loro crediti onde concorrere sulle ri-
partizioni delle attività, e difesa contro la illecita
e fraudolenta ammissione di falsi e simulati crediti,
diretti a sottrarre loro parte della massa od a falsare
la legittima formazione di quelle maggioranze, dal vor
to delle quali dipende la tutela del comune interesse.
La maggioranza dei creditori, nella chiusura del
processo verbale di verificazione dei crediti, o suc-
cessivamente, può ottenere dal tribunale, che deve
accordarla, la surroga del curatore e la nomina di
persona di sua fiducia, sebbene non compresa nel
— 5 —
ruolo degli eliggibili ed interessata nel falliménto
{art. 719) ; può mutare i membri della delegazione
di sorveglianza od alcuno di essi, ed elevarne il nu-
mero da tre a cinque \art. 75.9); deliberare sulla con-
tinuazione o sulle modificazioni delle facol concesse
al curatore per l'amministrazione dei beni della massa
(art. 751). Essa p deliberare sulla sospensione della
vendita e sulla continuazione in tutto od in parte
dell'amministrazione del patrimonio commerciale del
fallito (art. 794); p conchiudere concordati [art. 833)
e chiederne essa soltanto la risoluzione per far ria-
prire la procedura dì fallimento {art. 84.9). Tutto ciò
mena a riconoscere che in simili procedure l'organo
più importante è la massa dei creditori e che il pro-
cedimento di verificazione dei crediti è quello sul
quale il giudice delegato, il curatore ed ogni cre-
ditore devono portare la massima scrupolosità e di-
ligenza.
I soprusi, le illecite inframmittenze e le frodi, tardi
si lamentano quando non è più possibile riformare
lo stato di verificazione dei crediti ; ed ogni sforzo
si spunta a fronte di un voto, avente tutta la par-
venza della legalità, e della facile acquiescenza dei
tribunali e dei curatori che anelano il momento di
togliersi d'addosso il fardello di una procedura e tro-
vano facile e convincente argomento quello di una
deliberazione presa dalla maggioranza dei creditori.
4. La verificazione dei crediti, nel suo insieme,
dalla dichiarazione di credito, allo esame prelimina-
re del giudice delegato e quindi all' ammissione al
passivo e alla risoluzione delle contestazioni, riveste
tutti i caratteri di una istituzione processuale:
— 6 —
Anche in questa parte si riscontrano nel Codice di
commercio accumuliate nei rapporti di ciascun isti-
tuto giuridico le disposizioni di diritto privato con le
altre di diritto procedurale. E deriva da ciò che mentre
da alcuni si ritiene la procedura di verificazione dei
crediti, dalla loro dichiarazione allo esame, am-
missione, contestazione e risoluzione delle opposizioni,
essere tutto un istituto di natura processuale (l) con
deroghe alle norme comuni processuali; da altri si
riconosce la natura procedurale soltanto allo stadio
in cui si decidono le contestazioni sui crediti e pri-
vilegi.
Tale distinzione è puramente dottrinale. Ammesso
il sistema mantenuto dal nostro legislatore di cumu-
lare in una sola trattazione la parte materiale e quella
formale in materia di commercio, e di fallimento in
ispecie, non è possibile sceverare nella trattazione di
un determinato istituto giuridico le norme che all'una
più che all' altra si riferiscono. Attenendoci però al
concetto legislativo, che volle nel suo insieme rego-
lare tutto ciò che riflette il diritto privato dei cre-
ditori ed il modo ed i termini per farlo valere in
confronto della massa e del fallito sul patrimonio
caduto in fallimento, e procurò solo di raggruppare
p specialmente le regole processuali nel Capo I del
Titolo III e rinviò al Capo II, in distinte Sezioni, le
altre relative al diritto privato, noi tratteremo in due
distinte parti prima delle une e poi delle altre.
(1) Ranella, Fallimento, 1,493 VIDARI D. Comm. Vili, 8114-
CAPO II.
L* I8TITUTO GIURIDICO DELLA
VERIFICAZIONE DEI CREDITI NEL SISTEMA
DEL CODICE ITALIANO VIGENTE, IN CON-
FRONTO DI QUELLO AHOLITO (5-6) CENNO
DI BIRITTO COMPARATO 07-8).
5, Con r abolito codice di commercio del' 1865
(art. 600 e seguenti) la verificazione dei crediti, af
fidata ai sindaci definitivi in contraddittorio del cre
ditore o di un suo mandatario in presenza del giu
dice delegato, procedeva assai lentamente ed era
vincolata a lunghi termini proporzionati alla distanza
della residenza dei creditori dal luogo della compari
zione. Ogni creditore dovea poi, entro 8 giorni suc
cessivi alla verifica del proprio credito, giurare
davanti il giudice delegato o davanti altro giudice
richiesto a norma del codice di procedura civile, che
il suo credito era vero e reale nella somma per cui
era stato ammesso. Tuttavia il giuramento poteva
essere prestato anche dopo gli 8 giorni ed in qua
lunque tempo, ma fino a che non fosse stato prestato
non dava al creditore diritto di essere chiamato ad
intervenire nel concordato, o di essere compreso nelle
ripartizioni delle attività, di ritardare l'esecuzione
di quelle già ordinate [art. 607).
6. — Nel nuovo codice si adattò il termine unico
per la dichiarazione dei crediti in sostituzione del
termine proporzionato alle distanze; si tolse ogni di
stinzione fra i creditori residenti nel Regno e quelli
residenti all'estero e si abolì la formalità del giuramen-
— 8 —
to dei crediti verificati, perchè inutile e dannosa (1).
E mentre nel sistema dell' abolito codice al giudice
delegato era affidata una funzione di pura sorveglian-
za e di ordine per la istruzione dei crediti, per rac-
cogliere il giuramento sulla verità e realtà del credito
nella somma ammessa dai sindaci in contraddittorio de-
gli altri creditori e del fallito, e per dispensare dal giu-
ramento i creditori che non avessero residenza nel
Regno; con il nuovo codice si intese di attribuire al
giudice delegato una funzione più ampia, deliberativa^
ed al tempo istesso più pronta ed efficace, conforme
alla sua missione di DIRIGERE e sollecitare tutte le ope-
razioni del fallimento, ordinare i provvedimenti ur-l
genti che occorrono per la sicurezza e la conserva-
zione dei beni della massa, ecc. ( art. 727), e non
solo di accelerare e vegliare le operazioni e l'ammi-
nistrazione del fallimento, come pel vecchio codice
{art. 559).
7. All'antico sistema si attengono per la verifi-
cazione il codice francese (art. 493, 494), la legge
belga [art. 500), l'austriaca (§§ 112 a 114). La legge
inglese affida una inchiesta preparatoria di verifica-
zione al receiver fuori del contraddittorio degli altri
interessati, e con facoltà ad ogni creditore che abbia
già fatto ammettere il suo credito di prendere co-
noscenza e di contraddire, prima del concordato o di
una qualsiasi ripartizione dell' attivo, i crediti già
ammessi. Altre leggi adattano un terzo sistema. Cosi
per la legge olandese (§§ 112 a 126) alla verificaci
Margkieri, I motivi del Cod. di Comm. Voi. IV, p. 471 Bel.
Villa.
9
zione procede il curatore il quale compila due liste,
l'una dei creditori ammessi, l'altra dei creditori con-
testati da lui, dal fallito o da creditori; in apposita
adunanza, presieduta dal giudice delegato, tali note
vengono presentate ai creditori intervenuti, si iscri-
vono definitivamente nello stato dei crediti ricono-
sciuti quelli non contestati, e si rinviano al Tribunale,
per la risoluzione delle contestazioni, i crediti op-
posti (1).
8, Il sistema adottato dal nostro legislatore, alla
celerità delle operazioni, darebbe sufficienti garenzie
sol che fosse più fedelmente seguito nella pratica. E
quale, pel concetto e per la parola della legge.
dovrebbe essere, cercheremo di esporre man mano,
confortando tale esposizione con l'autorità della giu-
risprudenza e della dottrina, rilevando gli errori nei
quali molte volte si incorre o sui quali sistematica-
mente si persiste.
(1) Vedi più ampiamente : Ranella, op. cit., I, pag 410, nota.
CAPO III.
IL DIRITTO DI CONCORSO DEI CREDITORI (9-11)-LA PRO-
CEDURA DI VERIFICAZIONE ED I SUOI EFFETTI (12-15).
9. Dal momento dell'avvenuta dichiarazione di
fallimento, lo rilevammo già, la legge dell' ugua
glianza è quella che presiede e regola i rapporti dei
creditori sul patrimonio del comune debitore fallito.
Però la tutela che la legge accorda a tutti i credi
tori richiede da costoro l'adempimento di quelle re
gole che sono dirette ad accertare, a fronte degli
altri interessati e degli organi amministrativi e di
sorveglianza dell'azienda fallimentare, il proprio di
ritto creditorio.
10. — Questo accertamento si compie mercè la
verificazione, nella quale i creditori vengono ad eser-
citare il diritto di concorso e di partecipazione sulla
massa, da una parte intervenendo nella procedura del
fallimento e contribuendo alla formazione della dupli-
ce maggioranza, sovrana nelle deliberazioni riflettenti
il comune interesse; dall' altra acquistando diritto ad
essere soddisfatti, proporzionalmente, sull'ammontare
dei rispettivi crediti; ma sempre con parità di tratta-
mento sul ricavato dalla liquidazione dello attivo.
11. Il diritto di concorso non è a confondersi
con la ragione creditoria, che però la presuppone e
si conserva dal creditore anche senza l'esercizio di
tale diritto. « La sola sanzione pel mancato con-
corso di un creditore sto v& età ch'egli non -partecipa
-"11 —
alla procedura, ai risultati della realizzazione della
massa. Non si perde però la sua privata ragione di
credito, che, pur rinunziando ad aver parte nel
fallimento, egli può, dopo chiusa* la procedura, farla
valere senza restrizione contro il fallito ». (1)
Ed in altri termini : l'unica restrizione, cui il mancato
esercizio del diritto di concorso costringe un creditore,
che non abbia creduto di far verificare ed ammettere al
passivo il proprio credito, è questa. Esso non può
affacciare diritti sulla ripartizione dello attivo fino a
quando non abbia resa la sua dichiarazione di credito,
affermandone la verità e realtà, e non ne abbia ottenuta
la definitiva ammissione nel procedimento di
verificazione {art. 809 a 814); quante volte, privando
del suo concorso le deliberazioni dei creditori, abbia
permessa la manifestazione del voto della duplice
maggioranza nella conchiusione di un concordato, e
questo sia omologato, esso dovrà sottostare a tutto ciò
che dal concordato derivi (art. 480) (2).
Queste restrizioni si giustificano facilmente nel fatto
stesso e nel diritto. Nel fatto, perchè, a seguito dell'
avvenuta dichiarazione del fallimento, il patrimonio del
fallito si appartiene per intero alla massa dei creditori,
nello interesse della quale va liquidato, e non può
attribuirsene la benché minima parte a chi
(1) Ranella, op. cit- I, 491.
(2) L'omologazione rende obbligatorio il concordato per tutti
i creditori portati o non portati in bilancio siano o non verifi-
cati i loro crediti, ed anche per i creditori che hanno residenza
fuori del Regno e per quelli che sono stati ammessi provviso-
riemente al passivo, qualunque sia la somma a loro favore de-
finitivamente liquidata ».
— ;12 -
non dimostri e giustifichi di aver diritto e per quanto
a partecipare in essa ; o che, altrimenti detto, non)
offra la prova della qualità creditoria e dello am-
montare di essa in confronto della legittima rapJ
presentanza dell' ente (fallimento) con danaro del
quale pretende di essere soddisfatto — Nel diritto,
perchè colui che alla diligente tutela dei proprii in-
teressi mostri di preferire il mancato accertamento
della sua qualità creditoria e si astenga dal parte-
cipare alle deliberazioni che nel comune interesse
sono demandate all' assemblea dei creditori, non può
invocare 1' ausilio della legge in pregiudizio dei dì-
ritti legittimamente esperiti ed accertati, e fa pre-
sumere di essersi rimesso , col suo silenzio ed il
mancato suo intervento, al voto della maggioranza
costituita.
12. La procedura di verificazione dei crediti ten-
de appunto a questo accertamento di numero, qualità
e quantità dei creditori aventi diritto a partecipare
sulla massa attiva del fallimento ed a concorrere
nelle deliberazioni delle assemblee del ceto creditorio
per formare quelle maggioranze volute a tutela dell'
amministrazione e della ripartizione del patrimonio
caduto in fallimento e per la conchiu-sione del
concordato. E le disposizioni del Titolo III, Libro IH,
del nostro codice di commercio segnano una deroga
assoluta alle norme ordinarie di competenza per 1'
esercizio delle azioni di accertamento di qualsiasi
ragione di credito contro il fallimento. La deroga
riguarda tutto il periodo che dalla dichiarazione di
questo corre fino ai passaggio in giudicato della
sentenza che per compiuto riparto della
- 13 -
sostanza mobiliare ed immobiliare del fallimento (art.
815), o per intiera soddisfazione in capitale, interessi e
spese dei crediti ammessi al fallimento (or*. 816), o per
mancanza di attivo (art. 817), o per concordato (articoli
840, 841) sciolga la massa, faccia cessare le funzioni
del curatore e del giudice delegato, e reintegri ciascun
creditore nel diritto di far valere le proprie ragioni
direttamente contro il fallito.
13. Bene osserva il Ramella « Niun creditore può
prescinderne e rivolgersi direttamente al giudice
ordinario , azionando dinanzi esso il curatore. Onde è
che colla dichiarazione di fallimento si interrompe la
procedura, e i processi diretti all' accertamento del
passivo della massa vengono a promuoversi ex novo
colla forma speciale della dichiarazione di credito. Solo
colla rinunzia al soddisfacimento sulla massa può un
creditore, perchè fuori del fallimento, azionare il fallito
stesso o continuare il giudizio proposto prima del
fallimento ed ottenere la di lui condanna, sebbene da
avvenire la esecuzione della sentenza soltanto dopo
chiusa la procedura concorsuale. D' altra parte il
creditore il quale, nonostante la fatta dichiarazione di
credito, pretendesse, con azione distinta , reclamare dal
curatore il pagamento , potrebbe vedersi opposta un'
eccezione di litispendenza , dedotta dall' essere la causa
già proposta dinanzi il Tribunale di fallimento e giu-
stificata dal pericolo d'una possibile contrarietà di
giudicati. quanto meno un' eccezione analoga e con
efficacia perentoria come è di quella derivante dalla
litispendenza , qualora questa si ritenesse inapplicabile
per non considerarsi da taluni la
- f4 —
dichiarazione di credito ancora un atto di procedura. »
(1)
Noi incliniamo in verità, ad ammettere, come ri- j
tenne più volte la giurisprudenza (2), che la di-
chiarazione del credito a norma degli articoli 758 e
760 Cod. di Comm. è una vera e propria domanda
giudiziale proposta nel giudizio di fallimento, cos'i
come è quella che, a norma dell' art. 709 Proc. Civ.',
devono depositare nella cancelleria coi documenti
giustificativi i creditori iscritti nel giudizio di gra-
duazione (3).
14. A parte che nessuna differenza di locuzione
si nota tra le due disposizioni anzidette, trattasi di
procedimenti che mirano entrambi all'assegnazione
di somme, per l'uno ricavate dalla liquidazione del
patrimonio fallimentare, per l'altro dalla vendita del
patrimonio immobiliare del comune debitore; e come
sull'una domanda si provvede all'ammissione al pas-
sivo, sull' altra si forma lo stato di graduazione; in
amendue le procedure, sulle contestazioni sorte in-
nanzi al giudice delegato, provvede il magistrato
competente. Il legislatore, uniformandosi allo spirito
che informa in materia commerciale le leggi vigenti,
intese solo di prescrivere jter lo accertamento dei
crediti in sede di fallimento, una procedura più sol-
lecita e più economica della ordinaria ed all'atto for-
ti) Op. eit. I, 494.
(2) A. Roma = 12 dicembre 1889 = Noroni e. Cotogni Nata-
lucci=Temi Ronv 1889, 470 ==='*A Traiti - 20 Giugno 1893
Banca Nazionale e. Pannunzio, Pisanellf 1893 132 T- Palermo
11 luglio 1902 — Banca Segcsfcana e Conti — Foro Sic 1902, 306.
(3) Fateti - Gli atti della Proc. civ. Voi. Ili, pag. 482 n.° 489 •
-te-
ntale della citazione sostituì la dichiarazione di ere-
dito nella quale sono compresi tutti gli estremi di
una domanda giudiziale.
La Corte di Appello di Napoli (1) affermò la con-
traria opinione, e ritenendo che il creditore di un
fallito il quale non possiede alcun titolo che accerti
il suo credito ha la scelta di dichiararlo nel precesso
di verificazione e affrontare ivi le eventualità di una
contestazione, oppure di promuovere apposito
giudizio di dichiarazione per presentarsi alla
verificazione con un titolo incontestabile, dovette
per logica conseguenza ritenere che « se il creditore
sceglie questa seconda via, l'azione di lui* non
potendosi considerare derivante dal fallimento non
cade sotto la competenza esclusiva del Tribunale che
lo ha dichiarato, ma va soggetta alle norme ordinarie
della competenza per territorio ».
Lo errore di questa conseguenza, trattane dalla
Corte, dimostra quello della premessa. Dal momento
della dichiarazione del fallimento, tutte le azioni
dirette ad accertare una ragione creditoria da espe-
rirsi poi in linea di esecuzione sul patrimonio falli-
mentare si volle dal legislatore che fossero regolate
con le norme speciali tendenti ad accertare la ragione,
quantità e qualità del credito e non la esecutorie del
pronunziato, mentre il giudizio ordinario di cogni-
zione è diretto ad ottenere il titolo in forza del quale
si possa forzatamente esperire il diritto, fatto ricono-
scere e dichiarare dal magistrato.
La sentenza ottenuta in via di cognizione contro
il curatore del fallimento non darebbe questo diritto,
(1) DETTA. Cicehello e. Banca Industriale di Torino. Bett.
1882, 503.
16
e sarebbe sempre sottoposta ad un nuovo procedi-
mento di accertamento nel quale il fallito ed i cre-
ditori, non avendo fatto parte del primitivo giudizio,
avrebbero diritto (sia pure come terzi (1) ) di proporre
le loro eccezioni e sollevare tutte le contestazioni
che avessero a credere di loro interesse. Dal che de-
riverebbe un bis in idem che per ragione di logica
non è compatibile col criterio di sollecitudine e di
economia che informa tutta la procedura del falli-
mento (2).
15. Inoltre, ragioni di opportuniraffermano la
nostra opinione.
Il curatore di un fallimento sarebbe costretto a
presentarsi innanzi a questa od a quella autorità giu-
diziaria, fuori della giurisdizione del tribunale ove è
(1) A. Traiti, 17 agosto 1894. Fontana e. Urbano. Riv. Giur. 'frani
1894-478. A. Genova, 16 febbraio 1895. Cassa sconto di Genova e.
Penco. Legge. 1895,1,407. C. Napoli, 26 settembre 1896. B.
Fontana e. Staffa, Foro It. 1896, I, 1213.
(2) A. Catania, 20 maggio 1901. Marziano e. Spagna. Cons.
Comm., 1901, 278. A. Milano, 9 febbraio 1898. Ulmann e. Loffi.
M. Trib. Mil., 898, 694. CONTRA. A. Venetia. 26 luglio 1888. Maz-
zaron e. De Petris. Giur It. XL, 616.
Vedi pure: CUZZERI. Il Codice di Commercio Italiano .voi. VII,
425, pag. 276 « il principio che i creditori del fallito abbiano fa-
colta di promuovere le loro azioni nei modi ordinarli anziché nella
sede di verificazione comune a tutti, viola ad un tempo le forme del
procedimento giudiziario e l'ordine delle giurisdizioni stabilito
dalla legge speciale dei fallimenti nell'interesse generale. Infatti il
legislatore con forma imperativa ha prescritto ohe il creditore
debba far valere i suoi diritti di credito mediante dichiarazione
presentata nella cancelleria del tribunale innanzi al quale pende il
giudizio di fallimento, e questo precetto ha dettato per rendere
sollecito ed economico il giudizio medesimo ».
- 17 —
incardinata la procedura fallimentare, e spesso a farsi
rappresentare da mandatarii o procuratori;, il magistrato
adito in via di pura cognizione non avrebbe
comunicazione del fascicolo degli atti del fallimento e
non avrebbe, perciò, a sua disposizione quei documenti e
tutti quegli altri elementi che spesso potrebbero guidarne
il giudizio nello accogliere o nel respingere una pretesa
domanda. Inoltre, mentre il curatore nel preparare uno
stato di riparto non potrebbe esonerarsi dal denunziare la
esistenza dei giu-dizii in corso innanzi a questa od a
quell'altra autorità giudiziaria, il giudice delegato non
potrebbe nemmeno riservare somme per essi. La riserva
infatti è prescritta per i crediti pei quali fu prorogato il
termine della verificazione o sull'ammissione dei quali
non sia stato definitivamente pronunciato: mentre, nel
caso, l'ammissione non sarebbe stata nemmeno chiesta,
pur essendo in corso un giudizio per Io accertamento del
credito e per la condanna del curatore, qual rap-
presentante la massa del fallimento ed il fallito.
Ogni giudizio importa spese non lievi, tanto de parte
dello attore che del convenuto, ed è conforme a logica
ed a giustizia che esse ricadano sul soccum-bente.
Potrebbe dirsi soccumbente il curatore che (non avendo
scienza della ragione e dei titoli creditorii) avesse
bisogno di far svolgere tutto un giudizio di cognizione
prima di riconoscere fondata la domanda dello attore ?
E le spese, essendo erogate in un giudizio contro il
rappresentante della massa, con quale fondamento
potrebbero gravare su di essa, quando, per essere
ammesso a far parte di questa ed esercitare il diritto di
concorso sul patrimonio del fallimento, occorre siasi
espletato il procedimento di verificazione?
3
CAPO IV.
DICHIARAZIONE DI CREDITO: FORMA, CONTENUTO, SOTTO-
SCRIZIONE (16-18). TERMINI PER RENDERE LE DICHIA-
RAZIONI (19-24). PROCESSO DI VERIFICAZIONE (25-26).
DOCUMENTAZIONE DELLE DICHIARAZIONI DI CREDITO
(27-31).
16. I creditori che intendono di essere ammessi al
passivo del fallimento, per gli effetti di cui già tenemmo
parola, devono presentare la dichiarazione dei loro
crediti ed i titoli dai quali derivano , nella cancelleria del
tribunale e nell' ufficio competente (art: 758, 700).
La dichiarazione, scritta su carta bollata da lire 3,60,
deve indicare il nome e il cognome, o la ditta, e il
domicilio del creditore, la somma dovuta, i diritti di
privilegio, pegno od ipoteca, il titolo da cui il credito
deriva.
Essa deve inoltre contenere l'affermazione chiara ed
esplicita che il credito è vero e reale, e dev'essere
sottoscritta dal creditore o da persona autorizzata con
mandato speciale a fare per lui tale affermazione. Anche
nel mandato dev'essere espressa la somma del credito.
Se il creditore non è domiciliato nel comune 'in
cui,risiede il tribunale, la dichiarazione deve contenere
l'elezione di domicilio nel comune stesso; altrimenti
tutte le notificazioni posteriori si fanno al creditore
presso la cancelleria del tribunale.
— 19 —
n. — La chiara locuzione della legge basta a far
comprendere quale debba essere la forma ed il
contenuto della dichiarazione dei crediti. E poiché il
giudice delegato è specialmente incaricato di dirigere
tutte le operazioni del fallimento e presiedere le
adunanze dei creditori (art. 727, 907), è, in conformità, a
lui affidata una verifica preliminare {preparatoria),
salvo a presiedere l'assemblea dei creditori nel giorno
della chiusura del processo verbale di verificazione, e
dare gli opportuni provvedimenti in detta sede. La
dichiarazione dei crediti deve essere indirizzata a lui e
contenere la istanza per F ammissione al passivo.
La indicazione del nome e cognome, o della Ditta, e
del domicilio del creditore mirano ad, identificare
esattamente la persona del richiedente; la somma ed i
diritti di privilegio, pegno od ipoteca tendono a
precisare lo ammontare della domanda ed i possibili
diritti di prelazione, che altrimenti non potrebbero esser
presi in considerazione di ufficio ; il titolo da cui deriva
il credito serve a giustificarne il fondamento e ad
offrirne la prova.
L'affermazione chiara ed esplicita che il credito è
vero e reale, sottoscritta dal creditore, o da un suo
speciale mandatario, e l'obbligo di esprimere in tal
caso, anche nel mandato, la somma del credito, mi-rano
ad assicurare l'autenticità assoluta della dichiarazione
ed a fissare un elemento scritto e personale, per i fini
della responsabilità penale che incombe a colui il quale
fraudolentemente avesse proposto nel fallimento, in
proprio nome o per interposta persona, crediti simulati,
(art. 865, n. 2)
— 20 —
L'obbligo infine della elezione di domicilio nel co-
mune stesso, quando il creditore non è domiciliato in
quello ove risiede il tribunale, sotto comminatoria
che altrimenti tutte le notificazioni posteriori si fanno
presso la cancelleria del tribunale, tende ad assicu-
rare un luogo di pronto e certo recapito a tutti i cre-
ditori per le comunicazioni di loro interesse e le pos-
sibili convocazioni dell'assemblea. Il sistema seguito
in ciò dal legislatore è quello già adottato per gli atti
di citazione nel procedimento ordinario ed in materia
commerciale, (art. 134, 393 Proc Civ.)
18. — Ora è a distinguere. Di tutte le anzidette
prescrizioni circa la forma, il contenuto e la sotto-
scrizione, talune sono essenziali e la loro mancanza
rende nulla la dichiarazione, sicché, come tale, deve
dal giudice delegato essere esclusa senz' altro dallo
stato, che il cancelliere è tenuto a formare di tutte le
dichiarazioni man mano che gli pervengono, rila-
sciandone ricevuta; tal'altre possono essere supplite,
rettificate, ed anche omesse senza che ne resti perciò
inficiato il contenuto della dichiarazione e gli effetti
che da essa promanano.
La inesatta o monca indicazione del nome e co-
gnome o della Ditta del creditore, le vaghe od
omesse indicazione dei diritti di privilegio, di pegno
o di ipoteca, o dei titoli da cui il credito deriva
possono essere rettificate e completate fino al
momento della chiusura del processo verbale di
verificazione. La sottoscrizione invece della
dichiarazione fatta da persona incapace o da un
mandatario non munito di speciale mandato, o che
non contenga la espressa dichiarazione del mandante
sulla verità e realtà del
- 21 —
credito esprimendone la somma; la omessa sottoscri-
zione od affermazione chiara ed esplicita che il cre-
dito è vero e reale; l'assoluta incertezza sull'oggetto
della dichiarazione, rendono questa nulla ed inef-
ficace.
In tali casi non occorrono contestazioni: è il giu-
dice delegato che ha facoltà di dichiarare non luogo
a provvedere su simili dichiarazioni, escludendole
dallo stato dei crediti.
Questo provvedimento lascia impregiudicato il di-
ritto dei creditori esclusi, potendo essi in ogni tempo
riproporre tardivamente la loro dichiarazione, come
diremo in seguito, occupandoci ora della verificazione
compiuta nel termine ordinario e perentorio fissato
dalla sentenza dichiarativa del fallimento (1). -
(1) La Corte di Appello di Palermo, con sentenza 28 giugno
1897 (Galati, Fuster, e. Alagna). Foro Sic, 1891, 685, affermò: «
non basta che nel mandato, conferito dal creditore per dichiarare il
suo credito in una procedura di fallimento, si contenga in genere
la facoltà accordata al mandatario di affermare che il credito è
vero e reale; ma è prescritto; a pena di nullità, che sia espressa la
somma dovuta al mandante.=Aggiunse: « Questa nullità può èssere
bensì sanata in grado di Appello con la produzione di un
regolare mandato; ma il creditore che vi ha dato luogo deve
sottostare alle spese dei due giudziii ». Evidentemente la Corte fu
guidata da un criterio di opportunità ammettendo la ratifica
posteriore da parte del mandante, sulla considerazione che,
potendosi dal creditore insinuare anche tardivamente ed a proprie
spese un credito, nulla vietava di ammetterlo quando il danno
delle spese derivate dalla incorsa nullità gravavano su chi le
aveva occasionate. Il rimedio, a noi pare, é peggiore del male.
Certo è preferibile che il giudice delegato dichiari non luogo a
provvedere su simili dichiarazioni e le escluda dallo stato. Cosi
ogni creditore può riproporla subito, completa, con evi-olente
economia di spese.
- 22 —
19. Con questa (art. 691 n.5e6) infatti, il Tribu-
nale deve, fra l'altro, stabilire un termine non mag-
giore di un mese, nel quale i creditori devono presen-
tare nella cancelleria del tribunale medesimo le di-
chiarazioni dei loro crediti, e determinare il giorno e
l'ora in cui sarà proceduto innanzi al giudice dele-
gato, e nella residenza del tribunale, alla chiusura del
processo verbale di verificazione dei crediti, entro i
venti giorni successivi.
Il curatore provvisorio, appena nominato, deve inol-
tre, colla scorta del bilancio, dei libri e delle carte del
fallito e delle notizie che può raccogliere, compilare
un elenco dei creditori del fallimento e dirigere a
ciascuno di essi speciale invito per la prima adu-
nanza (1), indicando le disposizioni della sentenza
dichiarativa del fallimento che riguardano la pre-
sentazione delle dichiarazioni dei crediti e la chiu-
sura del processo verbale di verificazione, (art. 744)
20.Queste disposizioni, collegate a quelle dello
articolo 912 Cod. di Comm. raffermano il carattere
procedurale della verificazione dei crediti. Come nei
giudizii di spropriazione e graduazione la sentenza
che autorizza la vendita deve ordinare ai creditori
iscritti di depositare nella cancelleria le loro do-
mande di collocazione motivate e i documenti giu-
stificativi , nel termine di giorni trenta dalla noti-
li) Art. 906. « L'avviso speciale è dato con lettera raccoman-
data consegnata alla posta almeno otto giorni prima di quello
stabilito per l'adunanza o per l'operazione per la quale è or-
dinato Le prove della consegna alla posta, devono essere
unite agli atti del fallimento. »
— 23
ficazione del bando (art- 666 n.° 5 Proc. Gin); nei
giudizii di fallimento la sentenza che lo dichiara
deve stabilire il termine non maggiore di un mese,
nel quale i creditori devono presentare nella can-
celleria del tribunale le dichiarazioni dei crediti (art.
591 n.° 5 Cod. Comm.): per quei giudizii il termine
decorre dalla notificazione del bando ; per questi ,j
dalla consegna alla posta dello avviso dato con let-
tera raccomandata. La notifica del bando costituisce
a fronte dei creditori inscritti la citazione ad inter-
venire nel giudizio di graduazione (1); l'avviso
spedito ai creditori, contenente le disposizioni della
sentenza dichiarativa del fallimento che riguardano
la presentazione delle dichiarazioni dei crediti e la
chiusura del processo verbale di verificazione , co-
stituisce più meno che la citazione a parte-
cipare al giudizio di fallimento ed al riparto delle
attività.
21.— Il termine assegnato per presentare la di-
chiarazione dei crediti va dallo avviso spedito ai
creditori al giorno fissato dalla sentenza
dichiarativa del fallimento; e .può essere ritenuto
utile, sotto determinate condizioni, da tale giorno
alla chiusura del processo verbale di verificazione.
È però unico ed improrogabile per tutti i creditori
ovunque risiedano nel Regno (2).
(1) Mortara — Manuale Proc. Civ., Voi. II, pag. 178 « Il ban
do serve......in terzo luogo a partecipare l'apertura del giudizio
di graduazione ai creditori iscritti, acciò possano farvi valere i loro
diritti. »
(2) Marghieri I motivi ecc., voi. IV, pag. 57? — Relazione
alla Camera dei Deputati, relatore MANCINI.
- 24 —
Solo in via di eccezione e rispetto ai soli creditori
residenti in paese estero, l'art. 759 Cod. di Cornm.
t'acuita il giudice delegato a prorogare, secondo le
circostanze, il termine per la ' verificazione. In tal
casa va prorogata, anche e solamente nei loro esclu-
sivi rapporti (1), la chiusura del processo verbale di
verificazione, come è reso evidente dal testo del*
l'art. 769 che parla di verifica suppletoria; e deve
darsene speciale avviso a tutti i creditori.
Ed è bene notare che per creditori residenti in
paese estero, pel concetto legislativo e per conforme
interpetrazione della dottrina , si intendono coloro
che hanno la sede dei loro affari in paese estero , e
non già che vi si trovassero occasionalmente o
momentaneamente all' epoca dello avviso ; o che ,
pur residenti all' estero, avessero nel Regno una
propria rappresentanza, quando la ragione di credito
derivi da contrattazioni seguite non con la sede prin-
cipale ma con la filiale o succursale posta nel Regno.
22. Una importante quistione è questa circa la
perentorietà del termine fissato con la sentenza di-
chiarativa del fallimento, entro cui i creditori de-
vono presentare le loro dichiarazioni. A noi pare che
il limite massimo del termine, oltre il quale la pe-
rentorietà è indiscutibile, è fissato dal giorno della
effettiva chiusura del processo verbale di verifica
zione , e non dall' altro assegnato ai creditori con la
sentenza di fallimento.
(1) A. Roma, 24 giugno 1884 — Monit. Trib., 1884,1035 — Ra-
nulla op. cit- I, pag. 497 Vidari D. Coma».. Vili, 8121.
— 25 -
/ termini, scaduti i quali le legge stabilisce la de-
cadenza o la nullità, sono perentorii e non possono
essere prorogali dall'autorità giudiziaria, salvo >
casi eccettuati dalla legge [art. 46 Proc. Civ.). Per
giudicare quindi se il periodo di tempo, che dalla
sentenza dichiarativa del fallimento arriva al giorno
stabilito dal Tribunale per la presentazione in
cancelleria delle dichiarazioni dei crediti, sia
perentorio, occorre riscontrare se una qualsiasi
decadenza o nullità sia dettata a carico dei creditori
che in quel periodo di tempo non abbiano fatta la
loro dichiarazione.
Il nostro codice di commercio riconosce ai credi-
tori di un fallimento di potere, in ogni tempo, far
verificare i loro crediti, sino a che non siano
esaurite le ripartizioni di tutto lo attivo, o non sia
chiuso o cessato lo stato di fallimento. Detta solo
differenti norme per lo esercizio del diritto dei
creditori, a seconda che le loro dichiarazioni sono
rese nel termine anteriore alla chiusura del processo
verbale di verificazione, tra questa e la discussione
delle contestazioni, o nel tempo successivo.
Commina infine deca» denze parziali circa il diritto
a concorrere nelle ripartizioni delle attività, nulla
potendo reclamare i creditori tardivi in merito alle
ripartizioni già fatte a favore dei creditori verificati
ed ammessi.
D'altra parte, pel sistema del nostro codice,
nessun riparto può essere fatto delle somme
ricavate dalla liquidazione dello attivo; in alcun
altro modo può avvenire la cessazione o la chiusura
dpi fallimento {pagamento integrale o concordato),
senza che non siasi verificata la chiusura del
processo verbale di verificazione, perchè il
Tribunale deve tenerlo a guida per constatare o il
seguito intero pagamento di tutti
- 26 —
i creditori ammessi al passivo, o il concorso della
duplice maggioranza di tutti i creditori i crediti dei
quali furono verificati ed ammessi, sia pure provvi-
soriamente.
23. La decadenza comminata adunque per i cre-
diti verificati tardivamente. cioè dopo la chiusura
del processo verbale di verificazione , non può per
nessun verso toccare il diritto dei creditori che prima
di tale chiusura, e dopo la scadenza del termine fis-
sato dalla sentenza dichiarativa del fallimento, si fac-
ciano diligenti a proporre la verificazione dei crediti.
Ammettere come perentorio un termine, senza che la
scadenza di esso possa produrre alcuna decadenza o
nullità, è inesatto, e risulta provato anche da ciò.
Secondo la teorica della perentorietà del termine
fissato con la sentenza dichiarativa del fallimento
entro cui i creditori devono fare le loro dichiarazioni
in cancelleria, occorre affermare che il sistema legi-
slativo contempli:
a) un termine perentorio ed improrogabile (senza
che, come esponemmo, arrechi alcuna decadenza il
suo inutile decorso) entro cui i creditori devono pre-
sentare le loro dichiarazioni ed i titoli giustificativi
in cancelleria.
b) un termine che, dalla scadenza- del primo, va
alla chiusura definitiva del processo verbale di
verificazione, durante il quale i creditori devono rite-
nere, sospeso il diritto di far verificare i loro crediti,
non potendo adire il Tribunale se prima non sia chiusa-
la verificazione ordinaria innanzi al giudice delegato.
(art. 764)
— 27 -
E dove tutti concordano nel concetto e nello spirito
legislativo, e riconoscono che si volle adottare un
sistema di accertamento del passivo sollecito ed
economico, si arriva ad ammettere che esista, senza
alcun plausibile motivo, un ostacolo frapposto per un
certo termine allo esercizio del diritto di un creditore,
imponendogli una inerzia, che può essere perfino di 20
giorni, durante i quali gli è chiusa la via a far
riconoscere il proprio credito.
24. Il Bonelli (1) riconosce che in fallo la regola
della improrogabilità del termine, o della irre-civibilità
delle dichiarazioni nel periodo che corre tra il limite
estremo fissato dal Tribunale e la chiù-\sitra del
processo verbale di verificazione, non è seguita. È
questa la prova migliore che la pratica ripudia una
sottigliezza dottrinale, che limiterebbe lo esercizio di un
diritto ed arrecherebbe un sicuro danno.
La quistione, a noi pare, si risolve, agevolmente, con
la parola della legge, esaminata aliar stregua del
concetto e del sistema legislativo.
Il legislatore intese di fissare un termine unico ed
improrogabile per la verificazione dei crediti, che va
dalla sentenza dichiarativa del fallimento alla chiusura
del processo verbale di verificazione. Questo termine
frazionò in due periodi: uno è a tutto favore dei
creditori per presentare le dichiarazioni dei crediti ed i
titoli in Cancelleria, senz' altro obbligo; l'altro è lasciato
al giudice delegato per una prelimi-
(!) Detto — Corono, sul fallimento, 1900, pag. 257.
— 28 -
nare verifica onde sceverare, mercè il confronto dei
titoli presentati coi libri e colle carte del fallito, i
crediti certi da quelli controversi, dubbii od infon-
dati; ordinare l'intervento del curatore, della delega-
zione dei creditori e del fallito; ordinare la personale
comparizione del creditore od autorizzarlo a compa-
rire col mezzo di mandatario; prescrivere la presen-
tazione dei libri di commercio del creditore o un
estratto di essi, e sentire qualunque altra persona
possa offrirgli notizie o schiarimenti. Questo secondo
periodo dello stesso termine (che, ripetiamo ra dal gior-
no successivo a quello assegnato dalla sentenza di falli-
mento per rendere le dichiarazioni all' altro fissato
per la chiusura del processo verbale) servir deve inol-
tre, ai creditori, che resero le loro dichiarazioni, per
conoscere se e quali osservazioni e contestazioni si
sollevano contro le chieste ammissioni ed appron-
tarsi ad offrire nel giorno della chiusura del processo
verbale le opportune giustificazioni.
I creditori che non fecero le loro dichiarazioni nel
primo periodo del termine per la verificazione ordi-
naria (ci fino al giorno assegnato con la sentenza
dichiarativa del fallimento) non possono esser posti in
una condizione peggiore di quelli che lasciarono
perfino chiudere il processo verbale senza averle pre-
sentate.
E, per lo meno, non devono subire altro danno al-
l'infuori delle spese di notifica al curatore della loro
dichiarazione tardiva, e della impossibilità di ap-
prendere prima della chiusura del processo verbale
se e quali opposizioni verranno sollevate ai loro
crediti, per approntarsi a contraddirle. Ma, indubbia-
mente, essi hanno diritto a veder ricevute in Oancel-
— 29 —
leria le loro dichiarazioni accompagnate dalla prova
della denunzia datane al curatore; e queste dichiara-
zioni di credito devono essere vagliate ed ammesse
o contestate nel verbale di chiusura della verifica-
zione (1).
25. Scaduto il giorno assegnato con la
sentenza dichiarativa di fallimento per la
presentazione delle dichiarazioni dei crediti , il
giudice delegato deve dal cancelliere far aprire il
verbale di verificazione e procedere a questa
mediante confronto dei titoli presentati coi libri e
colle carte del fallito. Non deve perciò fissare
preventivamente il giorno e l'ora in cui crederà di
procedere a questa verificazione preliminare, a
meno- che non creda opportuno ordinare V
intervento del curatore, della delegazione dei cre-
ditori e del fallito. Nel corso di questa preliminare
verificazione egli può anche disporre mezzi istrut-
torii (comparizione personale del creditore od a
mezzo di mandatario, presentazione dei libri di
commercio del creditore o di un estratto di essi) e
raccogliere dichiarazioni da qualunque altra persona
possa offrirgli notizie o schiarimenti.
I crediti non contestati, e quelli che dal giudice
delegato si reputano giustificati, sono ammessi al
passivo del fallimento; ma tale ammissione pdi-
venire definitiva , o , per dir meglio , ne acquista
tutta la efficacia solo dopo la chiusura del processo
verbale di verificazione, come diremo in seguito. Il
giudice delegato ne deve fare annotazione nel pro-
li) Cuzteri—Op- cit., 427, pag. 280.
— 80 —
cesso verbale e nel margine dei titoli dai quali de-
rivano, indicando la somma per la quale il credito è
ammesso.*
26. Eppure, per quanto sia tanto precisa questa
sanzione del nostro codice, nella pratica ben poco
viene rispettata. Tutto al più, limitasi il giudice de-
legato ad annotare a margine delle dichiarazioni dei
singoli creditori i provvedimenti presi in riguardo ad
Ognuna di esse.
L'annotazione sopra il titolo, esibito a giustifica
della, dichiarazione di credito., era prescritta in ma-
niera formale dall' abolito codice di commercio (1),
e fu mantenuta nella sostanza nel nuovo codice per
quel bisogno che è tanto manifesto di conciliare-la
celerità delle operazioni di verificazione con la mag-
giore autenticità e garenzia del diritto della massa
dei creditori.
Ammesso un credito, nel verbale di verificazione
non potrà rinvenirsi la esatta descrizione di tutti i
titoli creditorii esibiti a corredo di ciascuna dichia-
razione; mentre è appunto necessario potere in ogni
tempo riandare , p. es. , sulla data di emissione di
una cambiale o di altro documento , sulle gire cui fu
sottoposta, sulle firme di sottoscrizione ecc., per i
fini di cui allo art. 770 Cod. di Comm. e per quelli
della penale responsabilità del fallito e dei creditorii
fittizii o fraudolenti.
(1) Art. 606 — « Se il credito è ammesso in tatto o in parte,
i sindaci scrivono sopra il titolo la dichiarazione seguente: Am
messo al passivo del fallimento di....- per la somma di.......e vi ag
giungono la data.
Il giudice delegato appone il visto alla dichiarazione.
-•31 -
Se. all' inverso, vi è, contestazione o se il giudice
non reputa il credito pienamente giustificato, ogni
decisione è riservata sino al giorno della chiusura
del processo verbale di verificazione, e il creditore
non intervenuto in persona o mediante mandatario
deve esserne specialmente avvisato.
27. — La disposizione dell'art. 162 riguarda il
fon-i damento delle dichiarazioni dei crediti, la
documentazione datane dai creditori e le possibili
contestazioni sollevate nel periodo preparatorio
della -verificazione. Se il fondamento del "credito
non appare pienamente giustificato, se i titoli
giustificativi di esso non furono esibiti e se
contestazioni si sollevano, non è dato provvedere
ancora sull'ammissione o sulla esclusione dal
passivo; ma il giudice delegato, rinviando ogni
decisione alla chiusura del processo verbale di
verificazione, deve fare obbligo al curatore di darne
speciale avviso all'interessato non intervenuto di
persona o mediante mandatario..
Di talché la documentazione del credito, la dimo-
strazione del fondamento di esso, possono essere
eseguite utilmente dal creditore anche in un
secondo momento, dopo di aver fatta la
dichiarazione e fino alla chiusura del processo
verbale di verificazione (1). Fino a tale giorno ogni
creditore può rettificare, giustificare e perfino
revocare la già fatta dichiarazione (2), poiché è solo
in tale momento che si
(1) T. Palermo 29 Maggio 1898. Agrumaria Sic. contro Banco
Sicilia. Foro Sic. 1898, 483.
\2) A. Genova 12 Ottobre 1900. Picconi contra Viale. Cons.
Corani. 1901, 22.
svolge la piena giurisdizione del giudice delegato e
si ha il contraddittorio di tntti gli interessati, per
provvedersi all'ammissione definitiva od al rinvio
innanzi al competente magistrato per la risoluzione
delle sollevate contestazioni.
Chiuso invece il processo verbale di verificazione,
può ogni creditore rinunziare agli effetti della già
fatta dichiarazione di credito e perfino dell'ottenuta
ammissione al passivo, sopportandone le
conseguenze e riservandosi di far valere fuori del
fallimento, o quando questo sia cessato, le sue
ragioni; ma non può mutare la dichiarazione stessa
aumentandone l'importo del credito od assegnando
ad esso altro fondamento. In tal caso si avrebbe una
nuova domanda, e solo in contradditorio del
curatore, innanzi al Tribunale, potrebbe essere
proposta (1).
28. E poiché siamo a parlare di
documentazione delle dichiarazioni di credito, è
opportuno esaminare il significato a dare alla parola
« titolo » di cui fece uso il legislatore nell'art. 760
del codice vigente.
Per fissare esattamente tale significato occorre
risalire ai criterii che regolano il sistema probatorio
in questa materia, e tener presente:
a) che, in tema di commercio, la rapidità e mol-
teplicità delle contrattazioni, la larga fiducia su cui
si adagiano, la semplicità delle forme di che si ri-
ti) Trib. Roma 3 Maggio 1890. Montanari e Com. Roma. Temi
Rom., 1890, 554. A Genova— 11 Luglio 1896, Sambarino c.°
Traverso. Filangieri, 1896, 700. C. Roma 12 Decembre 1899,
Manca c.° Cred. Food. Sardo. Legge 1900, I. 365. A 6e-.nova
12 Ottobre 1900. Dir. Comm. 1901, 79.
UT TjM j *
— 33 -
vestono, il bisogno di sottrarle a non lievi oneri
fiscali, gli usi e le consuetudini cui si informano, il
grado di cultura dei contraenti: e dall'altra, il fatto
costante che le cessazioni dei pagamenti e le con-
seguenti dichiarazioni di fallimento arrivano quasi
sempre inattese, non permettono di pretendere che
ciascun commerciante sia in grado di potere da un
momento all'altro offrire, a giustifica del proprio'
credito, un titolo di data certa, po meno solenne e
formale, o che di esso arrivi a munirsi a traverso
tutto un regolare procedimento di cognizione;
b) che la facilità, d'altra parte, di creare titoli e
simulare la esistenza di false ragioni creditorie; le
gravissime difficoltà di dimostrare gli accordi frau-
dolenti che possono agevolmente stringersi tra un
debitore di mala fede o spinto dall'ansia di liberarsi
al più presto da una ben triste condizione
economica e morale; lo spirito egoistico di ciascuno
nel salvare i proprii interessi, che domina sempre
ogni creditore e lo spinge perfino non rare volte a
sostenere il debitore contro gli altri creditori, sol
che abbia ottenuta una preferenza ed un vantaggio
nel comune disastro; le gravissime spese, che sono
conseguenza inevitabile di ogni lite, non lasciano
avere soverchia fiducia a tutti quei titoli, che si
sottraggono alla indagine precisa e manifesta della
causale, o che , in altre parole, non dimostrano
chiaro il fondamento vero e reale della sussistenza
della obbligazione.
29. Chi non può dire quante cambiali furono e
saranno esibite, in sede di verifica, onde giustificare
pretesi crediti del tutto inesistenti; create per simulare la
esistenza di altri creditori ed assicurare il facile con-
4
- 34 -
corso di una fittizia maggioranza? Chi non sa che
proprio i crediti simulati sono quasi sempre
circondati delle più assidue e maliziose cure perchè
rivestino tutta l'apparenza della realtà ? A quanti, che
non si fermarono allo studio teorico, ma ebbero
pratica in materia, non è capitato di avere sottocchi
una filza di cambiali scritte da una stessa mano, col
medesimo inchiostro, evidentemente in una sol
volta, che simulano la più antica emissione, ingiallite
al sole, piegate e ripiegate più volte, perforate di
spillo ad un Iato, con efimere gire cui non siasi dato
corso, con avalli di persone notariumente insolventi.,
ecc.?, A quanti non è capitato di trovarsi a fronte di
sentenze di condanna, per lo più contumaciali ed
ottenute su confessioni ed accettazioni giudiziali, che
lasciano intravedere una preventiva intesa tra lo at-
tore ed il convenuto? Quante volte un fallimento non
si è visto financo provocato da un creditore
inesistente e simulato, onde la sua apparente azione
coattiva contro il debitore servir dovesse a nascon-
dere i loro fraudolenti accordi ?
In tutti questi casi, la manifestazione più sicura
del In frode si ha al momento della concessione di
esercizii provvisoria di sussidii alimentari al fallito,
dì nomina della delegazione di sorveglianza o di
concordati. Tutti questi creditori, che si
accontentano il più delle volte di apparire financo
usurai, onde assegnare una causale ai pretesi crediti,
mentre in un primo momento, e fino a quando la
verificazione dei crediti non è chiusa, fanno mostra
di sentimenti ostili contro il fallito, sono poi sempre
tra gli aderenti, e tra i primi, rappresentati spesso da
un sol mandatario !
— 35 -
80. La parola « titolo » adoperata dall' art. 760
Cod. di Comm. non deve perciò restringersi a signi-
ficare soltanto scrittura, documento, ma anche, e
più specialmente, ORIGINE e CAUSA del credito (1).
E per lo accertamento di questa causa ed origine il
legislatore attribuì al giudice delegato le più ampie
facoltà di indagini, e volle che ai libri e carte del
fallito, ai libri di commercio dei creditori od ai sem-
plici estratti da essi fosse riconosciuto un valore
probante, che nella pratica dovrebbe esser tenuto in
maggior conto di quanto lo è abitualmente. Accade,
all'inverso, che i libri dei falliti si lasciano soltanto
ad ingombrare gli ufficii di cancelleria, senza che
il giudice delegato, il curatore od altri li consulti;
che della prescrizione dell'art. 747 (2) Cod. di
Comm. non si tien conto, limitandosi a far accertare
dal fallito la verità e la realtà delle scritturazioni ed
a chiudere i libri innanzi al solo cancelliere al mo-
mento del deposito assieme al bilancio, fra i tre
giorni dalla dichiarazione di fallimento {art. 691 2
comma): che nella compilazione dell' inventario
non si alcuna importanza alle carte ed ai libri del
fallito [fatture, doppio-commissioni,
corrispondenza., cambiali estinte, scadenziere,
libro-cassa ecc.), e tutto alla rinfusa, è tenuto in
pochissimo, se non in nessun conto. Eppure in
questa materia tanto più efficace ed opportuno
riuscirebbe vedere esercitato con pru-
11) T. Cagliari 13 febbraio 1889 Cred. Agr. Ind. Sardo e. F.to
Costa Foro It. I, 370 1889.
(2) Ari. 747 « Il curatore deve chiamare presso di sé il fallito per
esaminarne i libri, riconoscerne il contenuto, accertarne lo stato,
chiuderli e firmarli in sua presenza ».
— 36 —
dente criterio dal giudice delegato quel largo sistema
di indagini e di accertamento che il legislatore con-
sacrò in materia di commercio e racchiuse nel dispo-
sto dell'art, 44 Cod. Comm.
31. Ad ogni modo, e si comprende di leggieri,
le dichiarazioni di credito, in sede di verificazione,
non devono limitarsi ad una nuda e semplice affer-
mazione scritta del creditore; ma devono essere ac-
eompagnate dal deposito dei documenti che le giu-
stificano, o per lo meno, in mancanza di documenti,
devono contenere la esatta indicazione della causale
dei crediti. Di essa il creditore deve fornire la giu-
stificazione, entro quei limiti e con tutti quei mezzi,
che il sistema delle prove in materia commerciale e
l'indole del giudizio fallimentare possono consigliare
alla prudenza ed alla equità del magistrato.
Due ipotesi possono farsi, ed è opportuno esami-
narle distintamente, Se con la dichiarazione di un
credito sonosi depositati, a giustifica di esso, docu-
menti di data certa (atti pubblici, scritture private
autentiche o registrate in epoca non sospetta)
contro dei quali non sorgano eccezioni di seguito
pagamento, novazione, decadenza o di qualsiasi
altra forma di liberazione dal debito, e non si
sollevino contestazioni di qualsiasi natura, il giudice
delegato, reputando il credito pienamente
giustificato, lo ammette al passivo del fallimento.
Delle fatte ammissioni (ripetiamo) egli deve fare
annotazione nel processo verbale di verificazione e
nel margine dei titoli dai quali derivano i crediti,
indicando la somma per la quale ciascun credito è
ammesso. Se la dichiarazione di credito non è in
alcun modo giustificata o se aves-
- 37 —
sero a proporsi contestazioni, il giudice delegato può
solo dare i provvedimenti istruttorii di cui allo art. 761
Cod. di Comm. e deve riservare al giorno della chiusura
del processo verbale di verificazione ogni decisione
facendo obbligo al curatore di avvisarne specialmente,
con lettera raccomandata, i creditori interessati, ove non
fossero già intervenuti di persona o mediante
mandatario
CAPO V
POTERI DEL GIUDICE DELEGATO (32) CONTESTAZIONI: QUI*
BTIONI VARIE (33). A CHI COMPETE IL DIRITTO DI CON-
TESTARE: GIUDICE DELEGATO, CURATORE , CREDITORI.
FALLITO (34-45). CHIUSURA DEL PROCESSO VERBALE
DI VERIFICAZIONE (46). OPPOSIZIONI POSTERIORI (47-48).
PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE DELEGATO (49). RINVIO
PER COMPETENZA (50-51).
32. Nel giorno poi della chiusura del processo
verbale della verificazione, senza ritornare sui cre-
diti già ammessi e contro l'ammissione dei quali non
si elevi contestazione, il giudice delegato, colle fa-
coltà conferitogli dall'art. 761, procede incontradit*
torio degl'interessati allo esame di tutti i crediti con-
testati . ed anche di quelli già ammessi sui quali
sorga contestazione. Dichiara ammessi definitiva-
mente al passivo del fallimento i crediti non conte-
stati o quelli che da tutti gl'interessati si riconoscano
giustificati, '
In caso di contestazioni, secondo la competenza
per materia e per valore, si riserva di decidere o
rinvia al Tribunale nei modi e nei termini indicati
nell'art. 763 (1). di cui diremo in prosieguo.
(I ) Art. 703 — « Nel giorno ssato dalla sentenza dichiarativa j
del fallimento per la chiusura del processo verbale di verifton-
cione, il giudico delegato colle facoltà conferitegli nell'art. 761,
procedo in contradittorio degl'interessati all'esame, di tutti i on-
diti contestati ed anche di quelli già ammessi sui quali sorga
oontestatione.
- 39 -
33. Prima accenniamo a varie quistioni in ri-
guardo all'obbiefcto delle contestazioni, alle persone
cui compete il diritto di sollevarle e con quali forme.
Tutto ciò che tende ad escludere od a limitare l'am-
missione di un credito al passivo di un fallimento,
in riguardo alla persona del creditore richiedente,
allo ammontare del credito preteso, ai diritti di pre 1
azione sulla massa (privilegi, ipoteche, pegni etc),
forma obbietto di contestazione. Tutto c che riflette
la regolarità o meno della dichiarazione di credito,
si attiene all'ammissibili della istanza di verifica.
Infine, tutte le controversie che riguardano la sepa-
razione in natura di determinati beni caduti in falli-
mento, e dei quali si reclami la proprietà, sfuggono
al procedimento di verificazione e vanno proposte.
ti fallito e i creditori, i cui crediti siano verificati o
y
soltanto
portati in bilancio, possono assistere ed opporsi alle verificazioni
fatte o da farsi.
I crediti non contestati o che da tutti gl'interessati si riconoscano
giustificati, sono ammessi al passivo del fallimento nel modo
indicato nell'articolo precedente.
In caso di contestazioni, se i crediti contestati sono commerciali,
il giudice delegato decide con una sola sentenza le controversie
riguardanti quelli che per valore non superino la competenza del
Pretore, salvo appello al tribunale, per gli altri rimette le parti a
udienza fissa dinanzi al tribunale.
Se i crediti contestati sono civili, il giudice delegato, qualunque
sia la somma controversa, rimette le parti a udienza fissa davanti al
Tribunale civile del luogo in cui è istituito il giudizio di fallimento.
Nel solo caso in cui ni uno dei crediti contestati ecceda la
competenza del pretore, le parti sono rimesse davanti al pretore o
ad uno dei pretori del luogo medesimo.
L'udienza deve essere stabilita entro quindici giorni dalla chiu-
sura del processo verbale, ancorché non fossero scaduti i termini
prorogati seconda le disposizioni dell'articolo "759 »
_ 40 —
discusse e vagliate in separata sede. Ciò perchè la
verificazione dei crediti è esclusivamente diretta ad
accertare i diritti creditorii ragguagliati in somma
determinata, per la ripartizioue dello attivo del falli-
mento liquidato, ossia ridotto in moneta.
Onde se alcuno presenti in sede di verificazione
dei crediti dichiarazioni per ottenere il riconoscimento
di un determinato diritto di proprietà od il rilascio di
beni caduti in fallimento, il giudice delegato non
deve ammettere elevare contestazione, ma deve
senz'altro dichiarare non luogo a provvedere in detta
sede. Le contestazioni possono essere sollevate per
quanto si riferisce allo accertamento del passivo e
per qualsiasi motivo attendibile o non attendibile che
sia (1); ed il giudice delegato, intorno a ciò, non ha
libertà di apprezzamento.
Appena sorga una qualsiasi contestazione, egli deve
astenersi dal pronunciare circa P ammissibili del
credito e rinviare le parti per la ulteriore procedura.
In altri termini, il giudice delegato, con le facoltà
conferitegli dall' art. 761, presiede I! adunanza di
chiusura del procèsso verbale di verificazione, dirige
il contradittorio tra gl'interessati nello esame di tutti
i crediti contestati, fa di tutto redigere verbale; ma
non ha in quel momento facoltà di pronunziarsi sul
merito delle contestazioni e deve riservarne la deci-
sione a suo tempo. Non ha quindi facoltà di ammet-
tere provvisoriamente al passivo un credito contro
del quale, e per qualsivoglia motivo, siansi elevate
contestazioni..
(1) Vidari — op. cit. n.,8146, pag. 443.
— 41 ,-
Però, quante volte, di ufficio o sulle eccezioni di
alcuno degl'intervenuti {curatore, creditore e
fallito) il giudice delegato rilevi che una
dichiarazione di credito non fu proposta nei modi e
con le forme prescritte; non precisi la persona del
creditore, la somma od il titolo {ragione o causale
del credito)', o non contenga la chiara ed esplicita
affermazione che il credito è vero e reale; non sia
sottoscritta dal creditore, da chi validamente lo
rappresenti se incapace, o da persona autorizzata
per lui a fare quella dichiarazione con mandato
speciale contenente la somma espressa del credito,
dovrà dichiarare inammessibile ed escludere dallo
stato una tale dichiarazione di credito e non
rinviarla tra quelle per i crediti contestati.
34. La contestazione, ripetiamo, si attiene
esclusivamente al fondamento, al merito della
sussistenza di un credito nei rapporti delle persone
e del patrimonio del fallimento; ed hanno diritto di
sollevarla il curato re, i creditori i cui. crediti siano
verificati o soltanto portati in bilancio, il fallito ed i
suoi eredi, se la morte avvenga prima del termine
della verificazione.
35. — Compete al giudice delegato uguale iritto?
Le opinioni sono discordi. Il Vidari (1) ritiene che
un credito può essere contestato anche dal giudice
delegato, quante volte non lo creda
sufficientemente giustificato nello esame
preliminare da lui istituito. Il Cuzzeri (2) distingue
in due periodi il procedimento della verificazione,
e considera a parte la ipotesi di
(1) Op. cit. 8146, pag. 442.
(2) Op. cif 444, pag. 293.
- 42 —
una contestazione elevata innanzi al giudice
delegato nel periodo preparatorio, anteriore alla
chiusura del processo verbale di verificazione.
« Le contestazioni, così si esprime,
precedentemente elevate, possono essere sopite, la
giustificazione dei crediti che prima difettava può
essere completa nel giorno in cui si procede alla
chiusura del verbale di verificazione, ed in questi
casi il giudice delegato ammette ì crediti stessi al
passivo nelle forme stabilite dall' art. 7(52. »
« Ma non basta. I creditori comparsi possono rite-
nere che i crediti non giustificati siano veri e reali,
malgrado il dubbio mosso dal giudice delegato e pel
quale egli ne sospese la ammissione al passivo. In-
fatti il secondo capoverso dell'art. 763 dispone che
sono ammessi al passivo del fallimento i crediti non
contestati e quelli che da tutti gl'interessati si rico-
noscono giustificati. Ai creditori adunque è libero di
ammettere i crediti al passivo indipendentemente da
prove e da documentazione, sulla semplice
convinzione derivata da informazioni stragiudiziali
e private. »
« Ma se nel giorno in cui si chiude il verbale di
verifica nessuno dei creditori comparisse e quindi
non potesse farsi 1' esplicito riconoscimento del
credito che il giudice delegato reputò non
giustificato che cosa avverrà ? Non certamente
l'ammissione del credito al passivo, perchè il
secondo capoverso dell' art. 763 stabilisce che la
detta ammissione può pronunciarsi soltanto pei
crediti non contestati e e per quelli che tutti gì'
interessati riconoscono giustificati, la quale frase
non contempla il riconoscimento implicito. Invece
pare a noi che, tanto se il creditore escluso
comparisca e si opponga all' esclu-
— 43 -
«ione. come se egli non si faccia vivo , il giudice
delegato non possa pronunciare, ma il credito deb-
basi considerare soggetto a contestazione , la cui |
decisione va rimessa al magistrato competente. »
36. Con più fondate ragioni il Ramella opina:
(1)
« Niun diritto di contestazione ha il giudice de
legato , poiché in questo periodo , di fronte ali? in
tervento degl' interessati , i creditóri, che sono in
grado di conoscere nel giorno in cui si chiude il
verbale di verificazione, se il credito dichiarato esi
sta veramente ed in qual misura, il suo compito
deve essere limitato alla direzione della procedura
e non alla tutela dei loro interessi sovrapponendosi
anche alle loro determinazioni. Sicché, se un
credito,
da lui anteriormente tenuto sospeso, venga ricono -
sciuto . vi si sollevino contro opposizioni , non
resta a lui altro che di ammetterlo. »
37. Ed il Calamandrei (2) già prima, arrivando
perfino a sostenere che nemmeno il curatore può
sollevare contestazioni nella chiusura del processo
verbale di verificazione, avea manifesta identica
opi
nione.
« Infatti, osservava, ben può il giudice delegato,
nella provvisoria verificazione da lui fatta a norma
dell' art. 762, riservare ogni decisione per quei
crediti che non reputi pienamente giustificati; ma
quando, nel giorno di chiusura del processo
verbale, il falci) Op. cit.. 355, pag. 523.
(2) Detto Del fallimento — Voi. I, 376, pag. 321 Un. Tip.
Ed. Torino 1883.
- 4C -
La particella disgiuntiva indica che il legislatore
considerò a parte i crediti non contestati da quelli
riconosciuti giustificati dagl'interessati, e non volle che
per l'ammissione al passivo occorresse non solo la
mancanza di contestazione ma anche l'esplicito
riconoscimento di tutti gl'interessati, il che sarebbe stato
quasi impossibile. Il concetto racchiuso nell'articolo 763
è questo: basta la mancanza di contestazione per essere
ammesso al passivo ed è sufficiente il diniego, (la
contestazione) anche di un solo interessato, perchè
l'ammissione non avvenga alla chiusura del processo
verbale; dappoiché occorre il riconoscimento di tutti
gl'interessati, e questo viene a mancare pel
disconoscimento del credito fatto da chi elevi la
contestazione.
I)' altronde, poicè indiscutibile che per tanto vale
discutere in dottrina per quanto le ipotesi di. scusse
trovano la possibilità di essere in casi concreti,
consideriamo le varie ipotesi alla stregua delle altre
norme dettate in materia di fallimento.
Un credito, per cui sia fatta dichiarazione ai fini
dell'ammissione al passivo e che non sia sufficiente-
mente documentato, o ha esatto riscontro nel bilancio
depositato dal fallito, da lui certificato vero, datato e
sottoscritto (art. 686-691), e nei libri dello stesso chiusi
e firmati in presenza del curatore dopo di essersene
accertato lo stato e riconosciuto il contenuto (art. 7/71; o
trova riscontro nel solo bilancio, in mancanza dei libri
del fallito; o non lo ha affatto, sia per completa
omissione nel bilancio e nei libri, o solamente nel primo;
sia in caso di indicazione per somma diversa.
- 47 —
In ognuna delle prime ipotesi. dato il riscontro esatto,
non può dirsi che la dichiarazione di credito difetti di
giustificazione, quando è sorretta dalla prova datane dal
debitore non contraddetta disconosciuta dagli altri
interessati: nell'altra ipotesi, poiché il giù dice delegato,
nella verifica preliminare, avrà potuto ordinare
l'intervento del curatore, della delegazione dei creditori e
del fallito ed avrà richiamata la loro attenzione
sospendendo l'ammissione al passivo, cia-suno avrà agio
ed interesse ad elevare la contestazione. Non è
concepibile che il curatore e gli altri creditori avessero a
riconoscere ciò che da niente è giustificato od è in
opposizione al contenuto del bilancio e dei libri del
fallito; come non può supporsi che il fallito resti
indifferente a fronte di un fatto che, ove fosse affermato,
riverserebbe su di lui una grave responsabilità penale.
40. Il Calamandrei (1) si propose il dubbio, e fu
poi di parere che evidentemente non competa nemmeno
al curatore il diritto di opporsi all' ammissione dei
crediti « perchè l'art. 763, parlando espressamente di
fallito e di creditori, viene ad escludere, per la nota
regola inclusio unius eseclusio alterius, ogni altra
persona; perchè le funzioni del curatore sono tassa-
tivamente determinate dalla legge, e nella enumerazione
di esse non si comprende punto la facoltà di contestare,
nella chiusura del processo verbale, l'ammissione di
crediti insinuati »; ed aggiunse: « si deduca il diritto
nel curatore a contestare i crediti,
(l) Loc. cit, pag- 321.
• - 48 -
nel giorno della chiusura del processo verbale di veri-
ficazione, da questo, che, cioè, tale diritto gli competa
nella provvisoria verificazione, fatta dal giudica delegato,
quando questi ordini l'intervento di lui (ari. 761), poiché
il caso è ben diverso; avanti al giudice delegato, i
creditori non sono presenti, e si trovano nella
impossibilità di tutelare gl'interessi comuni; il fallito non
è parimenti presente, ma può essere soltanto chiamato a
piacere del giudice ; e perciò ben può, e deve anzi, il
curatore elevare nella rappresentanza di essi quelle
contestazioni che gli sembrino opportune: mentre, invece,
nella udienza per la chiusura del processo verbale di
verificazione i creditori del fallito sono o hanno diritto di
essere presenti; possono quindi personalmente elevare le
opportune contestazioni; cessa adunque, in tal momento,
la rappresentanza del curatore »,
41. — In confutazione di tali argomenti osserviamo:
a) che nelP art. 763 vedesi richiamata la dispo-
sizione dell'art. 761, sicché può bene il giudice delegato
ordinare l'intervento del curatore nel processo verbale di
chiusura della verificazione dei crediti; ed in tal caso al
curatore, che interviene nello interesse della massa, non
può negarsi il diritto di elevare contestazioni ;
b) che, ammessa nel curatore, come lo stesso Ca-
lamandrei ammette (1), la qualità di mandatario giu-
diziale della massa in ogni caso, e del fallito rispetto ai
beni caduti nel fallimento e quando i suoi interessi non
siano in opposizione con quelli della massa, -
(1) loco cit. n. 233, pag. 197.
- 49 —
non può negarsi che abbia il diritto di intervenire per
tutelare gl'interessi di questa, la quale è a considerarsi
come una persona morale distinta dagl'individui che la
compongono.
Gli assenti, i non intervenuti, perfino i creditori non
riportati in bilancio (in buona o in malafede dal fallito
ed impossibilitati così ad intervenire), si confondono
nella massa e devono trovare nel rappresentante di essa
la loro rappresentanza collettiva e la tutela dei loro
interessi (1).
A questo criterio si ispirò la Commissione legislativo
del 1869 pel nuovo Codice di Commercio.
« L'interesse generale richiede che gli atti più im-
portanti della procedura di fallimento ricevano la mag-
giore pubblicità, affinctutti i creditori, ANCHE IGNOTI,
possano conoscerli »; e sarebbe illogico pensare che
mentre si vollero dettare cautele per l'interesse generale
anche pei creditori ignoti, si fosse poi voluto togliere ad
essi una rappresentanza ed una tutela collettiva, affidata
al curatore, nel più importante stadio della procedura.
È per questo che il diritto di elevare contestazioni nel
verbale di chiusura della verificazione dei crediti
(1) — Ranella — op. cit., voi. I, n. 320." pag.
a
304 — «La massa
è indipendente e distinta dalle persone dei creditori, che esiste
all'infuori dei diritti di ognuno di essi, ed è come tale soggetlo
giwidieo di diritti e di obbligazioni. Ha diritti e doveri che a
nessuno dei singoli creditori competono e che soltanto possono
essere fatti valere da essa contro i terzi- e viceversa. Il singolo
creditore può, pei suoi diritti ed obbligazioni, coesistere
rispetto alla massa.......La massa è eziandio capace di agire... opera
a mezzo d'appositi organi, cioè la delazione dei creditori e il cu-
ratore ».
Bonetti — Comm. sul fallim., 1899, pag. 430.
5
- 50 —
può oramai dirsi riconosciuto al curatore senza mi\ nimo
dubbio, dalla costante dottrina ed uniforme giu-
risprudenza (1).
42. — I creditori, i cui crediti sieno verificati o soltanto
portati in bilancio possono assistere al verbale di chiusura
del processo di verificazione ed opporsi alle verificazioni
fatte o da farsi (art. 703); ed uguale disposizione avea
l'abolito codice di commercio del 1865.
Oltre che l'essere già portato nel bilancio, certificato
vero dal fallito, costituisce a favore di ciascun creditore per
lo meno una presunzione della esistenza del suo credito,
non potrebbe limitarsi il diritto di elevare contestazioni
all'atto della chiusura del processo verbale di verificazione
ai soli creditori già verificati, dappoiché, dovendosi
procedere allo esame delle dichiarazioni dei crediti, l'una
dopo l'altra, ne verrebbe che a ciascun creditore sarebbe
gradatamente attribuito il diritto di contestare un credito in
più di quello successivamente verificato : ossia. al primo
creditore verificato verrebbe riconosciuto il diritto di
contestare tutti gli altri posteriormente portati allo esame
dell'assemblea, mentre all'ultimo creditore non sarebbe
concesso di contestarne alcuno in quella sede, a meno che
non si volesse ammettere che, ad ogni creditore verificato,
si possa ritornare su tutte le precedenti ammissioni già
seguite.
(1) C. Torino19 luglio 1887. Zerboglìo e. B. Subalpina. Befct.
1887-557 T. Roma 21 novembre 1888 — F. Bonilatibus. Legge
1889, 1, 51 - A. Trani 30 maggio 1890 Tresca e. Oastriota
Scanderberg Bett. 1890,542 A. Genova. Sommariva e. Barabino
Poro It. 1894. I, 1013.
— 51
Oltre a ciò, un creditore potrebbe non ottenere la
pronta ammissione al passivo, per circostanze a lui
estranee. per malizia del fallito o di altri creditori
compiacenti od interessati ; ed una ben facile via sarebbe
aperta così per rendere impossibili le contestazioni . se il
diritto ad elevarle si restringesse in quelli soltanto già
verificati.
43. Benvero. e per analogia a tutto il sistema del
vigente codice, per la logica che è fondamento del
diritto . e per le norme generali circa 1' ordine e la
forma dei giudizii, se un preteso creditore . portato in
bilancio . avesse in prosieguo di tempo ed anche
durante la discussione delle contestazioni ad essere non
riconosciuto ed escluso dal passivo, indubbiamente
potrà eccepirsi contro di lui la carenza di diritto ad
opporsi, e chiedere il rigetto puro e semplice delle
contestazioni dal medesimo elevate.
Mentre . pel sistema del codice , sono i creditori
portati in bilancio che nominano nella prima adunanza,
prefissa con la sentenza dichiarativa del fallimento , la
delegazione di sorveglianza e danno parere intorno alla
persona del curatore definitivo, è la maggioranza dei
creditori, i credili dei quali siano slati verificali ed
ammessi, che può mutare i membri della delegazione
od alcuno di essi, od elevarne il numero . e che può
chiedere al tribunale la surroga del curatore ,
eleggendone uno di propria fiducia. Sono i creditori,
verificati ed ammessi, che soli hanno facoltà di
deliberare sulle ripartizioni delle attività e sul
concordato; e non è compatibile si riconosca alcun
diritto di ingerirsi su quanto si attiene al patrimonio del
fallimento, a chi risulti ac-
K DE
HtóCURSOS
$I*LloTt£&>
52
certato non vantare alcun diritto creditorio , non
potendo egli dirsi interessato , danneggiato]
dal riparto delle attività, fatto fuori di lui. H
Se però una contestazione, tanto sollevata da un
creditore semplicemente portato in bilancio che da
un creditore verificato ed ammesso, per essere ces-
sato in lui il diritto a sostenerla (carenza d'azione), o
per essere stata volontariamente abbandonata, si
trovi tuttora indiscussa, può sempre un terzo cre-
ditore, il curatore ed il fallito farla sua e discuterla
anche con argomenti nuovi, percl'azione spiegata-
i n sede di verificazione non ridette il particolare
interesse di ciascuno , ma quello, universale della
massa coesistente con lo interesse dei singoli cre-
ditori (1).
44. Ed infine, dalla qualità del credito van-
tato o dalla condizione del creditore può derivare al-
cuna limitazione al diritto di contestare i crediti in
verifica. Anche un creditore privilegiato od ipotecario
può vedersi pregiudicato dal voto che un creditore
chirografario avesse a dare nella procedura di falli-
mento (2).
Basta appena ricordare, che dal voto dei creditori
può derivare la surroga del curatore e della delega-
zione di sorveglianza (3), l'esercizio provvisorio del-
l'azienda del fallito, la concessione di sussidii al me-
desimo, la sospensione della vendita dei beni del fal-
(1) A. Trani — 30 Maggio 1890= Tresca Cosinola e. Scan-
derberg — Giur. Ifc., 1890, 542.
(2) Ranella, op. eit., Voi. I, 352, pag. 520.
(3) C. Torino 18 gennaio 1901. Chicchero e. Ruisecco. Foro
It., I, 419.
— 53 —
lito, l'approvazione dello stato di riparto, il concordato
ecc. Basta riflettere che se il prezzo dei mobili soggetti a
speciale privilegio non basta al pagamento dei creditori
privilegiati, e se i creditori ipotecarli non sono collocati
sul prezzo degl'immobili che per una parte dei loro
crediti, gli uni e gli altri concorrono , in proporzione di
quanto loro rimane dovuto, coi creditori chirografaru
nella distribuzione del resto dell'attivo (art, 775, 776',
778, 779); che è data facoltà ai creditori aventi ipoteca,
pegno, o altro privilegio di rinunziarvi per intervenire
nel concordato, per convincersi che non può negarsi loro
il diritto di intervenire e discutere in tutto ciò che può,
sia anche indirettamente, pregiudicarli.
45. Il diritto di elevare contestazioni, sui crediti
presentati alla verificazione, compete altresì al fallito,
che può esercitarlo senza bisogno di autorizzazione ed
assistenza.
Egli, in tal caso, esercita un suo diritto strettamente
personale, in una procedura nella quale si dibattono
quistioni da cui può dipendere anche un'imputazione di
bancarotta a suo carico ; e per dippiù ha legittimo
interesse a vedere escluso dalla massa quanti non
avessero diritto a parteciparvi, sia perchè dal voto della
maggioranza dei creditori ammessi al passivo può
dipendere la conchiusione del concordato; sia perchè
solo dimostrando di aver pagato intieramente tutti i
crediti ammessi in fallimento, può ottenere dal
Tribunale la cancellazione del suo nome dall'albo dei
falliti; sia infine perchè, compiuta la ripartizione della
sostanza mobiliare ed immobiliare caduta in fallimento,
ciascun creditore conserva le sue ra-
54 -
gioni al pagamento del residuo credito, e può esperirle
sui beni che in prosieguo di tempo avessero a pervenire
al fallito.
46. Nel giorno fissato dalla sentenza dichiara
tiva del fallimento, compiuto in contradittorio degl'in
teressati lo esame dei crediti contestati e di quelli
lasciati sospesi dal giudice delegato nel periodo pre
paratorio della verificazione, dato atto delle contesta
zioni che avessero a sorgere sui crediti ammessi dal
giudice delegato, si procede alla chiusura del pro
cesso verbale di verificazione, indicandosi in esso
tutte le operazioni fatte, i nomi delle persone inter
venute e riferendosi le loro dichiarazioni.
I crediti già ammessi dal giudice delegato e sui quali
non sorga contestazione; quelli pei quali fosse stata
sospesa allo stato la verificazione e per i quali
gl'interessati avessero a completare, rettificare o giu-
stificare la dichiarazione resa nel termine; i crediti
dichiarati dopo la scadenza di questo e prima della
chiusura del processo verbale di verificazione, previo
avviso al curatore ; insomma tutti i crediti pei quali sia
stata fatta la dichiarazione con le norm° dell' art. 760 e
che non siano contestati da alcuna delle persone che ne
hanno, diritto (34-45), o che da tutti gl'interessati si
riconoscano giustificati, sono ammessi al passivo del
fallimento.
47. — C nonpertanto , il diritto di opposizione
contro i crediti così ammessi perdura; ma le oppo
sizioni devono essere notificate al curatore ed ai cre
ditori dei quali si impugnano ì crediti e depositate
nella cancelleria, coi documenti ai quali si appog-
— 55 —
giano, almeno due giorni prima dell'udienza fissata per
la decisione delle contestazioni.
La opposizione cosi prodotta, a differenza della con-
testazione elevata nel processo verbale di verificazione,
non toglie frattanto al creditore che fu ammesso, e
poscia opposto, il diritto di trarre dalla già conseguita
ammissione i vantaggi che ne conseguono; e sino a
quando non siasi dal Tribunale ordinato che le somme
siano tenute in riserva, avrà diritto di riscuoterle , salvo
a restituirle come indebito esatto, se in prosieguo il
credito fosse in tutto od in parte riconosciuto
insussistente (art. 814). Avrà del pari diritto
d'intervenire e farsi tenere a calcolo nel computo della
duplice maggioranza per un concordato; e quante volte
questo sia conchiuso col suo intervento, non potrà
perdere di efficacia, quale che possa essere l'esito della
opposizione, dappoiché, a norma del capoverso dell'art.
833 Cod. di Comm. le variazioni nel numero dei
creditori e nella somma dei crediti derivate dalla
sentenza che pronuncia sulle contestazioni sorte in sede
di verificazione dei crediti (art. 765), non hanno
influenza sulla validità del concordato conchiuso prima
della pronuncia della sentenza stessa (1).
48. — Il Codice abolito prevedeva le opposizioni alle
ammissioni dei crediti avvenute nel processo verbale di
verificazione solo per causa di errore, dolo, frode o
scoperta di documenti escludenti il credito.
Nel codice vigente, con due ben separate sanzioni, si
regolano le opposizioni che , per qualsiasi mo-
(1) Nota Salvo la ipotesi che si dimostri essersi dolosamente
esagerato iì passivo (art. 842 Coi. Comm.).
66
tino, ciascun interessato avesse a proporre contro le
ammissioni avvenute fino alla chiusura del processo
verbale di verificazione (art. 164)) , e le opposizioni
che . espletata la verifica, si avessero a proporre
contro le avvenute ammissioni di crediti, nei casi di
scoperta di falsi , di dolo , di errori essenziali di
fatto, o di rinvenimento di titoli dapprima ignorati
(art, 770).
Per le prime fissò il legislatore un termine pe-
rentorio, fino a due giorni prima dell' udienza fissata
per la decisione delle contestazioni; per le seconde
non fece cenno di alcun termine.
Ricordiamo, in proposito, che 1' esercizio delle a-
ziom commerciali, è regolato dal codice di procedura
civile. salve' le disposizioni speciali contenute nel
codice di commercio; e, poiché in questo nessuna
speciale disposizione venne data, e le ipotesi previste
nel citato art. 770 sono quelle dei numeri 1 a 4 dell'
art. 494 Proc. Civile , noi riteniamo che le op-
posizioni che avessero a prodursi nelle ipotesi an-
zidette sono regolate dallo stesso termine assegnato
dall' art. 497 Proc. Civ. (1)
/l) Art. 497 «Il termine per proporre la ri vocazione delle sentenze
è quello stabilito per appellare dall' art. 485 (30 giorni, in materia
commerciale ) Quando il titolo a cai si appoggia la domanda di
rivocazione sia uno di quelli indicati nei numeri 1, 2 e 3 dell' art.
494 (dolo, Jalsità dei documenti, ricupero di documenti decisivi) il
termine decorre dal giorno in cui la falsità, riconosciuta o
dichiarata, prima della sentenza, sia stata scoperta da chi propone la
rivocazione, oppure dal giorno in cui essa sia stata riconosciuta o
dichiarata, o il dolo scoperto, o il documento ricuperato, purché in
questi casi vi sia prova scritta, da cui risulti il giorno della scoperta
o della ricuperazione. »
— 57 —
49. I crediti contestati, e per qualsiasi motivo,
senza che possa ancora emettersi una qualsivoglia
decisione sulle sollevate quistioni, sono rinviati ad
udienza fissa innanzi allo stesso giudice delegato
per le controversie riguardanti crediti che, per va
lore, non superino la competenza del Pretore, salvo
appello al Tribunale: per i crediti di maggior valore
il giudice delegato rimette le parti dinnanzi al Tri
bunale ad udienza fissa , che deve essere stabilita
entro quindici giorni dalla chiusura del processo ver
bale, ancorché non fossero scaduti i termini proro
gati per i creditori residenti all' estero, secondo le
disposizioni dell' art. 759 (art. 763). I
È un vero e proprio giudizio che deve allora svolgersi
sulle contestazioni, e prima di esaminare tra quali
persone e come esso si svolga, crediamo di dover
eliminare una controversia surta intorno alla retta
interpetrazione dell' art. 763 , in quanto alla diversa
competenza e secondo che si tratti di crediti contestati
civili o commerciali. La controversia ebbe origine dall'
abolizione dei tribunali di commercio fatta con legge
dei 25 gennaio 1888.
50. Il codice, entrato in vigore a 1.° gennaio
1883, dovette necessariamente uniformarsi al prin
cipio di ordine pubblico , allora vigente . che non
permetteva ad un giudice del Tribunale di Com
mercio giudicare in materia civile. Le due giurisdi
zioni erano del tutto distinte. In quanto al valore,
rientravano nella competenza del Pretore tutte le
azioni, civili e commerciali, il cui valore non ec
cedesse le lire 1500: spettavano ai tribunali civili .
in prima istanza, tutte le cause in materia civile di
valore eccedente le lire 1500; ed ai tribunali di com-
- 58 -
mercio tutte le altre in materia commerciale di ugual
valore, nonché, in grado di appello, tutte le cause in detta
materia decise in primo esame dai pretori o dagli arbitri
nei limiti della competenza pretoriale.
Seguendosi le norme ordinarie di giurisdizione e
competenza, per le contestazioni sopra crediti sia di
natura civile che di natura commerciale, di valore non
eccedente le lire 1500. il giudice delegato avrebbe dovuto
rinviare le parti innanzi al Pretore o ad uno dei Pretori del
luogo in cui trovavasi istituito il giudizio di fallimento,
derogando pure alla competenza territoriale per una
ragione di evidente necessità, quale è quella di ottenere,
con tutta sollecitudine e con unica sentenza, la decisione
delle contestazioni. Ed avrebbe dovuto, inoltre, sottrarre
il curatore, il fallito e gli altri interessati dalla difficile e
spesso impossibile condizione di doversi presentare con-
temporaneamente innanzi a diverse autorità giudiziarie,
in luoghi quasi sempre lontani.
Poter affidare ad un sol giudice la risoluzione delle
contestazioni intorno ai crediti di valore non eccedenti le
lire 1500, e che avesse giurisdizione propria come
magistrato della procedura di fallimento nel luogo ove
trovasi istituito il relativo giudizio, apparve necessario; e
poiché esisteva una distinta giurisdizione civile e
commerciale per le controversie eccedenti in valore le
lire 1500, si provvide ad estenderla anche per le altre che
non eccedessero tale valore.
« Si stimò che il giudice delegato, come quegli che
già conosce l'intiera procedura di fallimento e perciò
possiede in gran parte gli elementi necessarii
— 59 -
per le risoluzioni delle controversie, fosse in grado,
meglio del Pretore, di decidere prontamente e savia-
mente le contestazioni sui crediti contestati^non su-
periori alle lire 1500 (1) » e si fissarono le seguenti
norme :
a) In caso di contestazioni, se i crediti contestati
sono commerciali, il giudice delegato decide con una
sola sentenza le controversie riguardanti quelli che per
valore non superino la competenza del Pretore, salvo
appello al tribunale ;
b) Se i crediti contestati sono civili, nel solo caso
in cui niuno ecceda la competenza del Pretore, le parti
sono rimesse davanti al Pretore o ad uno dei Pretori del
luogo in cui è istituito il giudizio di fallimento;
e) In caso di contestazioni su crediti eccedenti le
lire 1500, serbandosi integra la duplice giurisdizione , si
fissò il rinvio al tribunale di commercio per i crediti
commerciali', ed a] tribunale civile del luogo in cui è
istituito il giudizio di fallimento, per i crediti civili.
51. Era inoltre a regolare un'altra ipotesi, che
essendo i crediti contestati civili alcuno avesse a
superare la competenza del Pretore.
Ed uniformandosi al criterio di raggruppare e far
decidere le contestazioni dallo stesso magistrato, la-
sciando pe integro il principio di ordine pubblico
circa le differenti giurisdizioni « civile e commerciale »
si prescrisse :
(1) Cuzzeri, op. eit. 451, pag. 295.
m
« Se i crediti Contestati sono civili, il giudice, de-
legato, qualunque sia la somma controversa, rimette
le parti a udienza fìssa davanti al tribunale civile del
luogo in cui è istituito il giudizio di fallimento ».
In tal modo, rispettate le due distinte giurisdizioni
per materia, si sancì una vera e propria deroga alla
norma di competenza per valore, per i soli crediti
civili non eccedenti le lire 1500, nel caso di conte-
stazioni sorte su di essi e su crediti di maggior va-
lore sottoposti tutti per materia alla identica giuri-
sdizione.
Con la legge 25 gennaio 1888 (sia che voglia ri-
tenersi abolita la giurisdizione commerciale, o sem-
plicemente i tribunali di commercio, come organi di
tale giurisdizione deferendola ai magistrati civili (1)),|
venne a cessare ogui ragione che fece prescrivere
alla promulgazione del codice vigente, pei soli cre-
diti civili, quella deroga alle norme di competenza
per valore. Spetta quindi al giudice delegato decidere
le contestazioni su tutti i crediti civili e commerciali
di valore non eccedenti le lire 1500 e rimettere al
tribunale le parti per quelli di maggior valore.
Investiti i tribunali civili di giurisdizione tanto in
materia civile che in materia commerciale, non
trova alcuna giustificazione la deroga alle norme -di
competenza per valore, quando le contestazioni ri-
guardino crediti civili, in parte eccedenti ed in parte
no le lire 1500; mentre uguale deroga non è sancita
per i crediti commerciali.
(1) Mattirolo Diritto Giud. Civ., I, 857, 858, pag. 770.
CAPO VI.
FRA QUALI PERSONE ai SVOLGE IL GIUDIZIO SUI CRÉDITI
CONTESTATI (52-57). CONTESTAZIONE DELLA LITE (58).
AMMISSIONE DEFINITIVA E PROVVISORIA (59).
52. — li giudizio sulle contestazioni si svolge con
le forme ordinarie, in contradittorio, fra i creditori
i Cui crediti furono contestati ed il curatore. Se le
contestazioni furono sollevate da qualcuno dei cre
ditori o dal fallito ; se qualche creditore intenda di
aderire alle contestazioni giada altri sollevate, o di far
proprie quelle sollevate e poscia abbandonate, non
potrà negarsi né il diritto di intervenire nel giudizio
di far proprie e sostenere le loro ragioni, trattan
dosi della tutela di un interesse che è comune alla
massa dei creditori.
Varie ragioni furono addotte per negare e al fallito e
ai singoli creditori il diritto di stare in giudizio onde
sostenere il fondamento delle proposte contestazioni;
ma tutte non reggono e sono respinte da autorevole
dottrina e da costante giurisprudenza (1).
53. — Si addusse per il fallito : « Non ispetta al
fallito il quale, per effetto del fallimento, ha perduto
l'amministrazione dei propri beni ed il diritto di stare
in giudizio. Giova a lui la contestazione che venga
(i; A. Palermo 16 febbraio 1902. Li Donni cFeearotta. Ciro,
giur. 1903. 94 Detta, 20 febbraio 1903. De Blasi e. Giudice. Di-
ritto Comm. XXI, 577. Detta 25 aprile 1902. Finanze e. Cascino.
Foro Sic. 1903, 80.
— 62
fatta dal curatore; ma poiché l'esercizio suo è rimesso all'
apprezzamento di quest'ultimo, così niun diritto potrà
competere al fallito, per influire sull'uso di tale
discrezionale facoltà, né nel senso di assumere diretta
posizione di interveniente o di parte nel giudizio sulle
contestazioni dei crediti; sicc in certo modo il diritto
suo di contestare è abbandonato nei risultati all'arbitrio
del curatore. Soltanto gli giova il fatto che l'interesse suo
correrà, in questo punto, di conserva con quella dei
creditori, che inoltre, chiuso il fallimento, potrà
riprendere nello stato in cui si trova la continuazione del
giudizio di verificazione che non fosse compiuto (1) >.
In sulle prime, questo diniego al fallito parrebbe
ispirato a giusti criterii, non tanto per le addotte ragioni,
quanto per non lasciarlo arbitro di sollevare bene spesso
contestazioni a solo scopo di assottigliare il numero dei
creditori da ammettere al passivo, ed avere così una
maggiore faciltà di addivenire ad un concordato, col
rischio di aggravare la massa attiva di un cumulo di
spese giudiziali.
54. Un più attento esame ed il ricordo del già detto
(45) persuadono del contrario.
« Il divieto al fallito di stare in giudizio per le con-
troversie sui diritti patrimoniali riflettenti la massa il
Rametto, medesimo che lo riconosce in questi termini
(2) ), non importa che egli debba rimanervi sempre
estraneo. Interessa al fallito che la liquida*-zione del suo
patrimonio proceda col maggior van-
(1) Romelia, op- cit.
(2) Detto, loe. cit., n. 240.
— 63 —
taggio proprio e della massa, tanto più in vista d'una
possibile conclusione del concordato, con cui riac-
quisterebbe l'amministrazione dei suoi beni, mentre se
cessa il fallimento per altra causa non è liberato dal
pagamento residuale dei debiti. Onde si spiega
l'interesse del fallilo a partecipare nelle cause che
riguardano il fallimento, sia all'effetto di coadiuvare il
curatore nell' esercizio di siffatte azioni, sia per
assumervi la veste di vero interveniente in proprio nome
e per proprio diritto, e cosi di legittimo con-tradittore ».
E 1' art. 763 ammettendo il fallito ad assistere ed
opporsi alle verificazioni fatte o da farsi, in rapporto alla
liquidazione del passivo . si attiene allo stesso criterio
per il quale, con l'art. 807, si riconosce al fallito il diritto
di contestare le domande di riven- I di eazione in
rapporto alla liquidazione dello attivo.
Tutto ciò che si attiene ad accertare la massa del
fallimento ; tutto quanto tende a determinare quali
persone e per quali somme hanno diritto a concorrere
sul patrimonio del fallimento, a regolare l'ammi-
nistrazione e la disponibilità ; tutto ciò, infine, che è
diretto ad assicurare la reale esistenza dello attivo e del
passivo, non può prescindere dallo intervento diretto del
fallito, il quale ha diritti suoi strettamente personali da
tutelare, dallo accertamento o meno dei quali può
derivargli perfino una penale responsabilità.
Ammetterlo solo ad elevare contestazioni e negargli il
diritto di sostenerle sarebbe contrariò allo spirito ed alla
parola della legge.
55. — Per i creditori si aggiunge : « ............ per ciò
che concerne 1' esercizio delle azioni in giudizio, e
64
quindi pure per le contestazioni nella procedura di
verificazione, deve mettersi capo ai principii gene-
rali secondo cui il diritto d'agire di ogni creditore
rimane sospeso in virtù della sentenza dichiarativa
del fallimento e 1' esercizio delle azioni riguardanti
la massa compete esclnsivamente al curatore.
siffatto principio, in questa materia non stato
derogato, sopprime la facoltà ed utilità di contesta-
zione dei creditori, giovando esso a rendere meglio
accurata la verificazione dei crediti, ad assodare i
rilievi fatti per conoscere la veri sul credito van-
tato; ad istruire il curatore sulla via da seguire nel
giudizio pendente dalla fatta contestazione. D'altronde
se il creditore avesse la rappresentanza della massa,
gli effetti della sentenza dovrebbero vincolare questa,
qualunque sia l'esito della causa ».
Or non si riflette che è ai principii generali, cosi
invocati, che si fa invece erroneo ricorso per soste-
nere una tesi contraria a quanto fu disposto dal le-
gislatore ed è reclamato dal bisogno e dal diritto che
ciascun creditore à di tutelare, in concorso della
massa, il suo particolare interesse.
56. Non può negarsi, che una deroga appunto
agli anzidetti principii generali si volle sancire, ed in
termini assai precisi, negli art. 763 e 765,ammet-
tendosi il fallito ed i singoli creditori, i cui crediti
siano verificati o soltanto portati in bilancio, ad assi-
stere ed opporsi alle verificazioni fatte 0. da farsi e"
disponendosi che lo esame unico e cumulativo debba
esser fatto « in contraddittorio del curatore e delle
persone indicate negli-articoli precedenti » (1).
(1) Bonelli — Comm. Cod. di Comm. Vallanli pag. 511.
- 65 -
Il contraddittorio diretto con le parti e col curatore, e
non quello tra quest'ultimo ed i creditori cui fossero stati
contestati i crediti, fu voluto ed a giusta ragione, perchè
ove si discute di interessi particolari che tendono a
riversarsi sulla massa, ma che possono pregiudicare non
il solo interesse collettivo ma anche quello di ciascun
creditore , non può limitarsi il diritto di costoro e la loro
capacità, affidandone la rappresentanza al curatore, e
costringendolo ad affrontare liti, cui possa non essere
consenziente o per le quali non disponga di tutti i ne-
cessarii elementi.
Inoltre, poic conseguenza diretta di ogni lite, e
della soccumbenza dell' uno o dell' altro litigante, è la
rivalsa delle spese alla parte vittoriosa. ne verrebbe
assai volte un danno alla massa, non potendosi mettere
al certo le spese a carico di chi sollevò la contestazione
e non fu ammesso a sostenerla nel relativo giudizio.
57. Il curatore del fallimento può far sue, nello
interesse della massa. le contestazioni sollevate dal
fallito o da singoli creditori; ma non può pretendere di
sostituirsi, per legittima rappresentanza, all'uno od agli
altri nel relativo giudizio : può farle sue , anche se
abbandonate da chi le propose, nel modo istesso in cui,
impugnato un credito in sede di verificazione e
discusso in prima istanza dal creditore opponente, se
costui non creda di continuarlo ad impugnare in grado
di appello, un terzo creditore del fallimento può fare
sua la impugnativa e discuterla in seconde cure , nel
comune interesse, anche con
6
— 66 —
nuovi argomenti (1) Ciò perc, come già dicem-
mo, ciascuno dei creditori ha singolarmente diritto
di impugnare per proprio conto, e ad un tempo nel
comune interesse, tutti gli atti del fallito o di altri
che la legge presuma o che di per si dimostrino
infetti di frode o comunque pregiudizievoli alla mas-
sa ed ai componenti di questa.
58. — Neil' udienza fissata dal giudice delegato ,
che (ripetiamo) deve essere stabilita entro quindici
giorni dalla chiusura del processo verbale di veri-
ficazione, e propriamente dal giorno della chiusura
effettiva del verbale, potendo le relative operazioni
essere rimesse al prossimo giorno non festivo a quello
fissato con la sentenza dichiarativa del -fallimento,
od alla udienza seguente (art. 909), il curatore, cia-
scun creditore opponente od opposto, ed il fallito,
hanno facoltà di fare iscrivere a ruolo la causa con le
ordinarie forme procedurali, onde provocare, con
unico cumulativo esame e con unica sentenza , la
decisione sulle elevate contestazioni.
Nessun atto di citazione occorre, bastando V av-
viso speciale, che il curatore è tenuto a dare con
lettera raccomandata, ai creditori non intervenuti di
persona o mediante mandatario, cui siasi contestata
la dichiarazione del credito. Ma ove nessuno degl' in-
teressati si dia cura di promuovere la decisione del
magistrato, quantunque le contestazioni dei crediti
debbano essere risolute con unico cumulativo esame
e con una sola sentenza, non è impedito al creditore,
cui interessi veder decisa la contestazione sollevata
(1) A. Messina —12 marzo 1903, Trombetta e. Chirico Rif.
giur. 1903. 436.
- 6? -
sul suo credito, di portarla in prosieguo alla cognizione
del magistrato cui spetti.
In tal caso, incombe al creditore provocare, con
regolare atto di citazione, il contraddittorio del curatore
(1), salvo a lui, se lo creda necessario, darne avviso ,
con atto legale , agli altri interessati in quella
contestazione onde intervengano nel giudizio-
59. Contestata così la lite, comunicati i documenti
e scambiate le comparse difensive, il Tribunale si
riserva di pronunziare sentenza. Ove tratti di
contestazione di competenza del giudice delegato, le
parti danno le loro deduzioni in apposito verbale od in
iscritto, si comunicano e depositano i documenti , ed il
giudice si riserva la decisione.
La sentenza del Tribunale o del giudice delegato può
essere:
a) di definitiva ammissione al passivo, cioè tale
che faccia diritto pienamente alla dichiarazione del
creditore, e rigetti la contestazione;
b) di esclusione del credito, in tutto o in parte, o
del privilegio chiesto per esso;
e) interlocutoria o preparatoria , in quanto di-
sponga qualche mezzo ordinatorio od istruttorio della
lite.
Nei primi due casi, con 1' ammissione o la esclu-
sione, totale o parziale dal passivo, la controversia,
salvo i legittimi gravami, è risoluta ; ed il diritto del
creditore a partecipare o meno , per quanto e con quale
veste, alle deliberazioni della massa ed al
U) A. Roma 30 luglio 1889 Rieeini e. Sanguinetti-Temi
Rom. 1889, 319. |
— 68 —
riparto delle attività è definito. Nel terzo caso J anche
qualora rispetto a qualche contestazione occorrano nuove
produzioni (1), o si tratti di obbliga] zioni soggette al
verificarsi di determinate condizioni, il Tribunale ha
facoltà di ammettere provvisoriamente, per una somma
determinata, al passivo del fallimento i crediti contestati,
affinchè rispetto ad essi possano esercitarsi i diritti del
creditore nelle deliberazioni del fallimento, salva la
decisione definitiva sul merito della contestazione.
II Tribunale può, del pari, sospendere la decisione
definitiva sull' ammissione di un credito al passivo sino
all' esito di un' azione penale ad esso relativa, ovvero del
procedimento penale iniziato secondo le disposizioni
dell'art. 694 Cod. di Comm. (2) ; ed in tal caso determina
se e per quale somma il credito stesso sia ammesso al
passivo del fallimento. Intese cosi il legislatore di
coordinare le disposizioni sparse negli articoli 609 e
seguenti dall'abolito codice, ispirandosi ai principii degli
articoli 31 Cod. Proc. Pen. e 1317 Cod. Civ., affidando
alla equità ed al retto criterio del Tribunale, investito della
procedura di'fallimento, la facoltà di vagliare la
importanza e l'attendibilità delle contestazioni, le
presunzioni più o meno gravi sulla verità e realtà dei
crediti contestati, la natura dei
il) Nota Con l'abolizione dei tribunali di commercio, non
ha più valore l'inciso dell' art. 766, essendo la giurisdizione
civile e commerciale affidata ai tribunali ordinarli.
(2) Art. 694 « Appena pronunciata la sentenza dichiarativa
del fallimento, il procuratore del Re deve promuovere in tutti i
casi gli atti d'istruttoria necessarii a conoscere, se vi sia ma-
teria di procedimento penale.
— 69 —
titoli ereditorii e l'esito probabile della lite; per pro-
nunziare o meno un' ammissione provvisoria , che. salvi
ed integri i diritti di un creditore, permettano di
accantonare, in sede di riparto, le somme possibilmente
a lui spettanti, e di evitare che lo si privi, in sede di
concordato, dal concorrere col voto, e farlo o meno
conchiudere.
60. — Presso varii Tribunali è erroneamente invalso
il sistema che il giudice delegato, nel processo verbale di
verificazione , ammetta provvisoriamente al passivo dei
crediti, sotto condizione p. es. di esibire i titoli
giustificativi in sede di concordato o di riparto. Ciò è
contrario alle sanzioni legislative, dappoiché è solo in
sede di discussione delle contestazioni che è dato facoltà
al magistrato, chiamato a decidere su di esse, di
ammettere un creditore provvisoriamente al fallito,
Durante il periodo ordinario di verificazione, il giudice
delegato deve ammettere definitivamente al passivo i
crediti non contestati da alcuno o che da tutti gì'
interessati si riconoscano giustificati, e rinviare qualsiasi
pronunzia sulle contestazioni. L'ammissione provvisoria
implica sempre una valutazione dei motivi di
contestazione ed una decisione; valutazione e decisione
che non sono concesse al giudice delegato in quel
periodo. E d' altronde chi sarà competente a vagliare se,
in sede di riparto o di concordato, un creditore così
ammesso abbia adempiuto alla condizione?—E tale
accertamento dovrà precedere. o potrà essere rinviato al
momento della definitiva emissione dello stato di ri-
parto o della omologazione di un concordato? —Se
dovesse precedere, il giudice delegato assumerebbe
— 70 -
competenza e giurisdizione che non gli competono; se
rinviato, come potrebbe egli dichiarare conchiuso un
Concordato, salvo la omologazione del tribunale, quando
non sarebbe in grado di poter conoscere quale
maggioranza per numero e per valore sia necessaria ?
61.—L'ammissione provvisoria, a differenza di quella
definitiva, come è chiaro dalle parole stesse, non
produce altri effetti oltre quelli di rendere possibile il
concorso nelle deliberazioni della massa ed ottenere che
sia riservata la porzione corrispondente al Credito nelle
possibili ripartizioni dello attivo. E poiché è interesse di
ciascun creditore definitivamente ammesso, del curatore
e del fallito, che questo stato provvisorio cessi ogni
qualvolta saranno cessate le cause che lo occasionarono,
può ognuno di essi, in qualsiasi momento, provocare dal
Tribunale la decisione definitiva per l'ammissione o la
esclusione di un credito provvisoriamente ammesso al
passivo (1.) E quante volte si trovi conchiuso un
concordato il fallito ha diritto di non pagare la convenuta
percentuale, se non si dimostri la realtà del credito e si
adempia alla condizione dettata dal Tribunale; il
creditore può pretendere alla scadenza di ogni rata il
deposito delle somme eventualmente a lui spettanti. Può
solo, quando ne concorrano gli estremi, provocare gli
atti conservativi-a norma del codice di procedura civile.
(1) A. Venezia— 14 Giugno 1887—Fall. Bonelli e.' Morosini—
Temi Ven. 1887.582.
71 — I
62. L'ammissione definitiva al passivo del falli-
mento può adunque ottenersi o nel processo verbale di
verificazione, o con sentenza del giudice delegato o del
Tribunale, nei limiti della rispettiva competenza. Non
induce novazione, ma la semplice ricognizione della
ragione creditoria ai finì della procedura di fallimento
(1) ed ha, in rapporto a tutti gl'interessati, gli effetti di
una pronunzia giudiziale; per cui può il creditore
ammesso, a fronte del curatore, di ogn'altro creditore e
del fallito, opporre una eccezione equivalente alla
exceptio rei iudiratae, sempre quando in prosieguo gli si
volesse contestare il credito od il relativo privilegio (2).
63. — Non induce novazione, perchè l'ammissione al
passivo non sostituisce la pronuncia del magistrato
(1) A. Firenze 5 dicembre 1879. Esattore di Firenze e. Casoni.
Annali XIV, 68.
(2) Ranella op. cit. 358, pag. 525. L'ammessione pronunciata
dal giudice è analoga, nella efficacia sua, alla sentenza; onde si
spiega il valore di cosa giudicata che deve esserle attribuito rim-
petto a tutti i creditori, siano i loro crediti stati dichiarati o
meno, ed eziandio in confronto dello stesso creditore dichiarante,
cosicché dopo l'avvenuta a annessione non possa, ad es., recla
mare più alcun diritto di privilegio che non avesse denunciata
Se anche la verificazione non ebbe a portarsi Bulla qualità, del
credito perchè il titolare suo non fece dichiarazione di privilegio,
non deve perciò meno ritenersi incorsa la decadenza, ed inam-
messibile un ulteriore reclamo pel privilegio ».
La Corte di Appello di Brescia (7 aprile 1891). Mosconi e. B
mutua di Asola. Annali 1891, 204) ritenne, invece, che « il credi-
tore privilegiato, il quale abbia nella dichiarazione di credito
omesso di far menzione del privilegio da cui il medesimo è as-
sistito, ha sempre facoltà di far valere il privilegio stesso, sino a
che-non sia esaurita la ripartizione dell'attivo».
- 72 -
ai titoli giustificativi dei crediti; ma unicamente sta
ad affermare che essi furono riconosciuti intiera
mente attendibili e validi nei rapporti e pei fini del
fallimento, a fronte della massa e del fallito. Ciò con
ferma l'obbligo che l'art. 762 fa al giudice delegato
di farne annotazione nel processo verbale e nel mar
gine dei titoli dai quali i crediti derivano. I
Questa annotazione, che, per la tassativa sanzione
legislativa, non dovrebbe essere giammai trascurata
e lo è invece assai spesso, dimostra indubbiamente
che non si intese punto di sostituire la pronuncia
del magistrato ai titoli*creditorii; ma si volle, alla,
loro intrinseca natura ed efficacia, aggiungere la
prova scritta, formale e permanente, dello accerta
mento giudiziale. .
« La novazione ha carattere contrattuale; e l'am-
missione al passivo del fallimento, carattere giudi-
ziale, come quella che si effettua per opera del giu-
dice delegato o di altra autorità giudiziaria in caso di
contestazione, e senza che vi concorra necessa-
riamente il consenso degli altri creditori, anzi mal-,
grado, non di rado, la loro opposizione (1) ».
Nel diritto moderno., l'istituto giuridico della no-
vazione non è più inteso come un qualunque muta-
mento, sostanziale o formale, che nell'antico diritto
e nel formalismo romano, bastava per costituirla,
quando la forma esteriore dell'obbligazione ne costi-
tuiva la eausa nvilis, che da sé sola avea la sua
importanza, e produceva effetti proprii Nel di-
ritto moderno, la contestazione della lite, mentre sot-
topone le parti al giudicato che ne sarà conseguenza.
(1) Vidari — op. eit. n. 8140, pag. 438.
- 73 —
non sostituisce giammai una obbligazione alla prece*
dente. 0 il creditore infatti soccombe, perchè il giudice
non ravvisa fondata la domanda, e la obbligazione
perisce non per novazione, ma perchè si presùme non
esistita mai, o estinta con altro mezzo. 0 il giudice
condanna, e il creditore troverà nella sentenza non già
una obbligazione nuova, ma le conseguenze ^naturali
della prima. Troverà V esecuzione coattiva della
medesima, per quanto lo consentano i mezzi di
procedura. Troverà ridotto a somma certa il debito
illiquido, nonché perpetuata secondo le norme ordinarie
di prescrizione una obbligazione, che forse avrebbe
potuto estinguersi in breve termine; trasmesso agli eredi
o ai donatarii un credito, che altrimenti sarebbe perito
con la morte del primo creditore. Troverà, per dir tutto
in uno, cumulati i benefizii della prima obbligazione
con quelli della condanna, meliorem causar», factum, non
deteriorem (1).
64. A tal proposito ricorda il Ramella una deci-
sione della Corte di Appello di Parigi (2) affermante
che l'ammissione di un credito cambiario non vale a
sostituire la prescrizione ordinaria a quella quin-
quennale, ma soltanto ad interrompere quest'ultima; ed
un' altra del Tribunale di Lille (3) affermante il
contrario.
Accettiamo quest' ultima ; e riteniamo , cioè, che
come è atto interruttivo della prescrizione la domanda
(1) Giorgi — Teoria delle obbligazioni, VII, 239-341, pag. 428-
430.
fi). Detta — 6 marzo 1902. Journ. Faill,, 1902, 246. (3)
Detto - 31 gennaio 1898. Iourn. Faill., 1900, 95.
- 74 —
avanzata, in graduazione (3), la dichiarazione di cre-
dito per i fini della verificazione nel fallimento ha
uguale efficacia; e che l'azione derivante dal pro-
nunziato del giudice delegato o di altra autorità giu-
diziaria, in caso di contestazione o di verifica tar-
diva, è sottoposta alla prescrizione ordinaria civile o
commerciale però, secondo la natura dell'obbligazione
y, dappoic la pronuncia definitiva del magistrato,
se pur non sostituisce un nuovo titolo a quello
originario, aggiunge sempre all'azione di questo l'altra
che deriva dal giudicato, contro del quale non è p
dato insorgere all'infuori dei casi di scoperta di
falsità, di dolo, di errori essenziali, o di rinvenimento
di titoli dapprima ignorati.
(3) C. Napoli 31 maggio 1001. Rliodio e. Oalio, Dritto e Giu-
ri». XVII, 57.
(4i C. Padda Nota alla sentenza C. Palermo, 8 maggio 1808,
Iauona e. Paterno. Foro It., 1898, I, 1282.
CAPO VII
DICHIARAZIONI, CONTESTAZIONI TARDIVE (65) COME SI
PROPONGANO, IN QUALI TERMINI AUTORI COMPE-
TENTE A CONOSCERNE (66-69) EFFETTI (70-72)
SPESE (73).
65. - Dicemmo innanzi (47-48) che il diritto di
opposizione perdura anche dopo la chiusura del pro-
cesso verbale di verificazione e prima che intervenga la
pronunzia del giudice delegato o del Tribunale sulle già
sollevate contestazioni.
Anche nuove dichiarazioni di crediti possono pro-
porsi nel medesimo periodo e con le identiche formalità,
cioè: notifica al curatore e deposito nella cancelleria coi
documenti ai quali si appoggiano, almeno due giorni
prima dell' udienza fissata per la decisione delle
contestazioni.
La Commissione ministeriale, incaricata di studiare
la revisione del Codice di commercio, considerò: « La
chiusura del processo verbale di verificazione dei
crediti è un atto preparatorio alla discusssione delle
pretese controverse, in esito alla quale soltanto per
effetto delle ammissioni definitive o provvisorie, può
fissarsi la condizione dei creditori, rispetto all' efficacia
dei loro voti nelle operazioni del fallimento. Perciò non
può essere intercluso fino a quel momento l'adito alle
nuove dichiarazioni di crediti ed alle opposizioni contro
i crediti già ammessi, ma è necessario che ne siano
regolarmente notificati il curatore ed i creditori che vi
hanno interesse, prima dell' adunanza a tale oggetto
fissata — Che se , in
difetto di contestazioni, nessuna udienza fosse fis-
sata, è necessario che sulle nuove dichiarazioni od
opposizioni sia fissata udienza innanzi al giudice
competente, secondo le norme dettate per la deci-
sione sulle contestazioni surte fino alla chiusura del
processo verbale di verificazione, nello stesso
termine di giorni quindici (1) »
66. L'art. 764 (752 del Progetto Ministeriale) si
limitava a disporre che in difetto di precedenti con-
testazioni, V udienza dovea essere fissata entro quin-
dici giorni dalla chiusura del processo verbale sud-
detto. La sotto commissione del Senato propose ,
per evitare ogni incertezza nella designazione del
termine indicato nell'anzidetto articolo, venisse mo-
dificata come ora leggesi, aggiungendo: entro un
termine non minore di cinque e non maggiore di
quindici giorni... » (2)
I motivi addotti dalle Commissioni non chiariscono
davvero lo scopo — La chiusura del processo verbale
di verificazione è un atto definitivo nei rapporti dei
creditori ammessi, tanto che , chiusa la verifica e
prima della discussione delle contestazioni, può pro-
cedersi a riparto ed a concordato, senza che la sen*
tenza emessa a norma dell' art. 765 vi abbia influenza
alcuna. E tanto più è a considerarsi atto definitivo,
in mancanza di qualsiasi contestazione nel processo
verbale di verificazione.
(1) Margkieri — I motivi ecc. Voi. II, parte prima I, Verbale
CXLI, pag. 166.
(2) »ivi, Voi. IV, pag. 1022.
— 77 —
La ragione vera della concessione di un termine
posteriore alla chiusura del processo anzidetto, entro il
quale possano prodursi nuove dichiarazioni di crediti e
nuove opposizioni, sta nel fatto che non si volle dettare
un estremo rigore di termini ai creditori; s'intese lasciar
loro, sotto determinate condizioni, il mezzo di supplire a
quanto può bene accadere per circostanze estranee alla
loro volontà . per la distanza dalla sede del tribunale
investito della procedura del fallimento . per la necessità
di approntare i documenti giustificativi e prov\ edere
alla propria rappresentanza. E, per le contestazioni, si
volle consentire ai creditori, che. per particolari
circostanze o per forza maggiore non avessero potuto
trovarsi presenti nel verbale di chiusura od assistere a
tutte le operazioni in esso compiute (spesso in gran
numero ed in più giorni), un termine onde produrre
quelle opposizioni che avrebbero prodotte altrimenti. Si
spiega così la facoltà di produrre nuove dichiarazioni di
credito ed opposizioni anche in mancanza di precedenti
contestazioni, e la designazione di un termine minimo
di 5 giorni per la fissazione della udienza in cui debbano
essere discusse.
Questo termine serve per mettere il curatore o gli
altri interessati in grado di esaminare le nuove
dichiarazioni ed i documenti cui si appoggiano, ed
approntarsi alla discussione.
67. Ora è a dire di due cose Nella ipotesi di
precedenti contestazioni rinviate per decisione al
Pretore od al Tribunale, o riservate dal giudice de-
legato', le domande tardive e le opposizioni vanno
— 78 -
proposte secondo la competenza per materia e valore, o
sempre innanzi al Tribunale ? —In difetto di
contestazioni già elevate, chi ed in qual modo deve
stabilire I' udienza fìssa per la discussione delle di-
chiarazioni e delle opposizioni tardive?
68. Nulla è detto nel codice intorno alle forme che
devono avere le dichiarazioni tardive di crediti e le
opposizioni contro le già avvenute ammissioni. E' detto
però che esse devono essere notificate al curatore
(rappresentante della massa) ed ai creditori dei quali
s'impugnano i crediti. Ciò basta per far comprendere che
la notificazione deve seguire con regolare atto a mèzzo
di un uffizi al e giudiziario.
Nel silenzio della legge, poiché per le dichiarazioni
dei crediti vige sempre il disposto dell'art. 760, nell'atto
devono essere indicati il nome ed il cognome, o la ditta,
e il domicilio del creditore, la somma dovuta, i diritti di
privilegio, di pegno o d'ipoteca. e il titolo da cui il
credito derivi. Deve inoltre contenere 1' affermazione
chiara ed esplicita che il credito è vero e reale, e dev'
essere sottoscritto dal creditore o da persona autorizzata
con mandato speciale a fare per lui tale dichiarazione, e
nel mandato dev'essere espressa la somma del credito
(1).
Praticamente, può essere redatta la dichiarazione tar-
diva di un credito con le forme ordinarie prescritte dal
11) Nola—Non dividiamo la opinione del Ramella, che pei cre-
ditori ritardatarìi non ha più luogo la dichiarazione ed affermazione
del credito nelle forme ordinarie, Altro è il modo col quale, in
diversi periodi, può ottenersi 1' ammissione al passivo; altro la
sostanza della dichiarazione di un credito, che deve in ogni tempo
essere immutata, ed uguale per tutti i creditori.
— 79 —
citato art. 760, e con atto a pie di essa far seguire la
notifica, con avviso del deposito che andrà a farsene in
cancelleria, assieme ai documenti giustificativi, almeno
due giorni prima dell'udienza fissata per la decisione
della contestazione, con citazione al curatore, e. nel caso
opposizioni, anche a coloro dei quali si impugnino le
già seguite ammissioni. V atto deve contenere la
citazione a comparire alla udienza già fissata dal giudice
delegato, a norma dell'art. 763. per la decisione delle
contestazioni, ed innanzi all'autorità competente per
materia e valore del luogo in cui è istituito il giudizio di
fallimento (1).
In difetto di precedenti contestazioni, poiché, a
seguito della legge 31 Marzo 1901 n.° 107 di riforma
del procedimento sommario, tutte le citazioni a com-
parire in giudizio si fanno a udienza fìssa (art. i.°), non
occorre provvedimento del giudice delegato o di altro
magistrato; ma sarà In istante medesimo che fisserà la
udienza per la comparizione entro un termine non
minore di cinque e non maggiore di quindici giorni
dalla chiusura del processo verbale di verificazione.
A tal proposito è a notare che, quante volte lo istante
assegni un termine a comparire entro i quindici giorni,
e sia pure il quindicesimo, non può il
(1) Nota A rendere più agevoli le verifiche dei crediti , e
meno dispendiose, è generalmente sistema di fare apporre alle
dichiarazioni dei crediti il vitto del curatore, col parere sulla
regolarità o meno della domanda e dei documenti giustificativi che
si producono. La causa viene quindi iscritta a ruolo in una; delle
prossime udienze, senza bisogno di citazione o di altro atto
difensivo.
~~^ "
- 80 —
curatore o qualsiasi altro interessato avvalersi della
facoltà di cui al capoverso del citato art. l.° della legge 31
Marzo 1901, perchè il termine concesso dall'art. 764 sta
anche a tutto favore di chi propone la istanza e non può
essere accorciato a volontà della controparte.
69. Definito il giudizio sui crediti contestati, o
decorso il termine stabilito dall'art. 764, i creditori
conosciuti o non conosciuti, che non hanno fatta la
dichiarazione dei loro crediti, possono presentarla in
contraddittorio del curatore, sino a che non siano esaurite
le ripartizioni di tutto l'attivo del fallimento. La istanza
va pesempre proposta innanzi al Tribunale, perchè la
giurisdizione del giudice delegato si esaurisce, in tema di
verificazione, a seguito della decisione sulle
contestazioni sollevate nel processo verbale, o nei
quindici giorni posteriori.
Le opposizioni contro le avvenute ammissioni di
crediti non possono più. proporsi, salvo nei casi di
scoperta di falsità, di dolo. di errori essenziali di fatto o
di rinvenimento di titoli dapprima ignorati, e possono
essere proposte anche dal curatore o dai singoli creditori,
quantunque 1' uno e gli altri fossero stati presenti alla
verificazione e nulla avessero eccepito in contrario.
La disposizione legislativa si ispira ad un criterio
altamente morale e giuridico, in relazione a quanto
dispone 1' art. 842, in fatto di concordato, che può essere
annullato dal Tribunale, ad istanza del curatore e di
qualunque creditore, ancorché omologato, qualora si
scopra dopo 1' omologazione che dolosamente siasi
esagerato il passivo o dissimulata una
— 81 —
parte rilevante dell'attivo. Non sarebbe morale, alla
ombra di un giudicato, convalidare ciò che per stesso
sia illecito o fraudolento, o fondato su di un errore
sostanziale di fatto, o contraddetto da titoli dapprima
ignorati; non sarebbe giuridico far sussistere
obbligazioni senza causa, od aventi causa falsa ed
illecita.
70. Gli effetti delle dichiarazioni ed opposizioni
tardive, e della sentenza che provvede su di esse. sono
regolati nel codice vigente con più razionale criterio di
quello che regolava questa materia nello abolito codice
del 1865 [art. 614).
Il codice vigente, come esponemmo, ammette per i
creditori residenti in paese estero una proroga del
termine ordinario (rispetto ad essi e secondo le cir-
costanze) per presentare la dichiarazione dei loro crediti
e per la chiusura del processo verbale di verificazione.
Deriva logica la conseguenza che non si proceda a
veruna ripartizione, se non riservando la porzione
corrispondente secondo il bilancio a tali crediti, se al
tempo della ripartizione non sono ancora stati ammessi al
passivo del fallimento. E se i crediti stessi non sono stati
portati in bilancio per una somma determinata, o non
appariscono affatto, il che è lo stesso, mentre i creditori
ne abbiano fatta dichiarazione o chiesta una somma
diversa da quella portata in bilancio, è al giudice
delegato data facoltà di determinare, con ordinanza
provvisoriamente esecutiva e salvo richiamo al tribunale,
una somma da riservarsi in deposito sino alla scadenza
dei termini prorogati, per essere ripartita a loro favore in
caso di ammissione, o divisa tra i creditori
7
- 82 —
già ammessi ai passivo. La stessa riserva ha luogo
anche per i caditi'sull'ammissione dei quali non sia
stato definitivamente pronunciato. I
La porzione riservata, mentre non pregiudica i di-
ritti dei creditori ammessi, tutela quelli degli altri
creditori che, per ragioni loro non imputabili, non
riuscirono a crearsi contemporaneamente un'identica
condizione a fronte della massa. Ed è per ciò che. se
le somme riservate producono interessi, spettano
questi ai creditori per i quali ha luogo la riservar aia'
per un principio di uguaglianza, ugual diritto spet-
tando ad ogni creditore di concorrere in proporzione
del proprio credito sulle attività del fallimento; sia
perchè tale diritto è puramente sospeso per lo accer-
tamento del credito.
71. Il codice abolito non ammetteva, nelle ripar-
tizioni da farsi, i creditori conosciuti o non cono-
sciuti che nei termini ordinarii non fossero comparsi :
concedeva loro nondimeno di fare opposizione, a pro-|
prie spese, sino alla distribuzione effettiva del danaro
, senza che la opposizione avesse forza di sospendere
l'esecuzione delle ripartizioni ordinate dal giudice
delegato. Ove però, prima che si fosse pronunziato
sull'opposizione, si fosse dovuto procedere a nuove
ripartizioni, imponeva che si tenesse prov-
visoriamente in riserva una somma, fino alla sentenza
sulla opposizione.
II nuovo codice non ammette reclami contro le
ripartizioni dell'attivo già fatte, né opposizioni contro
quelle già ordinate dal giudice delegato. A dif-*
ferenza del vecchio codice (che dava diritto ai cre-
ditori, verificati e riconosciuti tardivamente, di pré;
- 83 —
levare sull' attivo, del quale non sia ancora stata fatta
ripartizione, quella quota che avrebbero dovuto avere
nelle prime ripartizioni, ammette i creditori che hanno
tardivamente dichiarato i loro crediti a concorrere
soltanto nelle successive ripartizioni in proporzione del
loro credito e, qualora siano stati ammessi
provvisoriamente al passivo, in proporzione della
somma determinata dal tribunale.
In tal maniera, rispettando i diritti acquisiti dai
creditori più diligenti, lascia più facile e sollecito lo
espletamento delle operazioni del fallimento, e sprona i
creditori ad essere solleciti nella tutela dei loro interessi.
Ben potendo, d' altra parte, accadere che un creditore
potesse giustificare di essersi trovato nella impossibilità
di rendere nei termini la dichiarazione dei crediti (p. es.
per non essere riportato in bilancio, od erroneamente
indicato; per. non essergli pervenuto alcun avviso del
curatore ; per la morte del creditore, nel frattempo, nel
caso dj eredi, ecc.), il legislatore intese e sancì una
eccezione alla regola, e die facoltà al magistrato di
ammetterlo a prelevare sull'attivo, non ancora ripartito,
anche le quote che avrebbe dovuto avere nelle
precedenti ripartizioni.
72. Per questi critevii di rigida tutela e di rispetto
al principio di uguaglianza fra i creditori, non essendo
lecito ad alcuno trarre profitto dallo errore o dalla mala
fede, in caso di opposizione tardiva contro
l'ammissione di un credito, il tribunale ha facoltà di
ordinare, in via provvisoria e come mezzo di con-
servazione, che le somme le quali nelle ripartizioni
successive appartengono al credito stesso od a quella
— 84 -
parte di esso su cui cada la controversia, siano tenute
in riserva; e qualora in virtù della opposizione il
credito sia dichiarato in tutto od in parte insus-
sistente, anche l'indebito che si fosse ricevuto nelle
precedenti ripartizioni deve essere restituito alla
massa.
73. Le spese derivanti dalle dichiarazioni ed op-
posizioni tardive sono sempre a carico di chi le pro-
muove, perchè la legge accorda termini sufficienti
ed improrogabili a che ciascuno esperimenti le pro-
prie ragioni, e non sarebbe giusto gravarne la massa,
sostenendole fatte nello interesse collettivo.
Non devono, benvero, confondersi le dichiarazioni
ed opposizioni tardive con le opposizioni contro le
avvenute ammissioni di crediti, nei casi di scoperta
di falsità, di dolo, di errori essenziali di fatto, o di
rinvenimento di titoli dapprima ignorati: per queste
vige la norma ordinaria della soccumbenza nel re-
lativo giudizio.
CAPO Vili.
GRAVAMI AVVERSO LE PRONUNZIE IN MATERIA DI VERI-
FICAZIONE DEI CREDITI: APPELLO, OPPOSIZIONE (74-78).
74, Da quanto abbiamo esposto risulta che. fino
alla chiusura del processo verbale di verificazione, il
giudice delegato non può emettere, in materia, che
ordinanze ; dopo la chiusura del processo verbale egli o
il Tribunale emettono sentenze. Compete gravame, e
quale, avverso le stesse?
- 75. Per le prime provvede l'art. 910: « Le ordi-
nanze non sono soggette a richiamo fuorché nei casi
determinati dalla legge. I richiami sono portati dinanzi
al Tribunale a udienza fissa ».
Al giudice delegato è data facoltà di prorogare il
termine per la verificazione dei crediti e per la chiusura
del processo verbale di verificazione rispetto ai
creditori residenti in paese estero (art. 759); ordinare
l'intervento del curatore, della delegazione dei creditori
e del fallito; di ordinare la personale comparizione del
creditore od autorizzarlo a comparire col mezzo di
mandatario ; prescrivere la presentazione dei libri di
commercio del creditore o di un estratto di essi, e
sentire qualunque altra persona possa offrirgli notizie o
schiarimenti. Gli è fatto poi obbligo di rimettere le parti
dinanzi al Tribunale in determinati casi di contestazioni.
Nelle disposizioni relative (art. 759, 761, 763) non è
sancita alcuna eccezione alla regola del surricordato
art. 910, ed è quindi a conchiudere, che non
- 86 —
sono possibili richiami di sorta avverso le ordinanze,
come sopra, emesse dal giudice delegato. La ragione'
sta in questo: quei provvedimenti sono puramente di
ordine nella procedura del fallimento, e poiché spetta
specialmente al giudice delegato dirigere e solleci-
tare tutte le operazioni del fallimento (art. 727), var-
rebbe diminuirne la autorità e la funzione, se gra-
vami fossero concessi nei casi anzicennati.
Un dubbio sorge, per quanto po l'abolizione dei
Tribunali di Commercio ha minore importanza, ed è
per il caso in cui il giudice, affermando o meno la
propria competenza a decidere su qualche contesta-
zione di credito, ne riservi o ne rinvìi al Tribunale la
decisione. In tal caso, poiché la quistione di com-
petenza violerebbe un interesse pubblico, trattandosi
di competenza assoluta (1), ed avrebbe una diretta
influenza sul merito della contestazione, riteniamo
sia soggetta a richiamo la ordinanza del giudice de-
legato.
Ammettiamo che il giudice si riservi la decisione?
Avverso la sentenza che avrà poi emessa, come di-
remo qui appresso, compete appello al Tribunale. Po-
trà negarsi il diritto di dedurne a motivo la incom-
petenza del giudice, e potrà il Tribunale esimersi dal
decidere anzitutto su tale eccezione. E-, quante volte
avesse a ritenerla fondata, che altro potrà fare il
Tribunale a fronte dell'art. 493 Proc. Civ. che gli
vieta di pronunziare nel merito?
All'inverso, ove il giudice avesse a rinviare al Tri-
bunale e questo (trattandosi d'incompetenza da do-
ver pronunziare anche di ufficio) la pronunzii, il cre-
(1 ) -Matlirolo op. eit., I, 12, pag. 15.
— 87 —
ditore contestato si troverebbe costretto a ritornare
innanzi al giudice delegato dopo un più lungo termine ,
con maggiori spese, e quando già con una sentenza
saranno state decise le altre controversie di competenza
di quel magistrato.
76. Per le sentenze emesse dal .giudice delegato
non è dubbia l'appellabilità, essendo tassativamente
detto nell'art. 763; per le altre, in primo grado di
giurisdizione, emesse dal Tribunale provvede l'art. 913
che limita il diritto di gravame alle sentenze finali sulle
controversie indicate nell'art. 765.
Pur riconoscendosi la opportunità di evitare che si
trascini in lungo lo accertamento del passivo, e che sia
giusto concedere a maggior ragione al Tribunale quanto
è concesso al giudice delegato, dottrina e
giurisprudenza hanno però rilevato il grave pericolo di
una interpetrazione letterale e restrittiva della parola
della legge; ed hanno ritenuta la inappellabilità per le
sentenze che riguardano la forma (1) o l'ammissione
provvisoria al passivo (2); V appellabilità per le altre
che toccano la sostanza di un diritto (3); che riguardano
i diritti dei terzi (4); l'esi-
0) ;!. Ancona 28 ottobre 1901. Gabrielli e. Moscati-Bocca.
Foro 1892, I, 701. E
(2i il. Catania— I aprile 1891. Riseìca e. Sasso. Temi gen.
1891, 286. Delta 24 novembre 1893. Manzoni Prestinicola e. Pa-
terno. Cons. Comm. 1894, 39. il. Venezia 16 luglio 1896. Bas'togi
e. Bonacossa De Dutti. Annali 1896-301.
(3) C. Torino 18 maggio 1889. Fall. Astengo e. Sasso. Temi
gen, 1891, 286.
(4) A. Trani — 24 maggio 1902 De Palma e. Turbini. R. Giur.
Trani. 1902, 665.
- 88 ~i
stenza e la sostanza di diritti indipendenti dal falli-
mento (1).
La regola si applica anche alle sentenze che il Tri-
bunale è chiamato ad emettere sulle dimande tardive,
giusta l'art. 770 Cod. di Comm. (2), identica essendo
la materia del giudicare, ed essendo esse virtual-
mente comprese, siccome quelle emesse in base al-
l'art. 765, tra le sentenze opponibili ed appellabili di
cui fa parola l'art. 913.
77. V appello compete a colui che fu parte in
causa in prima sede, in ciascuna delle contestazioni,
e nelle quali rimase soccumbente.
Le contestazioni, per quanto riunite e decise con
unico cumulativo esame e con una sola sentenza, ai
sensi dell'art. 765 Cod. di Comm., per la economia
del fallimento e per la influenza che l'una può eser-
citare sull'altra, sono diverse e procedono distinte
(1) Mortara Il Codice di Commercio Italiano. Voi. Vili, 146,
pag. 187 « l'art. 913 dichiara generalmente inappellabili le sen
tenze del tribunale in materia di fallimento. Il significato di que
sta frase non permette equivoci; epperò mal si pretenderebbe di
sottrarre, per un infondato ossequio alla presente disposizione,
dalle normi comuni del diritto giudiziario civile le sentenze che
nel corso di un fallimento possono essere provocate, non sopra
una procedura e gli atti ad essa relativi, bensopra crediti, di
ritti, azioni reali e personali in genere, sia che le controversie
relative vengano promosse e sostenute dal curatore o dal fallito,
fuori dei limiti tassativi contemplati dal legislatore ».
Detto — Appello Civile. Estr. dal Digesto Italiano, 552, pag. 661
U. Tip. Ed. Torino, 1898. I
(2) A Genova, 4 maggio 1894. Delvigo e. Cassa Risparmio di
Spezia. Cons. Comm. 1894, 155. A. Napoli 19 luglio 1889. Dir.
Comm. 1889, 720.
— 89 -
nei rapporti dei singoli creditori. Il curatore, in rap-
presentanza della massa, ed il fallito, e così ogni singolo
creditore che sia stato parte nel giudizio e ritenga leso il
proprio diritto, può appellare dalla sentenza invia
principale od incidentalmente per quanto riflette la
lesione del suo personale e diretto rapporto giuridico.
Epperciò, se alcuni creditori appellano in via principale,
il curatore del fallimento non è ammesso a farlo
incidentalmente per la causa che riguarda altro creditore,
pure convenuto in appello, ma che non ha appellato in
via principale; un creditore cui sia stato contestato il
credito e sia rimasto soccumbente in giudizio, può essere
ammesso ad intervenire nel giudizio di appello
promosso da altro creditore, per far valere le sue ragioni
di gravame , quando egli non abbia appellato in termini
utili. La domanda di riforma o di annullamento proposta
da una delle parti interessate ad impugnare la sentenza
giova alle altre per i capi nei quali hanno interesse
comune (art. 470 Proc. Oiv.) e non già interessi di ugual
natura, l'uno indipendente e distinto dall'altro.
73. Quanto abbiamo detto circa le sentenze per lo
appello vale anche per la opposizione; dappoiché la
eccezionalità del diritto di gravame avverso le
sentenze, che risolvono definitivamente in primo grado
le controversie insorte sopra i crediti proposti a
verificazione, è sancita così per lo appello che per la
opposizione. Ed intendiamo qui opposizione, non come
un rimedio offerto, contro determinate pro-nuncie,
emesse in Camera di Consiglio, le quali, ferendo
l'interesse o del fallito o dei creditori danno
— 90 -
diritto a quello o a questi di richiamarsene allo stesso
tribunale con le garanzie proprie del contraditto-rio (1);
ma quale è secondo il nostro codice di procedura civile,
istituto diretto ad offrir modo al contumace di reintegrare
la controversia innanzi al primo giudice che lo ha
condannato.
Vero è che nel giudizio sulle contestazioni dei crediti
manca la citazione per il contraditto rio; ma supplisce ad
essa l'avviso che il curatore è tenuto a dare a ciascun
creditore; e l'obbligo della citazione sorge quante volte,
per non essersi portate a discussione le contestazioni
nell'udienza fissata dal giudice delegato, il curatore, il
fallito o qualsiasi degl'interessati voglia rendersi
diligente per promuoverne la decisione del magistrato.
Sicché, mancando lo avviso o la citazione, la op-
posizione compete e va prodotta nei modi e con le forme
del codice di rito.
(1 ) Vidari e Bolaf/lo. Annuario ori fcico, Anno II, 1884; pag. 19
PARTE II. I diritti
creditorii
CAPO 1.°
LA CONDIZIONE GIURIDICA DEI CREDITORI NEL FALLIMENTO (79-
80). I FINI CHE LA LEGGE SI PROPONE NELLA
LIQUIDAZIONE DELLO ATTIVO ED IN QUELLA DEL PAS-
SIVO (81). VARIE SPECIE DI CREDITORI (82).
79. Osserva il Ramella: < la dichiarazione di fal-
limento non porta mutamento nella condizione giu-
ridica dei creditori; ninna maggiore o minore prote-
zione viene accordata ai loro crediti come niuna
diminuzione viene a colpirli, che anche in tale sta-
dio si presentano i crediti colle stesse presupposi-
zioni e garenzie legali che vi erano connesse al tempo
della loro nascita. Tuttavia la* legge ha apportate ta-
lune modificazioni al loro esercizio. Così è che le
azioni non possono più promuoversi o proseguirsi
che contro il curatore; che per l'ammissione dei cre-
diti deve seguirsi il più economico procedimento
della verificazione dei crediti (1) ».
In verità, a noi non pare; e ricordiamo in propo-
sito questo brano di un assai accurato studio sulla
(1) Detto, op. cit„ I, n 244, pag. 344.
- 92 —
quistione del fallimento dei non commercianti, pub-
blicato dal Pennati nella Rassegna di Diritto Com-
merciale fin dal 1885 (1):
« .... che fa la nostra legge d'insolvenza pei debi
tori civili? Essa è crudele coli'oberato onesto: è
complice coli'oberato colpevole. Abbandona il primo
interamente alla mercè dei creditori, che possono
spogliarlo di tutto il suo patrimonio, e non gli ac
corda neppure il beneficio del detratto ne egeam,
Concesso al debitore commerciante perfino dalla for
midabile vigente legislazione di fallimento: aiuta
invece e protegge il secondo in tutte le maniere,
permettendogli di occultare, di dissipare, di distrarre
con qualunque modo il suo patrimonio, di favorire
fino all' ultimo momento un creditore a detrimento
di tutti gli altri, di protrarre con qualunque più ro
vinoso mezzo la sua caduta nello stato di insolvenza,
di crearsi creditori fittizi! fra i parenti e gli a-
mici e di accordare loro benanco dei privilegi, quale
l'ipoteca ed il pegno, sulle sue sostanze: insomma
all'insolvente disonesto ponti d'oro, all'insolvente di
sgraziato la più squallida miseria.
« Tutto questo riguardo al debitore: pei creditori
non meno ingiusta si addimostra la legge. Troppo
ossequente al principio vigilantibus jura siibveniunt,
essa viene, come ben notava l'on. Zanardelli, a creare
tra li creditori una disparità di trattamento che per
nulla corrisponde alla uguaglianza di natura e di
condizione dei loro crediti. Che anzi un creditore può
escutere il suo debitore, ridurlo mediante un'esecu-
(1) Ivi, Bibliografia, pag, 160. Vedi pure: Ranella, op. cit., 35,
pag. 46.
— 93 -
zione mobiliare -alio stato della più assoluta nullate-
nenza, e còsi pagarsi interamente del suo credito, senza
che gli altri creditori abbiano pur solo il mezzo di
conoscere le condizioni disperate in cui versa il loro
comune debitore. Infine la procedura di esecuzione è
talmente lunga e dispendiosa, specie poi se trattasi di
esecuzione immobiliare, che bene spesso le spese
oltrepassano anche l'ammontare di quel poco attivo che
all'insolvente può rimanere; di modo che ì creditori sono
costretti ad una forzata rimessione dei pr%prii crediti, se
non vogliono fare, anziché l'interesse della finanza, la
sola che nelle procedure di esecuzione abbia sicuro
guadagno ».
80. ~ Che fa, all' inverso, per i debitori commercianti,
la nostra legge del fallimento?
Essa, lo lasciamo dire allo stesso Ramella (1), si
prefigge per iscopo il comune e conforme soddisfa-
cimento dei creditori sul patrimonio del debitore che' si
presenta insufficiente al loro integrale pagamento, ed a
fronte della presunzione di una certa perdita, all'
individualistico concetto che pone un creditore in
contradizione coll'altro per assicurare al più sollecito un
prevalente vantaggio, fa sottentrare quello più umano e
più sociale, per cui, se perdita v'è, deve essere ripartita
in modo uguale fra' diversi creditori ».
Questa legge, più umana e sociale, non riguarda
perciò solo l'esercizio delle azioni creditorie; ma si
esplica per offrire ai creditori una più sicura garenzia ;
e, mentre limita la condizione giuridica
(1) Op. cit. Introduzione.
— 94
del debitore, accorda maggiore protezione ai credi-
tori, imponendo loro, in ricambio di questa, perfino
la forzata rinuncia ad una parte delle ragioni credi*
torte (concordato).
Ed è così che, per essa, la condizione giuridica del
debitore e quella dei creditori subiscono un mu-|
tamento; l'una e l'altra dovendo commisurarsi non
più in relazione ai primitivi rapporti corsi tra debi-j
tore e creditore, ma in relazione allo stato di falli-
mento del primo ed alla legge di uguaglianza che
tende al comune e conforme soddisfacimentdei se-
condi sul patrimonio del fallito.
81. Per raggiungere questo fine, la legge regola
con apposite sanzioni la liquidazione del passim e
quella dello attiro dei fallimento. La prima tende ad
accertare il preciso e vero ammontare dei crediti, la
natura, ed i titoli di speciale preferenza competenti
all'uno od all'altro creditore; la seconda è diretta a
ridurre in denaro il patrimonio mobiliare o immo-
biliare del fallito, separandone tutto ciò che spetti ai
terzi o che da essi sia rivendicato, per procedersi indi
alla ripartizione del netto ricavo, in proporzione dei
crediti verificati ed ammessi al passivo e salvo i
diritti di privilegio, pegno od ipoteca tra i varii
creditori.
Noi qui, parlando dei diritti creditorii in relazione
alla verifica dei crediti, tralasciamo quanto riflette il
diritto di separazione o di rivendicazione di deter-
minati beni; dobbiamo occuparci esclusivamente di
quanto si attiene alle ragioni di credito per deter-
minate somme, o riducibili in valuta {danaro).
95
82. I creditori possono essere chirografarii; pri-
vilegiati; garantiti da pegno od ipoteca; da fidejussione
od obbligazione di terze persone: possono essere diretti ,
per vincoli contratti direttamente dal fallito: od indiretti
(creditore di un. creditore del fallito).
Ne diciamo separatamente, aggiungendo un capitolo
intorno ai diritti spettanti alla moglie del fallito per
seguire il sistema del codice; quantunque, più op-
portunamente, crediamo che le relative disposizioni
doveano trovar posto al Titolo IV della liquidazione
dello attivo.
CAPO II.
CREDITORI CHIROGRAFARII (83). SCADENZA DEI DEBITI-
INTERESSI (84-85). PROVA DEI CREDITI: FATTURE, LIBRI
DI COMMERCIO , SCRITTURE PRIVATE , ATTI PUBBLICI,
CAMBIALI, SENTENZE (86-102).
83. — Tutti quanti figurano subbietto attivo in una
obbligazione da parte del fallito di dare una deter
minata quantità di danaro o di cose rigorosamente
fungibili, e non hanno privilegio ipoteca, e,
per conseguenza, sono tutti di pari grado, diconsi
creditori chirografarii o personali.
Essi concorrono nella ripartizione dello attivo li-
quidato del fallimento in proporzione delle somme
accertale ed ammesse a loro favore nella verificazione
dei crediti ; partecipano alla conclusione del concordato,
nella formazione della duplice maggioranza, o lo
subiscono, se dissenzienti o non intervenuti, quando
senza il loro voto quella duplice maggioranza siasi
raggiunta, ed il Tribunale omologhi il concordato.
84. A norma dell' art. 701, i debiti a scadenza
obbligatoria a carico del fallito e quelli la scadenza
dei quali è rimessa alla di lui volontà s'intendono
scaduti per effetto della dichiarazione di fallimento; a
seguito quindi della verificazione e della ammissione
al passivo diventano certi, liquidi ed esigibili in con
corso e con le norme dettate per la ripartizione del
netto ricavo della liquidazione dello attivo, salve le
ragioni dei crediti garantiti da privilegio o da ipoteca.
- 97 —
85. Ciò posto, secondo le norme ordinarie, ciascun
creditore avrebbe pieno diritto a ripetere dal debitore
gl'interessi sulle somme dovutegli, sia per convenzione
(patto), sia per legge, quale indennizzo del danno
derivante dal ritardato pagamento ; ma, anche in questo,
la dichiarazione di fallimento apporta una limitazione
alla condizione giuridica della massa, in ricambio della
maggiore protezione offerta.
Da un lato, la sentenza che dichiara il fallimento
sospende, soltanto rispetto alla massa.dei creditori, il
corso degl'interessi dei crediti non garantiti con ipoteca,
con pegno od altro privilegio, e limita per questi il
diritto a pretenderli sulle somme provenienti dalla
vendita dei beni sottoposti a privilegio od ipoteca : dall'
altro, per mantenere una parità di trattamento fra i
creditori di pari grado ed evitare un vantaggio a coloro
che, per esigere l'adempimento della obbligazione,
avrebbero dovuto aspettare una scadenza lontana,
provvede con l'art. 758.
Dispone, cioè, che i crediti, non fruttanti interessi,
non ancora scaduti alla data della dichiarazione di
fallimento, sono ammessi al passivo per l'intiera
somma, colla espressa riserva, che il pagamento di ogni
singola ripartizione dovrà consistere in una somma la
quale, calcolati gì' interessi composti in ragione del 5 °[
0
all'anno per il tempo che resta a decorrere dalla data del
mandato di pagamento sino al giorno della scadenza del
credito, equivalga alla somma della quota di
ripartizione.
Questa disposizione, ispirata dalla pratica (1), è co-
mune .atutti i crediti civili e commerciali, peri quali
(1) Marghieri. I motivi 'ecc. Voi. II, parte II. 497.1
- 98 -
ciò che si deve è a tempo determinato, posteriore alla
data della dichiarazione di fallimento, da non potersi
esigere prima della scadenza del termine ; e trovò la sua
sanzione legislativa sui criterio che. venendone il
creditore in possesso anzitempo, è messo in grado di
renderlo fruttifero, assicurandosi un vantaggio dallo stato
di fallimento che non è dato ai creditori aventi crediti già
scaduti ed esigibili. Solo non si comprende perchè questo
criterio di uguaglianza non sia stato riprodotto in materia
di concordato, e limitato alle ripartizioni giudiziali dello
attivo.
86. Intorno ai creditori chirografarii poco resta a
dire, dopo quanto esponemmo nella l
s
parte di questo
studio sulla verificazione dei crediti. È opportuno
soltanto richiamare il già detto circa la documentazione
delle dichiarazioni di credito (27-31), e completarlo per
quanto si attiene ai mezzi di prova.
L'art. 44 del codice di commercio determina che le
obbligazioni commerciali e le liberazioni si provano:
con atti pubblici (1); con scritture private (2); colle note
dei mediatori sottoscritte dalle parti nella forma stabilita
nell'art. 33 (3); con fatture accettate;
(1) Art. 1315 Cod. Ciò. « L'atto pubblico è quello ohe è stato
ricevuto colle richieste formalità da un notaio o da altro pubblico
uffiziale autorizzato, nel luogo ore l'atto è seguito, ad attribuirgli la
pubblica fede ».
(2) Art. 1320-1331 Cod. Civ.
(3) Art. 33, comma. « Il mediatore deve dare alle parti, nel
momento della conchiusione del contratto, una copia delle anno-
tazioni fatte nel suo libretto, e,.a loro richiesta, una oopia del
contratto perfettamente conforme alla fatta registrazione, sotto-
scritta da lui ed anche dalle parti se queste vi consentono ».
- 99 -
colla corrispondenza; con telegrammi; coi libri delle
parti contraenti (1); con testimoni, e semprechè l'autorità
giudiziaria lo consenta, anche nei casi preveduti nell'art.
1341 del Codice Civile; con ogni altro mezzo ammesso
dalle*'leggi civili (presunzioni, confessioni delle parti,
giuramento). E l'art. 761, in conformità , prescrive che i
crediti sono verificati dal giudice delegato mediante
confronto dei titoli presentati coi libri e colle carte del
fallito, e gli fa-colta di ordinare la personale
comparizione del creditore od autorizzarlo a comparire
col mezzo di mandatario, prescrivere la presentazione
dei libri di commercio del creditore o di un estratto di
essi, e sentire qualunque altra persona possa offrirgli
notizie o schiarimenti.
87. Incominciamo dalle fatture, per richiamare su
di esse, più di quanto in pratica si faccia, l'attenzione dei
creditori e dei magistrati pei fini della verificazione dei
crediti.
La fattura, o « distinta delle merci che un commer-
ciante invia ad altri con la indicazione delle qualità che
le individualizzano e del loro prezzo, allo scopo di dar
norma ad un contratto di vendita fra essi stipulato, o la
cui stipulazione è proposta (2) », va qui considerata
sotto l'aspetto giuridico di documento, e per l'attitudine
ad essere invocata come mezzo di
(1) Nota. La disposizione dell'art. 43 del R. Decreto 31 agosto
1901, n. 413, riguarda, solo la comunicazione *• giudizio dei libri «
delle carte dei commercianti, ed è applicabile nei giudizii sulle
contestazioni dei crediti.
(2) Pagani Della fattura commerciale, pag. 8, Torino. Unione
Tip. 1892.
- 100 —
prova di una obbligazione commerciale o della libe.
razione di questa.
L'art 44 parla di fatture accettate. L'accettazione può
essere espressa, può risultare, cioè, da esplicita
dichiarazione per iscritto sulla fattura stessa, o -su di un
duplicato, -rimessa dal compratore al venditore; può
essere tacita, e risultare da qualsiasi atto, fatto od
omissione che riveli chiaro l'intendimento di accettarla.
Così, il fatto di essere pervenute le merci nei magazzini
del compratore, poi fallito, o di essere state ricevute a sua
disposizione in magazzini pubblici, o in altro luogo di
deposito o di custodia del commissionario incaricato di
venderle, per conto di lui; l'aver girata la fattura, senza
frode, anche prima dello arrivo delle merci, {per la
ipotesi contraria è ammessa la RIVENDICAZIONE), e non
essersi proposti reclami nel termine convenuto (per
consuetudine, 8 giorni dalla ricezione delle merci), l'aver
autorizzato il venditore ad emettere tratta per la valuta,
aver pagato un acconto, senza riserva, e simili, costitui-
scono accettazione della fattura ed obbligano i contraenti
[compratore e venditore) a rispettare i patti della
contrattazione di cui essa è l'esponente.
Ma non può dirsi che la fattura, cosi tacitamente
accettata, costituisca il titolo richiesto dall'art. 758 Cod.
di Comra., valido a costituire la prova del credito a
fronte dei terzi (creditori del fallimento, curatore).
Occorre che dagli altri interessati non si sollevino
contestazioni e che l'ammontare del credito richiesto
trovi riscontro nel bilancio presentato dal fallito.
Quando ciò sia, il credito si ha, per documentato e
deve ammettersi al passivo, perchè l'accettazione
— 101 —
della fattura trova conferma negli atti del fallimento e
nell'adesione degl'interessati: all'inverso, il solo fatto
materiale del possesso della fattura da parte del fallito,
od il rinvenimento di essa tra le carte di lui, non è prova
della avvenuta esecuzione del contratto cui si riferisca e
della effettiva consegna delle merci da parte del
venditore.
88. Esista o meno la fattura, i libri di commercio
tanto del fallito che dei creditori, possono fornire la
documentazione di una dichiarazione di credito in
materia di verificazione. Il rinvenimento, tra le carte del
fallito, della fattura sarà un elemento di controllo e di
riprova della verità delle annotazioni fatte nei libri.
L'art. 27 del codice di commercio prescrive, che la
comunicazione dei libri, degl'inventarii e dei fascicoli
delle lettere e dei telegrammi, che un commerciante
deve tenere e conservare per dieci anni (art. 21-26), non
può essere ordinata in giudizio se non per determinati
affari, e fra questi, fallimento. L'art. 761 estende tale
facoltà al giudice delegato, nel periodo preparatorio
della verificazione dei crediti, per i libri di commercio
del creditore, dei quali può ordinare la presentazione o
di un estratto dì essi.
Due ipotesi possono verificarsi. Il creditore esibisce i
suoi libri, od un estratto di essi, regolarmente te-nuti:
spetta al giudice delegato attribuir loro quella forza
provante che secondo le circostanze possono avere (art.
52) nei rapporti del fallimento, e ritenerli di
indiscutibile prova contro il creditore, senza che costui
possa scinderne il contenuto per trarne vantaggio. Il
creditore si rifiuta di esibire i libri, di-
— 102 -
chiara e dimostra di non averli, o li esibisce irregolar-
mente tenuti: il giudice non può ritenere raggiunta la
prova a favore del creditore, e, mancando o non essendo
richiesto altro mezzo istruttorio, deve rinviarlo, se
contestato, ovvero escluderlo allo stato.
89. In quanto ai libri del fallito, se tenuti irre
golarmente, a voler applicare nei rapporti dei terzi
il disposto dell'art, 50 Cod. di Comm., « tutti i libri
dei commercianti, in qualunque modo tenuti, fanno
prova contro di essi », si arriverebbe allo assurdo di
far scaturire la prova da ciò che è dalla legge con
siderato e punito come reato, e si offrirebbe ai fal
liti facile campo per agevolare l'ammissione al pas
sivo di crediti simulati ed insussistenti.
Se tenuti regolarmente, invece, potendo e non do-
vendo essi far prova, se il creditore offre di prestarvi
fede ed i terzi si ricusano di aderirvi, reputiamo sia
proprio il caso che il magistrato possa deferire al primo
il giuramento sull' oggetto controverso, per analogia al
disposto dell'art. 51, ben potendosi parificare la ricusa a
presentare i libri, alia ricusa da parte degli altri
interessati di accettarne il contenuto.
90. La dottrina e la giurisprudenza sonosi af
fermate discordi.
Bolaffio (1) esclude che le annotazioni dei libri del
fallito, pure regolarmente tenuti, siano sufficienti a
stabilire l'esistenza e l'entità del credito insinuato,
indipendentemente da ogni prova scritta od orale da
parte del creditore.
(1) Il Cod. di Comm. ItaL, comm., Voi I, p. 538, o. 157.
- 103 -
L'art. 758, scrive, esige che con la dichiarazione
dei crediti si adducano i titoli dai quali derivano; e
l'art. 761 ordina che la verifica si effettui confron-
tando i titoli presentati coi libri e con le carte del
fallito. Se titoli scritti non esistono, si procederà con
apposita istruttoria per dare altrimenti la prova nella
sede contenziosa; amenoci creditori od il giudice
delegato, per peculiari circostanze (indole del credito;
affermazioni attendibili del fallito ; indizii desunti
dal cwatore, ecc.), non riconoscono senz'altro giu-
stificato il credito sul semplice appoggio delle anno-
tazioni dei libri del fallito, e perfino anche senza que-
ste. Nell'istruttoria, i libri di commercio del fallito
avranno la stessa forza probante che avrebbero avuta
in una contestazione sostenuta dal fallito, anterior-
mente alla dichiarazione del fallimento, tranne che
sia provata una collusione fraudolenta. Sarebbe, in-
fatti, ingiusto ed assurdo che il fallimento privasse il
creditore di un mezzo di prova su cui poteva legit-
timamente contare nel momento in cui sorse il cre-
dito ».
Vidari (1) opina, che non basta al creditore di ri-
mettersi alle risultanze dei libri e delle carte del fal-
lito, e che il giudice delegato à sempre il diritto di
invitarlo a giustificare in altro modo il proprio cre-
dito: Cuzzeri (2Ì afferma che « i principii generali in
materia di prova hanno vigore anche nel procedi-
mento di verificazione dei crediti verso il fallito, poi-
ché il fallimento del debitore non può pregiudicare
in verun modo la condizione del creditore, sebbene
(1) Op. cit., n. 440, pag. 428.
(2) Op. cit. n. 440, pag. 290.
— 104 -
l'ammissione dei crediti al passivo interessi oltre il
fallito, e più specialmente", tutti i creditori di lui ».
Il Tribunale di Venezia (1), ripetutamente, ed il
Tribunale di Napoli (2), giudicarono che le annota-
zioni esistenti nei libri di commercio del fallito non
possono valere da sole quale prova dei crediti dichia-
rati per l'ammissione al passivo, ad esse corrispon-
denti.
Le Corti di Appello di Milano (3), Bologna (4) e
Genova (5), le Supreme Corti di Roma (6) e Firenze (7)
ritennero tutte che il fallimento del commerciante
non menoma la forza probatoria dei suoi libri, e che
la prova di un credito da ammettersi al passivo bene
può desumersi dai libri del fallito, come la data di
una scrittura privata relativa ad una domanda di am-
missione al passivo può essere accertata, indipen-
dentemente dalla sua registrazione, mediante anno-
tazioni esistenti nei libri dei falliti.
(1) Detto 27 maggio 1887. Koken e. Fall. Bonelli. Temi Ven.
1887, 438. 13 decembre 1886. Bottivoli e. Fall. Peltrera. Temi Ven.
1887, 104. Il giugno 1887. Scarpa e. Fall. Epis., Temi Ven., 1887,
438.
(2) Detto 15 dicembre 1881. Costantini e. De Simone. MOT.
Gin. 1892, 13.
(3) Detta —12 giugno 1876. Fall. Crosti c.° Crosti e Beretta.
Monit. Trib. XVII, 1002, idem 20 maggio 1881.
(4) Detta — 18 gennaio 1895.
(5) Detta — 9 febbraio 1893. Sconto Genova e Penca. Legge
1893, I, 554.
(6) Detto —13 gennaio 1896. Ricci Bartoloni e. Baccarini, 1896,
Foro It., U 179.
(7) Detta 31 dicembre 1896. Bagnanl e. Ciardelli. Foro It.,
1897, I, 390.
- 105 —
Alla obbiezione che trattandosi di crediti che ai
vogliono far ammettere al passivo, il legislatore con gli
art. 758, 761 e 764 cod. comm. non abbia reputato
sufficienti quelle annotazioni, perchè le conseguenze di
esse andrebbero a cadere sulla massa dei creditori, la
Suprema Corte di Firenze rispose (1):
« A dimostrare la insussistenza della obbiezione basta
il por mente che, ammessa per poco la legittimità di quel
sistema, da un lato si verrebbe a privare il creditore di
un mezzo di prova sul quale poteva fare giusto
affidamento nello istante in cui sorse il suo credito, e
dall'altro verrebbe a consacrarsi l'assurdo che per un
fatto indipendente da lui, qual' è il fallimento del
debitore, possa egli veder pregiudicata la sua condizione
giuridica, non senza scuotersi con ciò stesso la sicurezza
è rapidità delle transazioni commerciali, Egli è fuori
dubbio che di regola incombe al creditore l'obbligo di
produrre, coli la dichiarazione del proprio credito, il
titolo che Io stabilisca ; ma questo principio non può
estendersi sino al punto da non potersi egli rimettere ai
libri del fallito, i quali, se possono far fede contro di lui,
conservano ancora per gli argomenti suesposti la stessa
efficacia, rispetto ai suoi creditori, sia nella chiusura del
verbale di verificazione dinanzi al giudice delegato, sia
dinanzi al magistrato di merito »•
91. -r- Le ragioni addotte meritano qualche confu-
tazione.
Anzitutto, inesattamente si asserisce che si verrebbe
a privare il creditore di un mezzo di prova
____ ; .
(1) Sentenza citata.
— 106 —
sul quale potea fare affidamento nello istante in cui sorse
il suo credito, perchè l'art. 27 Cod. di Comra. prescrive:
« la comunicazione dei libri, degli inventarti e dei
fascicoli delle lettere e telegrammi indicati nell'art. 21,
NON P essere ordinata in giudizio, CHE per affari di
successioni e di società, DI FALLIMENTI, o di comunione
di beni. Fuori del fallimento per accertare un preteso
credito, non può il creditore pretendere la comunicazione
dei libri, né il magistrato può ordinarla.
D'altra parte, è necessario fermarsi sempre al concetto
fondamentale dello stato di fallimento, ed al mutamento,
che noi insistiamo avvenga, nella condizione giuridica
del creditore commisurandola non più in relazione ai
primi rapporti corsi col debitore, ma allo stato di
fallimento, all'interesse pubblico ed alla legge di
uguaglianza, che vuole il proporzionale e conforme
soddisfacimento di tutti i creditori, sul patrimonio del
fallito. Se una limitazione alla capacità giuridica del
fallito, una maggiore garenzia, speciali normi per lo
esercizio delle azioni ed una serie di speciali presunzioni
e di nullità la legge commina, perchè sarebbe vietato
ritenere che imponga, in ricambio, al creditore una più
rigorosa prova del credito che si fa a pretendere? .
vai dire che il fallimento sia un fatto indipendente da lui,
e non possa perciò pregiudicarne la sua condizione
giuridica ; perchè il creditore, con-traendo con un
commerciante, deve già essere edotto delle leggi che ne
regoleranno la insolvenza, e conoscere che la sua
condizione giuridica sarà, dallo stato di fallimento, quale
è dalla legge voluta per garen-tire gl'interessi della
massa. Di talché, egli, usando
107
solo la necessaria diligenza; uniformandosi agli obblighi
che ad ogni commerciante sono imposti (conservando le
carte, lettere, telegrammi, richieste di vendita, fogli di
commissioni e simili) e con una regolare tenuta dei suoi
libri, sabene in grado e sempre, dato il largo sistema
probatorio in materia, di non aver bisogno della prova
che può venirgli offerta in giudizio dal debitore, ma di
poterla offrire direttamente.
92. —Esaminate da un altro verso, la quistione può
trovare più agevole soluzione. I libri del fallito, de-
positati in cancelleria, o consegnati al curatore , si
appartengono sempre all'ente fallimento, che è rap-
presentato dal curatore ed amministrato da lui in
Concorso della delegazione dei creditori, sotto la sor-
veglianza e direzione del giudice delegato. Il creditore
singolo non ha perciò diritto di avvalersi dei libri
depositati e pretenderne estratti per giustificare una
pretesa ragione di credito contro la massa. È il curatore
del fallimento che nello interesse di questa può ricorrere
al contenuto dei libri di commercio del fallito, ove lo
creda utile; e l'obbligo dato al giudice delegato di
procedere alla preparazione dello stato preliminare di
verifica col confronto dei titoli presentati coi libri e colle
carte del fallito, non è dato perchè i creditori, i quali non
avessero giustificate le loro dichiarazioni di credito,
avessero un mezzo di trovarne la giustificazione nella
confessione scritta del fallito; ma perche, a chi è
preposto all'amministrazione del fallimento ed alla tutela
degl'interessi collettivi, sia dato il mezzo di istruire
largamente con l'intervento della delegazione dei
creditori e
108
dei fallito, sia reso agevole vagliare la verità dei fatti
e giudicare della opportuni o meno di esporre la
massa alle conseguenze di contestazioni e litigi.
D creditore può chiedere al tribunale che ordini al
curatore di comunicare in giudizio i libri del fallito,
ed il tribunale, sulle ragioni addotte dal curatore e
sulla relazione del giudice delegato, può (e non
deve) ordinare la comunicazione se non esistono
ragioni che, a priori, inficiano di sospetto o di frode
i libri stessi o ne dimostrano la inattendibilità. Non
può il creditore, senza esibire alcun titolo a giusti-
fica della resa dichiarazione, in caso di contestazione,
pretendere che siano tenuti presenti i libri del fallito
depositati in cancelleria, o che questa ne rilasci o ne
permetta un estratto.
Così, quante volte, nel caso il creditore dichiari di
prestar fede ai libri del fallito, il Tribunale ne ordini
la comunicazione, non potrà poi disconvenire dalle
risultanze degli stessi, a meno che non provi la
falsità, la simulazione o la erroneità delle anno-
tazioni. Ove il curatore , per la massa, ricusi di
esibire i libri, il magistrato potrà fare uso della fa-I
colta di cui al cennato art. 51 Cod. di Comm., e
deferire il giuramento al creditore sull'oggetto con-
troverso.
93. - Agli atti pubblici ed alle scritture private si
applicano, anche in materia di verificazione dei cre-
diti, le regole ordinarie sulla prova delle obbligazioni
e di quella della loro estinzione (Libro III, Capo V,
Sez, I, Cod. Civ.).
Tenuto conto però delle speciali nullità e presun-
zioni di frode di cui agli art. 707, 708, 709 e 710 Cod.
- 109 —
di Comm., è importante rilevare quanto si attiene allo
accertamento dellaloro data, nei rapporti del fallimento.
Trattandosi di un atto pubblico, o di scrittura privata
legalmente considerata per riconosciuta (sottoscrizioni
autenticate da un notaio), la data apparente fa piena fede
della convenzione e dei fatti seguiti in presenza del
notaio o d'altro pubblico uffiziale. Non è possibile altra
impugnativa, all'infuori della querela di falso o dell'
azione Pauliana; ed a queste si riferiscono le disposizioni
degli art. 766 e 770 Cod. di Commercio, in materia di
verifica, autorizzando il Tribunale ad ammettere
provvisoriamente, e per una somma determinata, il
creditore che dall'una o dall'altra azione ha inficiata la
propria ragione di credito. Ove si tratti invece dj una
semplice privata scrittura interceduta tra il creditore ed il
fallito, la di cui data non risulti per attestazione di un
pubblico ufficiale, quali mezzi possono invocarsi per
accertarla e pel computo riguardo alla massa dei
creditori?
Per l'art. 1327 cod. civ. la data delle scritture private
non è certa e computabile riguardo ai terzi che dal
giorno in cui esse sono state trascritte o depositate nell'
ufficio di registro. dal giorno in cui è morto o posto
nella fisica impossibilità di scrivere colui o uno di
coloro che le hanno sottoscritte, o dal giorno in cui la
sostanza delle medesime scritture, è comprovata da atti
stesi da ufficiali pubblici. come sarebbero i processi
verbali di apposizione di sigilli o d'inventario, o quando
la data risulta da altre prove equipollenti.
I creditori del fallito, dopo la dichiarazione del fal-
limento, in quanto agiscono a nome proprio, sia per *
fare ammettere al passivo i loro crediti, sia "per ve-
— 110 —
derne esclusi altri, sono a considerarsi terzi e non I
utendo iuribus del loro debitore. e possono quindi tanto
impugnare gli atti del fallito e provare che la data di una
scrittura privata sia quella apparente per essere ammessi
al passivo, indipendentemente dalla registrazione, mercè
prove equipollenti; quando contestarla per vedere esclusi
i crediti pretesi da altri creditori (lì. E così il curatore del
fallimento, in quanto rappresenta e difende la massa dei
creditori nelle contestazioni contro le ragioni personali di
alcuno di essi, è a considerarsi terzo e può dedurre tutte
le eccezioni che ai terzi competono (2).
Impugnata perciò dai creditori o dal curatore siccome
non certa la data di una scrittura privata, esibita come
titolo di credito, spetta al creditore che pretende
l'ammissione di accertare quella data in uno dei modi
stabiliti dal codice di commercio.
94. In quanto alle cambiali, data la speciale loro
natura, la faciltà di crearne, ed i privilegi di cui sono
rivestite nello esercizio dell'azione, occorre rimettersi
moltissimo a quel giusto criterio ed « quella prudenza
del magistrato cui la legge affida l'ammissibilità della
prova testimoniale.
Per l'ammissibilità di un credito cambiario al passivo
di un fallimento è condizione indispensabile che non sia
incorsa decadenza dall'azione cambiaria (3)
(1) A. Torino — 30 ottobre 1896. Biglia e. Simonetta, Boccardi,
Bett., 1897, 77.
(2) A. Bologna 18 Gennaio 1895. Ricci Bortoloni e. Bacca-rini.
Mov. Giur. Boi. 1895. 56.
(3) A. Catania 9 aprile 1890. Masumeri e. Maiorana. Foro It„
1890, I, 882.
- in
(art. 316-325 Cod. Comm.); ma. e lo rilevammo di già.
basta la dichiarazione del credito, fatta a norma degli art.
758 e 760 Cod. di Comm., che è una vera e propria
domanda giudiziale, per mantenerla (1).
95. È intuitivo che in sede di verificazione, sotto
forma di contestazioni e di opposizioni, possono essere
proposte tutte le eccezioni opponibili nei gin-dizii
cambiarii.
La Corte di Appello di Casale (2), discutendo nella
specie di un credito cambiario, giudicò che il creditore
per l'ammissione al passivo del fallimento, non solo
dovesse produrre i documenti giustificativi del suo
credito, ma che, in caso di contestazione, dovesse anche
provarne la causale.
« L'obbligazione cambiaria, considerò la Corte, ha
.natura formale per lo scopo che la cambiale si propone
,. ci onde rendere il titolo facilmente accolto come
mezzo di scambio, quale sostituto alla carta moneta ; ma
tale carattere della cambiale sussiste indipendentemente
dalla causa, e tale causa poi nei rapporti tra i contraenti
l'obbligazione cambiaria ha tutta l'Importanza legale;
ond'è che i creditori dell' emittente, che si trovano in
condizioni di dover sottostare alle passività da esso
contratte, possono negare la realtà del debito, al quale
effetto giova il processo verificazione dei crediti,
oppure si ha
(1) A. Roma 12 Dicembre 1889. Moroni e. Cotogni. Temi
Rom. 1889-470.
(2) A. Casale 25 aprile 1899. Clerici e. Margotto. Foro It.,
1899, li 780. Conforme: A. Firenze = 28 luglioJ1903. Sani e. Sani,
Diritto comm, XXI. 718.
— 112 —
l'azione pauliana impugnando di frode l'obbligazione
assunta.
Che il diritto dei creditori di ricercare la real del
credito proposto, all'infuori del titolo, sussiste spe-
cialmente nella materia di fallimento, essendo la pro-
cedura di verificazione un sindacato eseguito colle
facoltà di cui agli art. 761 e 763 cod. di comm., allo
scopo di accertare l'esistenza vera e reale del credito
insinuato ; e quando tale esistenza s'impugna, non vale
opporre la natura, la qualità del titolo, giacché la massa
dei' creditori, rappresentati dal curatore, ed il creditore
contestante sono in tale giudizio terzi sia rispetto al
fallito che al creditore contestato.
poi i principii relativi alla forza probante dovuta
agli atti sono applicabili alla procedura del fallimento, la
quale costituisce un giudizio universale, d' ordine
pubblico, con norme speciali, con deroga di competenza,
con nuove forme d'azioni,{àr_t. 685, 760, 761 cod.
comm.),'ond\ è fatta facoltà al giudice delegato, e quindi
al Collegio giudicante, di (trainare la presentazione di
determinati documenti.
« Che poi il carico di provare la realtà del credito
accennato nel titolo prodotto spetta al creditore instante,
giacché nel giudizio di verifica è il credito con le sue
qualità che viene esaminato, e non il titolo da cui emana.
Così è imposto dal tenore dell'art. 758 cod. comm. e
dallo scopo della liquidazione del passivo; questa infatti
consiste nel determinare quali siano coloro che hanno
diritto sui beni del fallito , quale sia il vero ammontare
dei loro créditi, quale la natura, e quali i titoli speciali di
preferenza che a taluni tra essi possa competere. Da qui
il bisogno di regolare le norme della verificazione
>
w*
- 113 -
dei crediti e la classificazione di essi secondo la loro
natura.
« È quindi indispensabile per l'ammissione del credito
che esso sia certo, assodato con prove evidenti, o
giustificato con tutti i mezzi di prova concessi dalla
legge.
« Lo stesso tenore del citato art. 758 cod. comm.
importa che in caso di contestazione la prova della causa
del credito sia a carico del creditore proponente; giacché
per tale disposto di legge si deve presentare la
dichiarazione coi titoli dai quali deriva, col che si
accenna alla causa, all'origine del credito, e non all'atto
pubblico o scrittura privata che al credito si riferiscono.
« Una tale interpetrazione risulta corretta, poiché quando
nella, legge è usata la sola parola titolo si implica il
concetto di ragione dell'obbligazione; ciò si evince dal
confronto dell'art. 758 coli'altro 813 cod. comm., nella
quale ultima disposizione la parola titolo ha
evidentemente la portata materiale dell'obbligo, giacché
ivi è detto che nessun mandato di pagamento è emesso
dal curatore se non sulla presentazione del titolo
costitutivo del credito. Se non v'è titolo scritto, il giudice
delegato può autorizzare il pagamento sulla presentazione
dell'estratto del processo verbale di verificazione. Si
rileva inoltre che la parola titolo negli art. 760, 687 e 692
cod. civ. si riferisce evidentemente, siccome nell'art. 758
cod. comm., alla ragione giuridica del credito, mentre
quando il legislatore ha voluto accennare alla materialità,
alla prova del credito, non si è usata la paiola titolo, ma
invece documenti giustificativi (art. 709-710 cod. proc.
civile).
- 114 —
« Dal che tutto si deve inferire che per lo spirito e. per
la lettera della legge, per l'indole speciale del
procedimento, per la speciale posizione delle parti in
causa, l'espressione di cui all'art. 758, titoli da cui deriva,
si riferisca alla ragione del credito, e quindi debba la
domanda di ammessione al passivo essere in tale senso
corredata, onde il carico della prova incombe al creditore
proponente che ha in simili giu-dizii la veste di attore ».
96. La Corte di Cassazione di Torino. (1), rifor-
mando questa parte della citata sentenza, ritenne : « che
le obbligazioni cambiarie, benché di natura formale ed
aventi virtù esecutiva, non escludono nel caso di
contestazione le indagini sulla realtà della causale del
credito, e che i creditori dell'emittente, in ispecie se
fallito, abbiano il diritto in sede di verificazione dei
crediti (art. 758 e segg. cod. comm.) di contestarne la
realtà, oltre alla impugnazione per frode (art. 709) ;
che sia una procedura speciale quella della
verificazione dei crediti, disciplinata nell' interesse
collettivo dei creditori. D'onde la facoltà dell'articolo
761 accordata al giudice delegato, non solo di procedere
ad un confronto dei titoli presentati coi libri e colle carte
del fallito, ma di ordinare altresì l'intervento del
curatore, della delegazione dei creditori e del fallito, la
comparizione dei creditori e la presentazione dei libri di
commercio del creditore ;
(1) Detta 21 Maggio 1900. Clerici e. Margotto. Foro It., 1900,
I, 863.
- 115 —
« che per l'art. 758, il credito. oltre al suo intrinseco
(titolo), debba verificarsi nella sua reale sussistenza, e
che la giustificazione della verità e realtà di esso credito
debba essere certa e sorretta da prove evidenti, e che tali
prove siano da fornirsi per tutte le. vie e i mezzi dalla
legge concessi.
Ma in sostanza ed in tesi di diritto, non vide il
Supremo Collegio « che ai mutamenti introdotti nella
procedura del fallimento per la verificazione dei crediti
possa attribuirsi il grave effetto di uno spostamento dei
principii in ordine alla prova ed ali'onus probandi > e
giudicò :
« Quando un credito è affidato ad un titolo valido in
apparenza e legale, e tale è in massimo grado la
cambiale nel diritto odierno, è chi nega virtù alla
medesima, sia per la forma, che per la sostanza ( quando
il giudice non senta il bisogno di far ricorso alla facoltà
consentitagli dall' articolo 761), è colui che contesta il
Credito, e che sostiene viziata l'apparente costituzione di
esso, che deve farne la prova. Questi sono i principii
generali, che, nel dir fetto di una deroga nella speciale
procedura del fallimento, nel silenzio al riguardo della
legge, devono essere osservati ; può il magistrato, in
via induttiva, ritenere che il legislatore, dimentico del
precetto racchiuso nell'art. 1312 cod. civ., li abbia ab-
bandonati ».
97. Il rigoroso rispetto che la Suprema Corte
Torinese volle serbare ai principii in ordine alla prova, e
le considerazioni intorno all'onus probandi, richiedono
un attento esame dei caratteri della obbligazione
cambiaria ed un maggior rilievo di quella de-
— 116 —
roga nella procedura di fallimento ai principii generali di
prova, che essa non credette di riscontrare.
La cambiale, titolo formale e completo, per quanto
basta a stessa ed attribuisce a chi l'acquista un diritto
astratto, cioè indipendente dalla causa della emissione,
dà vita ad una differente posizione giuridica secondo che
il firmatario (debitore ) si trova a fronte di colui col
quale ha trattato o di un terzo estraneo a questo rapporto.
La differente posizione giuridica si afferma nello stato
di fallimento, ai fini della verificazione, perchè non è più
il debitore che è messo a fronte del suo creditore;
quest' ultimo ha azione da poter esercitare singolarmente
sul patrimonio del fallito; ma sono i varii creditori che si
trovano a fronte tra loro, e tutti, in proporzione dei
erediti verificati ed ammessi, possono esercitare un'
azione cumulativa sul patrimonio, trasferito, per intero,
alla massa.
Le disposizioni degli articoli 758, 760 e 761 Codice di
commercio' sanzionarono appunto una deroga,
dappoiché, prescindendo dalla natura e dalla forma dei
titoli di credito, prescrivono che i creditori devono tutta
presentare in cancelleria le loro dichiarazioni con i titoli
dai quali i erediti derivano, ed impone a tutti di rendere
l'affermazione chiara ed esplicita che il credito è vero e
reale (il che sarebbe una superfetazione per quelli che
sono in grado di esibire un titolo sufficiente per sé stesso
a stabilire la ragione di credito). Le stesse disposizioni
fanno inoltre obbligo, e non facoltà, come rilevò la
Suprema Corte, al giudice delegato di verificare i crediti
mediante confronto dei titoli presentati coi libri e colle
carte del fallito.
v- _ 117 —
Il giudice delegato non può fermarsi allo esame dei
titoli esibiti; Arrestare ogni indagine sulla causale della
obbligazione, anche se rappresentata da un titolo
formale, valido in apparenza e legale; ma ha l'obbligo di
ricercare quella causale nel confronto dei libri e delle
carte del fallito, ed occorrendo con tutti i mezzi indicati
dall'art. 161. La intenzione del legislatore emerge da ciò,
e fu di volere, che i credi-ditori, in caso di contestazioni
o di opposizioni, fossero tenuti a fornire la prova della
dichiarazione chiara ed esplicita di verità e realtà del
credito, che ebbero già a fare nelle domande di
verificazione.
L'art. 1312 Cod. Civ. racchiude il precetto che chi
domanda 1' esecuzione di un'obbligazione deve pro-
varla; ed è per questo che facendo obbligo l'art. 760
Cod. di Comm. ai creditòri di chiedere non solo la
esecuzione della obbligazione del fallito, di fronte alla
massa ; ma di accertarne la verità e realtà, la domanda
si integra in tutto il suo contenuto e non può essere
scissa, riversando l'onere della prova contraria alla
verità e realtà del credito su chi non conosce nemmeno
la pretesa causale della obbligazione.
In altre parole, la domanda non è per la esecuzione
della obbligazione, ma per una obbligazione che lo
attore deve dichiarare esplicitamente vera e reale; onde
a lui incombe l'onere di provare non solo che sia
apparentemente valida e legale, ma che sia nel tempo
istesso vera e reale.
La Suprema Corte, non volendo fare il torto al le-
gislatore di aver dimenticato il precetto racchiuso
nell'art. 1312 Cod. Civ., gliene fece uno più grave,
supponendo che avesse dimenticati quelli racchiusi
negli art. 707 e 709 Codice di Commercio.
— 118 —
In vero: se gli atti e le alienazioni a titolo gratuito
posteriori alla data della cessazione dei pagamenti sono
nulli rispetto alla massa dei creditori (art. 707), mentre
gli atti, i pagamenti e le alienazioni a titolo oneroso si
presumono in frode e solo in mancanza della prova
contraria sono annullabili rispetto alla massa dei
creditori, qualora siano avvenuti posteriormente alla
data-delia cessazione dei pa-' gamenti, come potrà
scorgersi se una cambiale, e-messa dopo la cessazione
dei pagamenti fu rilasciata per un'obbligazione a titolo
gratuito od oneroso, se debba dirsi nulla o sia
annullabile, quando-non sarà possibile risalirne alla
causa ?
Un preteso creditore, possessore di cambiali rila-
sciategli per favore, senza corrispettivo, per elargì-lione
e simili, bene potrà chiedere di essere ammesso al
passivo e dichiarare che il credito è vero e reale,
defraudando la massa malgrado la nullità che colpisce,
rispetto alla massa, quella obbligazione.
Là, dove un conflitto sorge evidente .tra un pubblico
ed un privato interesse, il rigorismo delle formule deve
lasciar posto ad un più alto e morale concetto di
giustizia, ed imporre ai privati quelle limitazioni, che
non possono, per altro, riescire gravi difficili a
coloro che, per tassative prescrizioni di legge, sono
obbligati a registrare la cronaca giornaliera delle loro
operazioni ed a conservare per un decennio i documenti
relativi.
98. — Prima della dichiarazione di fallimento, può un
creditore aver fatta valere la sua azione ed aver ottenuta
sentenza di condanna contro il suo debitore, di poi
fallito.
- 119
Quante volte non siano decorsi i termini di gra-
vame, potrà il curatore e potranno i creditori, che in
sede di verificazione intendessero di disconoscere
questo credito, interporre appello nei modi ordinarii
e far valere le ragioni g competenti al fallito. Quante
volte, all'inverso, la sentenza sia passata in cosa giu-
dicata; ovvero il curatore ed i creditori sentissero di
dover disconoscere le confessioni ed accettazionì
giudiziali del fallito, ritenendo e l'una e le altre do-
vute ad accordi fraudolenti, fondate sul falso, sul
dolo, su errori essenziali di fatto, o contraddette da
rinvenimento di titoli dapprima ignorati, quale azione
ed innanzi a quale autorità dovrà esperirsi?
99. « L'autorità della cosa giudicata, stimò la
Corte di Appello di Genova (1). se forma presunzione
legale (juris et de jure) fra le parti contendenti, non
può avere efficacia di fronte alla massa che fu estra-
nea alla sentenza, per cui mancherebbe, in suo ri-
guardo , 1' estremo della identità delle parti, voluta
dall' art. 1351 Cod. Civ. ». Ritenne, in conseguenza,
doversi ammettere liberamente il curatore, nello in-
teresse della massa, da lui rappresentata, a dimo-
strare che un credito insinuato sia esagerato, o man-
chi di fondamento, e ciò con mezzi indipendenti dalla
sentenza ottenuta dal creditore prima della dichia-
razione di fallimento, « senza che l'insinuante possa
giustificarsi all'ombra di una sentenza, la quale se
può coprire un accordo fra il debitore ed il credi-
tore, avvenuto prima del fallimento, su basi erronee,
(1) Detta — 21 Luglio 1894. Sommari va e. Barabino. Foro It.,
1894, 1013.
— 120 -
non potrà mai portare V effetto che questo accordo sia
rivolto in danno di terzi, che hanno diritto di essere
soddisfatti su tutta la sostanza del fallito, e non potrebbe
mai, per avventura avere efficacia verso di essi terzi nel
caso che il detto accordo rappresene tasse una
collusione in danno degli altri creditori ».
La Corte di Appello di Trani (1) e la Corte Suprema di
Roma (2), e questa sulla tesi della validità delle ipoteche
giudiziali iscritte sui beni del fallito, in relazione alla
presunzione di frode, di cui al n. 4 dell'art. 709 Cod. di
Comm., accolsero una conforme dottrina. La prima
giudicò non occorrere la opposizione di terzo ai creditori
che, in sede di verifica* zione di crediti, impugnano di
simulazione e frode un credito risultante da sentenza di
condanna del debitore, indi fallito, bastando loro la
eccezione di res inter alios acta. La seconda , risalì agli
effetti della sentenza dichiarativa del fallimento in
quanto vita alla massa, come corpo collettivo
concreto, avente la capacità di agire con l'opera di uno
speciale rappresentante, qual' è il curatore del fallimento
:
« Il giorno in cui avviene la cessazione dei pagamenti
e si inizia lo stato latente di fallimento, la massa dei
creditori del fallimento medesimo ha vita in astratto ;
finché dura il periodo sospetto essa non assume forma e
figura di corpo collettivo riunito da un interesse comune
; non avendo durante il detto
(1) Detta 17 Agosto 1894. Fontana o. Urbano. B. Giur. Trani,
1894. 478.
(2) Detta 28 giugno 1894. B. Nazionale e. FJli Costa. Foro
lt, 1894, I. 937.
— 121 —
periodo uno speciale rappresentante, diverso dalle
persone del comune debitore, è semplicemente assurdo
che quella massa per contestare l'esistenza del credito,
o svelare la collusione ordita a suo danno possa e debba
intervenire nei singoli giudizii iniziati contro il detto
debitore durante il periodo surricordato. Sarà questo un
diritto personale di ciascun creditore, esercitile da lui, se
lo crederà opportuno, alla pari dell' altro diritto
d'impugnare la emanata sentenza col mezzo
straordinario dell' opposizione di terzo. Ma l'uno e l'altro
di questi due diritti possono spettare alla massa soltanto
allorché questa è addivenuta un corpo- collettivo
concreto, avente la capacità di agire con l'opera di uno
speciale rappresentante, qual'è il curatore del fallimento.
Ciò avviene soltanto per effetto della sentenza di
dichiarazione di fallimento, la quale opera la inabi-
litazione del fallito e la immediata devoluzione di tutti i
suoi beni presenti e futuri a favore della massa dei suoi
creditori. L'interesse collettivo di tutti coloro che
vogliono prender parte al giudizio universale di
fallimento nasce soltanto in grazia della sentenza di
dichiarazione, che ha reso pubblico lo stato di
fallimento, ed è unicamente dal giorno di questa
sentenza che sorge e può sorgere nella massa la facoltà e
il diritto di oppugnare sotto tutti gli aspetti le ragioni dei
singoli suoi componenti in quanto son fatte valere in
concorso con lei.
Aperto con la succitata sentenza il giudizio
universale di fallimento, la procedura speciale di ve-
rificazione dei crediti non è stata introdotta per una
semplice formalità, ma sibbene per sottoporre a spe-
ciale sindacato il titolo di ciascun creditore che vuol
— 122 —
partecipare alla ripartizione def beni del fallito debitore.
« Qualunque sia la natura di quei titoli, e siano pure
delle sentenze divenute irretrattabili, quando sono fatti
valere allo scopo surriferito possono essere sempre
impugnati nell'interesse collettivo della massa, al
limitato scopo di farli dichiarare inefficaci a riguardo di
lei, ed escludere così dal concorso chi ha creduto di
poterli opporre anche a lei ».
100. La Corte di Cassazione di Torino (1) andò in
opposto criterio. Per essa, 1' autorità della cosa giudicata
non vien meno per la successiva dichiarazione di
fallimento della parte condannata, e quindi nella
verificazione dei crediti non si possono contestare i
crediti già accertati da sentenza passata in giudicato, a
meno che questa venga impugnata, per simulazione e
frode. Ed in questa teorica fu seguita dalla Cassazione
Napoletana (2) :
«... una volta che sul titolo creditorio, sulla ragione
creditoria, sia intervenuta una sentenza, il titolo si è
trasmutato, non compete più l'actio ex contractu, ma
l'actio judicati, ed è in virtù del giudicato che si chiede
l'ammissione al passivo del fallimento, non in base di un
titolo creditorio qualsiasi. ;
« Epperò è contro il giudicato che debbasi insorgere,
conciossachè il titolo creditorio è gik scomparso, esso è
trasfuso nel giudicato — ... Se non
(1) C. Torino—21 Maggio 1900Clerici C.° MargottaForo
It., 863 (a)
(2) C. Napoli28 Settembre 1896 B. Fontana C Staffa
Foro Ital. 1896 — 1, 1213 (n).
— 123 -s
è dato oppugnar di simulazione e frode quel titolo che
nel giudicato si trasfuse, se occorre andar contro il
giudicato che diventò il titolo pel creditore , l'unica via
che accorda la legge è quella della opposizione di terzo.
« Non puossi contro di esso andare con la pau-liana,
equiparandolo ad un contratto qualunque, con-
ciosiacchè la pauliana è ammessa contro le stipulazioni
in fraudem, non contro i giudicati ; la pronunzia e lo
intervento del magistrato è qualche cosa di più
imponente della semplice fede di un rogito. La legge
non riconosce altra impugnativa del giudicato che quella
della opposizione di terzo. L'art. 465 ha circoscritto i
mezzi di impugnar la sentenza, e fra questi non può
essere l'azione principale di frode, la pauliana, che è
sola limitata ai contratti.
« Gli è vero che al terzo non occorre necessariamente
la opposizione al giudicato quando egli non fa parte del
giudizio, e può sempre respingerne gli effetti che se ne
vorrebbero trarre contro di lui, con la semplice
eccezione del res inter alìos. Ma il creditore non è
terzo, egli è rappresentato nel giudizio dal suo debitore ;
difatti egli ha diritto di intervenire, ed exercendo jura
debitoria spiegar difese e produrre gravami. In tale
qualità a lui non compete opposizione di terzo, così
come non compete a colui che prese parte al giudizio.
Però potendo intervenire il solo dolo, la frode, la
collusione del suo debitore a suo danno, per diminuire
fìttiziamente il suo patrimonio, soccorre la legge con 1'
art. 512 e gli accorda la opposizione di terzo, perchè
nell' a-zione di frode e simulazione egli non fu certo
rappresentato dal suo debitore che, lungi dal sostenerne
gl'interessi, commetteva frode.
— 124 —
« Questa opposizione di -terzo però deve esercitarsi
in un termine prescrìtto e limitato dal giorno in che
la frode pervenne a notizia di lui, e ciò per la sta-
bilità dei giudicato, elasso il quale termine, si fuor-
clude il suo diritto singolare della opposizione di
quel giudicato, e si rientra nel principio che non
possa più oppugnarlo come terzo, perchè rappresen-
tato dal suo debitore. È contro questa rappresentanza
che egli può insorgere, dimostrando che non poteva
essere rappresentato agendosi dal suo debitore in
frode ed in danno di lui; ma quando di ciò ebbe co-
noscenza e fece decorrere i termini, il suo diritto è
fuorcluso *.
101. La Eccma Corte subì, evidentemente; una
straordinaria preoccupazione nella difesa del giudicato.
Un creditore allora soltanto entra a far parte effet-
tivamente della massa, acquista diritto a concorrere
nelle deliberazioni patrimoniali del fallimento ed a
partecipare alla ripartizione dello attivo liquidato,
quando, fatto verificare il suo credito, è ammesso al
passivo. Se un creditore preferisce di restar fuori del
fallimento, di non far verificare il suo credito, tanto
il curatore quanto i singoli creditori non possono pro-
muovere contro di lui azione alcuna, senza sottrarsi
ad una legittima e preliminare eccezione di carenza
d'interesse. Questo interesse, nel curatore per la massa,
0 nei singoli creditori, ad escludere la partecipazione
di un creditore e ad impugnarne la dichiarazione di
credito ed i documenti cui si appoggia, sorge sola-
mente all'etto della presentazione della dichiarazione
stessa; al momento, cioè, in cui, chi ottenne la sen-
tenza e la invoca, manifesta la intenzione .di volerne
trarre giovamento ed estenderne la efficacia sul pa-
I125
trimonio già appartenente al comune debitore e passato,
a seguito della dichiarazione del fallimento, in assoluta
spettanza della massa passiva accertata.
Tutto ciò esclude , in modo assoluto, la efficacia che
la Corte affermò esistere pel giudicato nei rapporti dei
creditori, ritenendoli rappresentati dal debitore; perchè il
sistema legislativo, lo scopo che la verificazione ha, e
gli effetti che ne derivano, escludono a priori ogni
efficacia a fronte della massa. L'obbligo fatto
indistintamente a ciascun creditore, anche se in possesso
di un giudicato, di accertare in sede di verifica la verità e
realtà del credito e vederla riconosciuta, con speciali
forme ed in termini perentori!, rispetto alla massa, offre
la prova più sicura per ritenere questa estranea od ogni
precedente vincolo giurìdico rispetto al debitore, e
giustifica la eccezione del re» inter alios.
102. Altre considerazioni si aggiungono. La Op-
posizione di terzo, a norma dell'art. .512 Proc. Civ.J
deve essere proposta nel termine per appellare, che
decorre dal giorno in cui i creditori di una delle parti
hanno potuto scoprire il dolo o la collusione. In sede di
verificazione, la contestazione per i creditori è possibile
non prima della chiusura del processo verbale, quando è
ammesso il contraddittorio degl'interessati.
Si riterrà che il punto di partenza dello scoprimento
del dolo o della collusione sia la presentazione della
dichiarazione di credito in cancelleria? I termini per la
opposizione saranno il più delle volte fatalmente
decorsi, potendo la chiusura del processo verbale essere
fissata fino a 50 giorni dalla data della dichiarazione di
fallimento. Si riterrà che il punto di partenza sia quello
stesso in cui si rende possibile il contraddittorio
degl'interessati, ed in tal caso il termine massimo è
fissato dall'art. 764 Cod. di Comm.
— 126 -
A voler seguire il ragionare della Corte, la oppo
sizione dovrebbe essere doppia: in sede di verifica-
zione, sotto forma di contestazione; in sede ordinaria
con opposizione di terzo, e questa davanti la stessa
autorità giudiziaria che ha pronunziata la sentenza
impugnata. Con la prima si potrebbe chiedere sola
mente la sospensione del corso della sentenza (art.
504 Proc. Cvo.) fino all'esito della seconda, nella, quale
dovrebbe essere vagliato il merito della opposizione,
i di cui motivi si compenetrano con quelli della con
testazione. .
A parte la inutilità del doppio giudizio e del danno
indiscutibile di maggiori spese, chi non vede come si
verrebbe a sottrarre così la materia del contendere
all'unico magistrato competente a pronunziare su quanto
si attiene al fallimento, e che è l'unico in grado di
vagliarne e commisurarne tutte le circostanze ?
In fine: l'ammissibilità di una speciale forma di oppo
sizione, proponibile in ogni tempo, anche contro le av
venute ammissioni di crediti o per far dichiarare nullo
un concordato, ancorché omologato; il diritto così ri
conosciuto di insorgere contro gli stessi giudicati
costituitisi in sede di fallimento e tra quelli che
direttamente vi presero parte, rivelano all' evidenza
che lo spirito che informa la legge sul fallimento
trae anzitutto forza dal concetto morale ed altissimo
di una più larga tutela del pubblico interesse a
fronte di quello privato, e che il legislatore , onde
renderla pronta e sicura, volle sottrarla al rigore
delle procedure ordinarie (1).
(1) Nota— Vedi sulla quistione : Ruta, Coi». Oomm. 1895;
305 = Confcra Bassetti. Foro It., 1894, I. 1018 (ir/.
CAPO III
CREDITORI DELLA MASSA (103)—CREDITORI PRIVILEGIATI
(104—105) = ACCERTAMENTO DEI LORO CREDITI E
CONTESTAZIONI (106 107) CREDITORI IPOTECARI
(108 111) —PEGNO: COSTITUZIONE; DIRITTI DEL
CREDITORE E DELLA MASSA (112) PRIVILEGI: SALA-RU,
LOCAZIONE D'IMMOBILI, MACCHINARIO (118122j—
PARTECIPAZIONE DEI CREDITORI PRIVILEGIATI SULLA
MASSA (123)=IDEM DEGLI IPOTECARI: n) SUL PREZZO
DEGL'IMMOBILI IPOTECATI; b) SULLA MASSA (124-125)..
103. — La liquidazione del passivo, notammo di-
nanzi (81), tende ad accertare il preciso e reale am-
montare dei crediti, la loro natura, ed i titoli di speciale
preferenza, competenti all'uno od all'altro creditore, per
farne base alla ripartizione dello attivo' liquidato, in
proporzione dei crediti ammessi al passivo e salvi i
diritti di privilegio, pegno od ipoteca, tra i variì
creditori.
Aggiungiamo « tra i varii creditori che formano la
massa », dappoiché è a distinguere tra quanti al
momento della dichiarazione del fallimento si trovano a
vantare una ragione di credito per rapporti avuti col
debitore, poscia fallito, e quanti diventano creditori per
rapporti, posteriori alla dichiarazione di. fallimento,
avuti con la massa dei creditori. Questi ultimi non sono
soggetti al procedimento di verificazione: essi hanno un
diritto di prelazione che possono esercitare in ogni
tempo, con le forme ordinarie, direttamente contro il
curatore e su tutto il
— 128 -
patrimonio del fallimento. Ciò, perchè lo ammontare
dei debiti che gravano direttamente sulla massa, per
rapporti contrattuali interceduti tra un creditore ed il
legittimo rappresentante dell'ente fallimento, di-
minuiscono di altrettanto il patrimonio della massa
prima che possa venir distribuita ai creditori del fal-
limento.
Le spese di giustizia, e fra queste quelle occorse
per la dichiarazione del fallimento, in quanto sono
dirette alla tutela degl'interessi di tutti i creditori;
quelle per tutti gli atti della procedura relativa (rap-
presentanza, liquidazione del passivo e dello attivo,
ripartizione e chiusura del fallimento) e le altre so-
stenute dal curatore in rappresentanza e nel comune
interesse dei creditori, a causa del fallimento; la re-
tribuzione al curatore, ai periti ed a tutte le persone
impiegate nello interesse della massa; i soccorsi ali-
mentari accordati al fallito, per e per la sua fa-
miglia (art. 752, 809 O'od. Qomm), vanno tutti prele-
vati dallo attivo non per ragione di privilegio, ma
perchè i creditori, per ognuno di tali crediti, rico-
noscono loro debitori i creditori stessi del fallimento.
104. Sono privilegiati i creditori, che, pur es-
sendo subbietto attivo in una obbligazione da parte
del fallito di dare una determinata quantità di de-
naro o di cose rigorosamente fungibili, accoppiano
al carattere personale del debito una speciale garen-
zia, per legge, o per stipulazione, sopra tatti od al-
cuni beni del fallimento. E questa speciale garenzfa
non li esclude dal prender parte alle deliberazioni
del fallimento, ma esige che sia regolata con appo-
site disposizioni la partecipazione dei creditori aventi
- 129 —
ipoteca, pegno od altro privilegio nella ripartizione dello
attivo, ed il loro intervento nel concordato {art. 771).
105. I diritti dei creditori privilegiati differiscono a
seconda che il privilegio è sui beni mobili o sugli
immobili ; ed il codice di commercio tratta in due
distinte Sezioni « Dei creditori con pegno od altro
privilegio sui beni mobili (Libro III, Tit, III, Capo II,
Sez. I, art. 772-775) », e « Dei creditori privilegiati od
ipotecarii Siigli immobili » (Ivi, Sez. II, art. 776-779).
Nella prima, si occupa del riscatto e della vendita del
pegno; richiama intorno ai privilegi sopra i mobili le
disposizioni del Codice Civile salve le disposizioni
speciali contenute nel codice commercio, con alcune
modificazioni circa il salario dovuto agli operai,
agl'institori ed ai commessi, il privilegio del locatore, ed
il prezzo non pagato delle macchine d'importante valore
impiegate negli esercizi! d'industria manifatturiera od
agricola. Aggiunge l'obbligo al curatore di presentare al
giudice delegato l'elenco dei creditori che pretendono di
aver diritto di pegno od altro privilegio sopra i mobili, e
richiama le disposizioni dell'art. 763 e seguenti per le
decisioni sulle contestazioni intorno alla esistenza del
privilegio. Regola infine il ooncorso dei creditori pri-
vilegiati sul prezzo di mobili soggetti a speciale pri-
vilegio, e rimasti incapienti, nella distribuzione del resto
dello attivo assieme ai creditori chirografarii. Nella
seconda Sezione fissa le norme per la distribuzione del
prezzo degl'immobili fra i creditori privilegiati o
ipotecarli, e regola il concorso di questi
nella ripartizione della massa chirografaria.
io
— 130 —
106. Ciascuna delle anzicennate sanzioni va presa
in minuto esame; e, perchè riesca più agevole, stimiamo
necessario premettere le norme che regolano
l'accertamento al passivo dei crediti privilegiati ed
ipotecarli.
L'art. 758 Cod. di Comm. non fa alcuna distinzione tra
i creditori, e fa obbligo a tutti di presentare la
dichiarazione dei loro crediti e i titoli dai quali derivano.
Il successivo art. 760 parla di somma dovuta, diritti di
privilegio, di pegno o d'ipoteca. E, come notammo, l'art,
774 fa obbligo al curatore di presentare al giudice
delegato 1.' elenco dei creditori che pretendono di aver
diritto di pegno od altro privilegio sopra i mobili,
precisando che le contestazioni sull' esistenza del
privilegio sono decise secondo le disposizioni dell'art.
763 e seguenti.
Deriva da ciò che i creditori privilegiati, come tutti gli
altri creditori chirografarii, hanno il dovere di rendere
nei modi e termini fissati per la verificazione la
dichiarazione dei loro crediti, per sottoporli allo esame
preparatorio del giudice delegato (art. 761) e quindi a
quello di tutti gì' interessati nel giorno fissato per la
chiusura del processo verbale di verificazione.
L'accertamento del credito è condizione fondamentale
pel riconoscimento del privilegio, non potendo questo
sussistere quando l'altro fosse escluso.
Ove il creditore fosse negligente, non avrebbe a
dolersi se, non potendo esser calcolato nel numero di
quelli che hanno.diritto alla ripartizione delle attività,
queste fossero liquidate e ripartite senza di lui.
E l'obbligo della verificazione sussiste anche per i
creditori con pegno; perchè la proprietà della cosa data
in garanzia rimane sempre nel debitore fallito,
- 131 -
ed il curatore, nello interesse della massa, può riscattarla
e farla vendere. Nella prima ipotesi, il creditore ha
diritto a riscuotere tutto quanto gli è dovuto per capitale,
interessi e spese, e non lo può sino a quando non ne
abbia ottenuto lo accertamento in sede di verificazione:
nella seconda, non potendo egli opporsi alla vendita,
fuorché rinunciando al diritto di ottenere il pagamento
del suo credito sui beni non vincolati al pegno, ed
appartenendo all' all'attivo del fallimento il maggior
prezzo ricavato dalla vendita di esso, occorre sempre
che sia determinato e riconosciuto il credito, per
precisare quel maggior prezzo.
Il creditore privilegiato, può, intanto, nella dichia-
razione di credito, aver omesso di far menzione del
privilegio, da cui il medesimo è assistito. In tal caso, a
meno che non si tratti di privilegio su speciali beni, che
fossero stati venduti e dei quali si fosse già ripartito il
prezzo, egli ha sempre facoltà di far valere il privilegio
stesso, sino a che non sia esaurita la ripartizione
dell'attivo (1). Trattandosi, invero, di credito, che dal
titolo esibito apparisce garentito con pegno, il silenzio
serbato relativamente a questo dal creditore nel rendere
la sua dichiarazione in verifica , la rende incompleta ,
ma non può giammai portare decadenza di diritto (2). Il
tardivo od incompleto espletamento della istanza di
verificazione non può arrecare altre conseguenze
all'infuori di quelle
(1) A. Brescia — 7 Aprile 1891. Mosconi e. Banca Mutuo Cre-
dito di Asola. Annali, 1801, 204.
(2) C. Roma — 3 Giugno 1897. S. Gen. lumi. e. B. Agr. delle
Marche. C. S. Roma, 1897, II, 305.
— 132 -
che promanano necessariamente dal ritardo frapposto o
dall'incompleto esperimento del diritto pei fini della
ripartizione dello attivo; ma non può occasionare la
perdita di un diritto, quando è tuttora pos* sibile
esperirlo utilmente, quando nessuna decadenza è
tassativamente comminata al riguardo, e nulla fa
presumere la intenzione di avervi rinunziato.
107. *** Il diritto di contestare un privilegio od una
ipoteca spetta al curatore, nello interesse della massa, ed
ai singoli creditori» per le identiche ragioni esposte a
proposito delle contestazioni in genere dei crediti; trova
il suo fondamento nel legittimo interesse che l'uno e gli
altri hanno di non veder frustrata per illecite ed indebite
preferenze la legge dell' u-guaglianza.
In materia civile , la quistione di sapere se uno dei
creditori ha un privilegio è cosa indifferente pel debitore;
invano direbbesi che gl'interessa di essere liberato,
quando sono in cattivo stato i suoi affari, perchè egli non
è mai integralmente liberato ; cche uno dei creditori
riceve in più, per effetto dì un privilegio, gli altri lo
riceveranno in meno. Il debitore non ha dunque interesse
alcuno alle cause di-preferenza ; egli non può
intervenire, nel concorso dei creditori, per sostenere
l'esistenza di un privilegio, né per contestarla, perchè
non vi è azione senza interesse (1).
Non può dirsi lo stesso, in materia commerciale e nel
caso di fallimento; dappoiché mentre è dato al creditore
privilegiato od ipotecario di rinunziare espli-
(1) Laurent - Dir. Civ.. Voi. 29, pag, 269, n. 303.
-** 133 .
ertamente, o di far presumere di diritto la sua rinunzia
alla ragione di preferenza, che potea competergli {voto
nel concordato senza alcuna dichiarazione di limitata
rinuncia {art. 834) ), spetta anche al debitore fallito il
diritto di sorvegliare che non vadano accordate
preferenze, le quali, assottigliando il patrimonio caduto
in fallimento, rendano più difficile e più. onerosa la
conchiusione di un concordato.
108. — In quanto ai creditori ipotecarli, nella dottrina
e nella giurisprudenza, vivissima discussione si è agitata
sul se, in caso di fallimento, debbano essi chiedere la
verifica dei loro crediti, ancorché non intendano
concorrere nella massa chirografaria, ma semplicemente
di far valere i loro diritti nascenti dall'ipoteca.
Nel silenzio della legge, che, mentre fa obbligo al
curatore di presentare al giudice delegato l'elenco dei
creditori, che pretendono di aver diritto di pegno od
altro privilegio sopra i mobili, nulla dice dei creditori
privilegiati od ipotecarti sugli immobili, non può esser
lecita una interpetrazione onerosa per essi.
Furono per l'affermativa, cioè ritennero l'obbligo
della verificazione, Vidari(l), Calamandrei (2),Sraffa(3),
Bonelli (4) ed altri. Ramella (5) si limitò ad enunciare
le ragioni addotte per l'affermativa e per la negativa,
senza esprimere la sua opinione. Le Corti di
(1) Detto — op. cit., 8110, pag. 416. i(2)
Op. cit, 352.
(3) Detto — Diritto Commerciale VII. pag. 58.
(4) Detto — Eiv. It. per le scienze giuridiche VII. a. 2075.
(5) Op. cit. I. pag. 500, 501.
- 184 t_
Appello di Brescia (1) e di Torino (2) affermarono
l'obbligo; lo esclusero la Cassazione di Torino (3) e] le
Corti di Appello di Roma (4) e di Napoli (5).
109. La Corte Bresciana giudicò che i creditori del
fallito devono tutti indistintamente presentare la
dichiarazione dei loro crediti affinchè la verificazione
dei medesimi sia generale e definitiva, e che i creditori
con privilegio o ipoteca non sono esenti da tale obbligo,
imposto dall'art. 758 cod. comm. senza veruna
distinzione fra creditori chirografarii ed ipo-tecarii,
ricordando le disposizioni degli art. 760, 766, 776 e 834
dello stesso codice.
Aggiunse: « La verificazione poi deve essere defi-
nitiva, tocche ad evidenza si evince dal disposto dell'art.
765, con cui, all'intento di far cessare le incertezze
troppo lunghe sulla sorte dei crediti controversi e toglier
di mezzo l'impaccio che derivava al corso spedito e
sicuro delle ulteriori operazioni del fallimento dalla
facoltà accordata dagli art. 609, 610 del precedente
codice di commercio fu prescritto che
(1) Delta 11 Dicembre 1888, Cocher e. Schimd e. Stellini.
Foro It. 1889, I, 345.
(2) Detta 14 Ottobre 1892, Opere Pie di S, Paolo e. Banca
industria e commercio, Foro It., 1893, 170.
(3) Detta 28 Marzo 1893, Ivalli e. Banca Popolare di Acqui.
Foro It. 1893, I. 948.
(4) Detta 30 Luglio 1896. Banca Romana e. Ronchetti, Foro
It., 1896, I, 1285.
(5) Detta — 12 Maggio 1902. Voi pi celli e. Volpicelli, Mov. Giur.,
1902, 180. Vedi pure la pregevolissima nota dell'avv. Marchesini
alla citata sentenza della Corte di Roma, 30 luglio 1896.
-» 135 —
si facesse un unico cumulativo esame di tutte le con-
testazioni , e si risolvessero con una sola sentenza,
quand'anche rispetto ad uno o più crediti si dovessero
ordinare atti d'istruzione.
« .... È di supremo interesse per la massa dei cre
ditori chirografarii di verificare se i privilegi e le
ipoteche siano sussistenti e validi, perchè in forza
dei medesimi è sottratta ad essi una parte dei beni
del comune debitore ; e le incertezze sul se o non
sussistono i privilegi e le ipoteche rendono malagevo
le la formazione del concordato; imperocché è dal
l'attivo che rappresenta la massa dei beni disponibili
pei creditori chirografarii che costoro possono attin
gere i criterii per valutare sino a qual limite deb
bano acconsentire al pagamento ridotto dei loro cre
diti, e addivenire a queir accordo che è vivamente
raccomandato dall'art. 830 cod. comm. ».
E la Corte Torinese, ripetendo le medesime ragioni,
altre ne aggiunse, ma tali da non giustificare la rigorosa
soluzione data alla tesi.
« Vano è dire non esservi disposizione di legge la
quale stabilisca che il creditore, il quale non abbia
insinuato il suo credito, non è considerato come tale in
nessun effetto. La sanzione della conseguenza è insita
nella disposizione stessa che richiede come condizione,
perchè un creditore qualsiasi possa far valere i suoi
diritti sui beni del fallito, la dichiarazione e
verificazione del suo credito.
« È questa del resto una condizione comune a chiun-
que è obbligato a far valere le sue ragioni in giudizio.
Se per l'esercizio di codesto diritto la legge impone
l'osservanza di certe formalità e la giustificazione di
certi estremi, chi questi doveri trascura
- 136 —
potrà avere tutte*!e ragioni del mondo. ma « «0»
habet os ad loquendum->.
« Siffatta soluzione, oltreché dalla lettura della legge,
è poi imposta anche dallo spirito di questa. Checché
infatti si dica in contrario, le stesse ragioni per cui è
richiesta la verificazione dei crediti in generale
sussistono intere pei creditori ipotecarli in ispecie,
essendo impossibile negare sul serio che tanto i cre-
ditori ipotecarli muniti di ipoteca posteriore, quanto i
chirografarii, hanno tutto l'interesse a verificare e
conoscere se un credito vantato come ipotecario sus-
sista 0 non sussista, se la garanzia ipotecaria sia
valida 0 nulla, i primi per non vedersi indebitamente
postergati nella distribuzione del prezzo degl'immo-
bili, i secondi per impedire che i beni, sui quali si
pretende costituita l'ipoteca, siano illegalmente sot-
tratti alla loro azione, e che per di più il supposto
creditore ipotecario sia ammesso a sussidiariamente
concorrere su beni non soggetti ad ipoteca.
« Si fa infine una deplorevole confusione fra due
distinti stadii della procedura di fallimento, allorché
si obbietta che il menzionato suo interesse la massa
dei creditori può sempre farlo valere nel giudizio di
graduazione, nel quale necessariamente il creditore
ipotecario deve intervenire e proporre il suo credito,
se non vuol perdere gli effetti della sua ipoteca.
« Altri, infatti, sono, anche riguardo ai creditori
ipotecarli, gli scopi del giudizio di fallimento pro-
priamente detto ; altri quelli del giudizio di esecu-
zione. Compito del primo è di accertare e verificare
se un credito vantato come ipotecario realmente
sussista e sia munito dell'asserta garenzia, e ciò
tanto per la sua collocazione sul prezzo dell' im-
wn
- 137 -
mobile vincolato ad ipoteca, quanto per l' ammissione
sussidiaria nella massa chirografaria. Compito del
secondo è di fornire al creditore il mezzo di ottenere 1'
effettivo soddisfacimento del suo credito, se verificato
ed ammesso, nell' uno o nell' altro dei modi sopra
indicati. Diversi essendo gli scopi, ciascuna procedura
deve poterli conseguire da sé, senza che T una sia
costretta a svolgersi nel campo dell'altra.
« Laonde, conchiuse, nemmeno rinunziando ai suoi
diritti eventuali sulla massa chirografaria potrebbe il
creditore dispensarsi dal far verificare il proprio credito,
poiché anche il creditore chirografario ha interesse e
diritto ad impedire che il prezzo dei beni caduti nel
fallimento sia distratto in indebiti pagamenti ».
110. Alle considerazioni anzidette, qui riportate
ad Utteram perc più esatta e minuziosa possa ri-
sultarne la confutazione che andremo a fare, la Cas-
sazione di Torino oppose lo inesatto, o, quanto meno,
inopportuno richiamo alle disposizione degli art. 774,
758, 760, 767, 776 e 793 cod. di comm., e rilevò in
aggiunta:
« Non può aversi rinuncia a ragioni di privilegio o
d'ipoteca se non in modo espresso, salvo il solo caso di
rinuncia tacita o di diritto, prevista dall'art. 834 alinea
cod. comm. A nulla serve obbiettare che senza la
presentazione dei titoli per parte di ciascun creditore,
sia chirografario sia ipotecario o privilegiato, non possa
essere conosciuto ogni cespite di attivo o di passivo
anche per formulare una proposta di concordato,
giacché se può essere neces-
— 138 —
saria una precisa cognizione per i mobili o per i cre-j diti
chirografarii, Io stesso non è per gli stabili e per i crediti
ipotecari, dovendo quelli e questi risultare dal bilancio
per cui ebbe luogo il fallimento in confronto coi pubblici
registri di trascrizione e di iscrizione negli stati
ipotecaria le ipoteche si possono ritenere come
inesistenti o relative a crediti estinti, salvo quando sono
nulle per difetto sostanziale di forma, o siano perente o
cancellate.
« Anche la ragione della legge osta all'accoglimento
della tesi contraria, avvegnaché l'istituto del fallimento
non può confondersi col giudizio di subasta e di
graduazione sugli stabili, non potendo questo venire
paralizzato dalla procedura di fallimento; che anzi ben
possono e debbono coesistere, ove si consideri che nel
giudizio di graduazione possono concorrere creditori,
che tali non sieno verso il fallimento; e del resto la legge
vuole nel fallimento salvaguardare la eguaglianza di
trattamento tra i creditori, ma ciò può dirsi solo dei
crediti proposti in via chirografaria, mentre per i privile-
giati od ipotecarli diversa è la condizione dei singoli
creditori, dovendosi riguardare all'indole dei rispettivi
crediti ed alla data della rispettivaiscrizione. Oltreché
potendo anche concorrere, come si disse, al riparto del
prezzo degli stabili altri creditori per nulla interessati
alla procedura del fallimento, come quelli aventi ipoteca
contro precedenti proprietarii di beni, che fossero quindi
pervenuti a chi ebbe a fallire, ben vedesi che la
proposizione e verifica dei rispettivi crediti guarentiti da
iscrizione non può farsi che in uno speciale giudizio di
graduazione, nel quale soltanto stabilisce la legge
doversi pronunciare la
— 139 —
decadenza dei creditori tutti, non comparsi, dalle loro
ragioni, comunque anche di privilegio o di ipoteca, a
senso dell'art. 716 cod. proc. civ. ».
111. — Altre ragioni sono da aggiungere: a) appena
trascorsi dieci giorni dalla pronuncia-zione della
sentenza indicata nell'art. 765, (cioè quella sulle
contestazioni dei crediti), il curatore deve intraprendere
la vendita dei beni mobili ed immobili del fallito (art.
793), con apposita istanza davanti al tribunale, colle
formalità stabilite per la vendita dei beni dei minori ; e,
quante volte la espropriazione era incominciata prima
della sentenza dichiarativa del fallimento, deve
intervenire nel giudizio o chiedere di essere surrogato al
creditore istante nei casi preveduti dalla legge (art. 800-
801 Cod. Comm.).
Da ciò due considerazioni: la prima è che il curatore
o intraprendendo la vendita o surrogandosi allo istante è
messo in grado, per tempo, di conoscere lo stato
effettivo del patrimonio immobiliare del tallito,
appurare quali creditori appariscono iscritti ed il loro
grado di iscrizione per impugnare quelli che avesse a
credere nulli od annullabili e promuoverne analoga
azione; la seconda è, che nello spirito e nella sanzione
legislativa sta il concetto di non limitare assolutamente,
a fronte dello stato di fallimento, il diritto dei creditori
ipotecarii, lasciandoli pienamente liberi di proseguire a
propria istanza il giudizio di espropriazione, se già era
stato promosso.
Ora, facciamo proprio questa ipotesi di un creditore
ipotecario, istante nel giudizio di espropriazione, che
non si curi di far verificare il suo credito. Potrà mai
sostenersi che egli, per questo, sia incorso
- 140 —
nella decadenza che la Corte di Brescia e quella di
Torino affermarono?
b) Non è esatto che la verificazione deve essere
definitiva, o per lo meno occorre dare a questa parola un
significato relativo : « Definitiva » per gli effetti del-
riparto dello attivo liquidato, al momento in cui il riparto
debba seguire.
Come un creditore chirografario non avrà diritto
d'intervenire e di pretendere l'assegnazione della sua
quota, quando non abbia fatto venificare il suo credito e
non ne abbia ottenuta l'ammissione ; cosi un creditore
ipotecario non avrà diritto d'intervenire e pretendere di
essere collocato nei limiti di cui agli art. 776 e 779 Cod.
di Comm., se non siasi uniformato alle norme della
verificazione del credito; ma sempre riguardo alla massa
chirografaria, perchè negli art. 777 e 778 il legislatore si
riferisce a due ipotesi, di -concorso in essa e di
surrogazione di questa subordinatamente alla
collocazione conseguita nel giudizio ordinario di
graduazione.
e) Al certo è di supremo interesse per la massa dei
creditori chirografarii di verificare se i privilegi e le
ipoteche siano sussistenti e validi, perchè in forza dei
medesimi è sottratta ad essi una-parte dei beni del
comune debitore; eie incertezze sul se o non sussistano i
privilegi e le ipoteche rendono malagevole la
formazione del concordato. Ma che perciò ?
E forse vietato al curatore o ad uno qualsiasi dei
creditori di impugnare la validità di una iscrizione
ipotecaria anche se il creditore che ne apparisca in
possesso non curi di presentarsi in verifica. È forse
vietato di fare tale impugnativa anche in sede di
- 141 -
graduazione sul prezzo di vendita ? E non è forse, in
caso di concordato, imposto al curatore di presen-
tare all' adunanza una relazione scritta intorno allo stato
del fallimento, con che, s'intende, egli è tenuto
principalmente a riferire sullo stato reale attivo e passivo
e quindi anche intorno ai diritti di preferenza
indiscutibili, probabili o nulli che possono affacciarsi sul
patrimonio immobiliare del fallito ? I creditori
chirografarii non sono cosi chiamati anche a vagliare la
convenienza o meno della proposta di concordato in
rapporto all'esito probabile di un riparto giudiziale e del
concorso nella massa chirografaria dei creditori iscritti, e
del loro diritto di intervento sulle ripartizioni della
massa mobiliaret
Una cosa sola a noi pare indiscutibile, ed è che tanto
i creditori ipotecarli muniti di ipoteca posteriore, quanto
i chirografarii, hanno tutto l'interesse a verificare e
conoscere se un credito vantato come
I ipotecario sussista, se la garenzia ipotecaria sia valida o
nulla. Questo hanno diritto di verificare e conoscere nei
modi, con le forme e nella sede comune a tatti i creditori
del fallimento, chirografarii, privilegiati od ipoteearii,
che è la sede della verificazione dei crediti, espietata nel
periodo ordinario o tardivamente, 'innanzi al giudice
delegato od innanzi al Tribunale investito della
procedura di fallimento. Onde tragghiamo questa
conseguenza. I creditori ipoteearii di un fallito non
hanno obbligo di far verificare i loro crediti, se al
momento della definitiva collocazione sul prezzo
degl'immobili espropriati, possono giustificare che la
procedura di fallimento sia stata chiusa o sia cessato lo
stato di fallimento; che, ove la procedura sìa tuttora in
corso, la loro
- ut
collocazione dovsubordinarsi alla documentazione,
che il credito sia stato riconosciuto vero e reale e
valida la garenzia apparente della iscrizione, in sede
di fallimento. Riteniamo, cioè, che le due procedure,
del fallimento e della graduazione, procedano indipen-
dentemente l'una dall' altra; ma che quando le con-
seguenze della seconda si riversano sulla prima, in
quanto la collocazione sul prezzo conseguita da un
creditore ipotecario può influire nelle ripartizioni tut-
tora possibili della massa chirografaria, sia da im-
porre al creditore ipotecario l'obbligo di dimostrare
l'ottenuto accertamento del credito in sede di veri-
ficazione. E ci conforta in tale opinione il preciso
disposto dell'art. 1993 Cod. Civ.; pel quale « la vo-
litata e l'efficacia delle ipoteche e delle iscrizioni sui
leni di un debitore fallito sono regolate dalle leggi
commerciali > . che, per quanto esponemmo dianzi,
impongono in caso di faliimento lo accertamento dei
crediti e delle relative ragioni di preferenza con le
norme e le forme speciali della verificazione a con-
fronto non dei soli creditori iscritti ma della massa
(rappresentata dal curatore), dei singoli creditori, ed
innanzi al magistrato investito della procedura del
fallimento.
112. Avvertimmo, che i diritti dei creditori pri-
vilegiati differiscono a seconda che il privilegio è
sui beni mobili e sugl'immobili, e come siano rego-
lati dal nostro codice di commercio in due apposite
sezioni (n. 105). Esaminiamole , incominciando, se-
condo 1* ordine tenuto dal legislatore, dai creditori con
pegno.
- 143 -
Il contratto di pegno deve, come prima condizionedi
efficacia rispetto agli altri creditori del fallito, essere
costituito e risultare a norma delle disposizioni degli art.
454, 455 Codice di commercio. Invocandosene la
efficacia rispetto alla massa, deve essere provato per
iscritto, avere data certa, ed essere immune di ogni causa
di nullità o di presunzione di frode. Il credito garentito
dal pegno deve essere dichiarato in sede di verifica e
risultare ammesso al passivo.
Quando tutto ciò sia, può discendersi a regolare i
rapporti derivanti dal pegno; ossia, può venirsi al
regolamento delle azioni che, in forza del diritto ri-
conosciuto a fronte della massa del fallimento, spettano
al creditore garentito dal pegno.
È regola di diritto comune, conforme al concetto
sostanziale dell'istituto giuridico, che il debitore non può
pretendere la restituzione del pegno, se non dopo di
avere interamente pagato il capitale, gl'interessi e le
spese del debito per la sicurezza del quale è stato dato il
pegno {art. 1888 Cod. Civ.). A questa regola, furono,
pei fini del fallimento, aggiunte due clausole, e si
prescrisse che il curatore può in ogni tempo, coli'
autorizzazione del giudice delegato, riscattare a profitto
del fallimento la cosa data a pegno, pagando il creditore
(art, 772): A) In ogni tempo, perchè può riuscire
vantaggioso sia per arrestare il corso degli interessi (art.
700), sia per approfittare di un'occasione favorevole che
si presentasse per alienare il pegno, o per usufruirne nel
commercio del fallito di cui fosse permessa la
continuazione, sia infine per evitare che l'oggetto del
pegno venga venduto dal creditore in condizioni
sfavorevoli cosi da non bastare a coprire il credito,
quantunque ne ec-
144
ceda il valore; B) a seguito di autorizzazione del
giudice delegato, onde una maggiore cautela ne ve-
nisse ai creditori del fallimento per l'intervento del
magistrato.
Il giudice delegato può anche far ordinare la ven-
dita del pegno, ai pubblici incanti, né il creditore può
opporsi, fuorché rinunciando al diritto di ottenere il
pagamento del suo credito sui beni non vincolati al
pegno. Questa rinuncia si giustifica agevolmente,
dappoiché il creditore, per tutelare il proprio interesse
a suo modo, ostacola la gara di un pubblico incanto e
toglie alla massa il vantaggio del maggior prezzo che
da un simile esperimento essa p attendersi. Venduto
però il pegno sia ai pubblici incanti, sia dal creditore
con le norme di cui agii art. 458, 363 e 68 Ood. di
Comm., quante volte se ne abbia un prezzo maggiore
del credito, il Testo appartiene all'attivo del
fallimento.
113. Richiamando le disposizioni del Codice Ci-
vile intorno ai privilegi sopra i mobili, una prima
modificazione apportò il legislatore in riguardo ai
salariati. Parificò il salario dovuto agli operai, im-
piegati direttamente dal fallito durante il mese che
ha preceduto la dichiarazione del fallimento, inquanto
al grado di privilegio, ai salariì dovuti alle persone
di servizio. Però mentre queste sono ammesse al pri-
vilegio per gli ùltimi sei mesi di servizio (art. 1956
n: 4 Cod. Civ.), limitò il privilegio stesso per gli
operai impiegati dal fallito al solo salario spettante
pel mese precedente alla dichiarazione del fallimento,
e ciò per ragioni di assoluta praticità.
— 145 —
Come ben rileva Vidari (1) « la gente diservizio,
convivendo col padrone, può aver fatto maggiormente a
fidanza su di lui, e quindi avergli accordato credito per
un tempo anche abbastanza lungo, assicu-l rato come
essa ha l'alloggio ed il vitto (di solito) nella casa
padronale; mentre, invece, le altre persone che aiutano il
principale nell'esercizio del suo stabilimento non
possono attendere a lungo di essere pagate, epperò di
rado accade che esse sieno molto in arretrato per
riscossione di salarii. D'altronde, il salario dovuto alla
gente di servizio non può, nella maggiore ipotesi, che
sommare a qualche centinaia o migliaia di lire ; laddove
i salarii dovuti agli o-perai, massime nei grandi
stabilimenti , possono sommare in breve tempo a somme
assai rilevanti. Anzi, aggiungiamo, è costante oramai
l'uso che gli operai ricevano i loro salarii a settimana od
al più a quindicina, e non può supporsi che, non soddi-
sfatti, siano rimasti a prestare gratuitamente l'opera loro,
senza reclamare il pagamento per l'opera prestata.
Per gl'institori ed i commessi, il salario, (e bisogna
intendere « tutto cche è promesso come corrispettivo
della prestata opera : stipendio, provvigione, indennità
ecc.) fu dichiarato privilegiato per i sei mesi che hanno
preceduto la dichiarazione di fallimento.
114. Un dubbio è a fare in proposito. La disposizione
legislativa parla del mese e dei sei mesi che hanno
preceduto la dichiarazione di fallimento. Può
(1) Yidart: op. cifc., 8214.
11
— 146 —
accadere che un operaio, un commesso od un insti-tore
non pagato del salario dal padrone o principale, pel
tempo anzidetto, sia costretto ad allontanarsi dallo
stabilimento o dall' azienda ed a promuovere magari una
lite per riscuotere il suo avere. Frattanto il fallimento del
padrone, o principale, sarà stato dichiarato oltre un mese
o sei mesi dacché si verificò il mancato pagamento.
Perderà l'operaio, il commesso o l'istitore il suo
privilegio?
L'art. 1956 Cod. Civ., richiamato nel n. 1 dell'art. 773
Cod. di Comm. parla solo degli ultimi sei mesi, e questi
vanno intesi per quelli che dalla cessazione della
prestazione d'opera risalgono fino al maggior termine
per cui è accordato privilegio. Se dovesse letteralmente
essere interpetrata la parola del citato art. 773
sembrerebbe che una restrizione per nulla giustificabile
siasi dettata; ma noi riteniamo, invece, che debbasi
nell'applicazione prescegliere una inter-petrazione più
larga e più logica del pensiero del legislatore, che non fa
forse preciso nella sua espressione.
Quante volte l'operaio, il commesso e l'istitore pre-
stava ancora l'opera sua al momento della dichiarazione
del fallimento, da questa data occorre risalire nel
computo del salario per cui spetta il privilegio: quante
volte invece la prestazione dell'opera era cessata
anteriormente alla dichiarazione del fallimento, occorre
risalire dall'epoca della cessazione della prestazione
stessa, salvo il caso non sia incorsa prescrizione (1).
(1) Contro: Ctmeri. Op. cit., 486. pag. 318.
- 14*7 -
115. Una seconda modificazione tocca il privi-
legio concesso al locatore di immobili al fallito.
« Il privilegio del locatore indicato nel n. del-
l'art. 1958 Cod. Civ., non si estende alle merci
uscite dai magazzini o dai luoghi di esercizio com-
merciale o industriale del conduttore, allorché su di
esse i terzi abbiano acquistato diritto, salvo il caso
di sottrazione fraudolenta ».
Per tassativa disposizione del capoverso dell'in-
dicato n3.° dell'art. 1958 Cod. Civ. il privilegio del
locatore persegue i mobili su cui cade il privilegio,
qualora dalla casa o dal fondo locato siano stati traspor-
tati altrove senza il suo assenso, e si conserva sopra
essi, purché ne abbia promossa l'azione nel termine di
quaranta giorni dal trasporto, se si tratta dei mobili
di cui era fornito il fondo rustico , o nel termine di
giorni quindici, se si tratta dei mobili di cui era
fornita la casa.
Tale privilegio è giustificato dal fatto, che l'inqui-
lino è tenuto a fornire la casa di mobili sufficienti, e
l'affittuario di un fondo rustico del bestiame e degli
strumenti necessarii alla coltivazione, onde offrire al
locatore una reale garenzia, un pegno, quasi, di] cui
si presume l'appartenenza all'inquilino od affittuario.
Ciò non era possibile per un' azienda commer-
ciale, dovendosi ammettere invece per l'indole stes-
sa della locazione fatta ad un commerciante, che le
cose introdotte nei suoi magazzini, luoghi di
deposito ecc, fossero destinate a quel continuo e ver-
tiginoso movimento di entrata ed uscita, che costi-
tuisce la forza e la vita di ogni azienda commerciale.
E non era possibile perchè, a differenza di quanto
148 —
può accadere tra privati, le contrattazioni commer-
ciali seguono il più delle volte tra persone che, senza
punto conoscere il venditore o senza che della sua
condizione abbiano a prender conto, comprano in
buona fede, versando il prezzo alla consegna delle
merci, senza ripeterne alcun documento di quietanza.
Perciò volle il legislatore offrire, più che altro, ga-
renzia a questa buona fede, e limi il privilegio esclu-
dendolo sulle cose che realmente e materialmente
fossero uscite dai magazzini o dai luoghi di esercizio
commerciale o industriale del conduttore allorcsu
di esse i terzi abbiano acquistato diritto.
116. L'art. 703 Codice di Comm. stabilisce che
se il fallito sia conduttore di immobili per i bisogni
del suo commercio, ed il contratto debba continuare
tre anni (o più, s'intende) dalla data della dichiara-
zione del fallimento, la massa dei creditori ha fa-
coltà di chiederne lo scioglimento mediante il paga-
mento di un giusto compenso.
Poiché qui trattasi di una restrizione al diritto del
locatore e di un giusto compenso dovuto dalla massa
dei creditori, sarebbe stato inutile parlare di privi-
legio, quando, più che vantare una ragione di credito
contro il conduttore fallito, il locatore trovasi creditore
della massa per un compenso dovutogli come corri-
spettivo dello esercizio di un diritto ad essa spettante.
Ad ogni modo il legislatore volle evitare ogni dubbia
interpetrazione, ed aggiunse al n. 2 del citato art.
778 : « il privilegio ha luogo anche per il compenso
dovuto al locatore secondo le disposizioni dell'art.
703.
149
117. — Salvo le limitazioni stabilite negli art. 702
e 778 Cod. di Comm., il locatore può esercitare il
suo privilegio sulle cose poste nei locali tenuti in
fitto dal fallito e destinati da lui all'esercizio com-
merciale, [magazzini di vendita, depositi, lavorazione
ecc.). che vi si trovano al momento della dichiara-
zione del fallimento, o che vi si fossero introdotte
anche dopo (1). E, quante volte non agisca unica-
mente per far accertare il proprio credito, 1' azione
per risoluzione del contratto, sfratto , risarcimento di
danni ecc., può bene proporla mediante citazione
diretta al curatore del fallimento, senza bisogno di
seguire la speciale procedura stabilita per la
verificazione dei crediti dagli art. 758 eseg. Cod. di
Comm. (2). Per l'art. 702 dello stesso codice è de-
terminato un termine di rispetto di 30 giorni, prima
della decorrenza del quale il locatore non può pro-
cedere agli atti esecutivi sui mobili che servono al
commercio del fallito, ma è concesso al proprietario
di chiedere nel frattempo provvedimenti conservativi;
donde consegue che la controversia per conferma di
sequestro non deve attendere la chiusura del verbale
di verìfica dei crediti per essere decisa, epperò
basterà farla risolvere col procedimento ordinario in
contraddittorio.
118. Un nuovo privilegio venne infine ricono-
sciuto per il prezzo non pagato delle macchine d'im-
portante- valore impiegate negli esercizii d'industria
(1) C. Roma — 18 Gennaio 1893. Poggioli e Marametto. Foro It.,
1893, I, 180.
(2) A. Milano 7 luglio 1894. Gomp. ass. Milano o. Marini. Foro
llt., 1894, I, 1016.
— 150 —
manifatturiera od agricola sulle macchine Tendale e
consegnate a] fallito nei tee anni precedenti alla di-
chiarazione di fallimento, ancorché direnate Immobili
per destinazione.
La disposizione venne tolta dal codice belga, con
qualche variante, da due portando a tre anni il ter-
mine della consegna delle macchine, ed accordando il
privilegio non per le sole macchine ed apparecchi
impiegati negli stabilimenti industriali, ma per tutte
le macchine d'importante valore impiegate negli
esereizsi d'industria manifatturiera od agricola.
«... ..,.,. la estensione sempre maggiore che va
prendendo l'applicazione delle macchine all'industria
manufattrice, osserva Vidari {1)„ richiedeva che la
condizione dei fornitori e dei fabbricanti di tali istru-
menti, i quali rappresentano talvolta ingenti somme,
fosse presa in ispeciale considerazione; imperocché
essi trovatisi bene spesso nella necessita di concedere
ai compratori lunghe dilazioni al pagamento del
prezzo, per causa della condizione sempre quasi ap-
posta, cioè che la macchina in esercizio funzioni re-
golarmente per un certo tempo. In tale stato di cose
era evidente il pericolo che, fallito fl compratore. II
venditore fosse costretto a vedere gli altri creditori
pagarsi a suo pregiudizio sul prezzo di queUe
macchine non ancora statogli pagato, sebbene esse
costituiscano il valore principale, anziché un valore
accessorio, dello stabilimento del debitore ».
Aggiungi, diciamo noi, che le macchine rappre-
sentano nelle industrie in genere una forza prodot-
ti) AOft- — of. est, voL TID, S23GI 483.
- 151 -
tiva condensata, una massa di attività iniziale che si
espande e produce mercè il lavoro e la direzione in una
lunga serie di anni.
L'industriale che alla mano d'opera sostituisce il la-
voro delle macchine, se da un lato riesce a produrre in
maggiore quantità ed a minor prezzo, immobilizza an-
ticipatamente nel valore delle macchine una parte di ciò
che man mano avrebbe dovuto corrispondere per mano
d'opera. Ora, senza larghe facilitazioni pel pagamento, a
lungo termine, ogn' industriale dovrebbe essere in grado
di poter ammortizzare od anticipare un capitale, che
assai più gli è necessario tenere a disposizione per le
operazioni della sua azienda; e senza speciali garenzie ai
venditori delle macchine questi non potrebbero esporsi a
vendere a condizioni di pagamento a lungo termine,
quando in tutte le altre operazioni commerciali il tempo
è tenuto in conto di danaro, e rapidamente in pochi mesi
si sostituiscono ai primi creditori di un commerciante, i
secondi, i terzi, ecc., ciascuno giovandosi della forza
apportata all'azienda da chi lo segui fiducioso nell'
accordare il credito, per rimanere poi vittima di un
graduale ed invadente disagio economico.
Giustissima quindi, e conforme al bisogno della
nuova vita industriale è la disposizione del vigente
codice di commercio, che opportunamente venne
peraltro circondata di varie norme a garenzia dei diritti
dei terzi.
119. Le macchine vendute devono, anzitutto, es-
sere di importante valore.
Per la efficacia del privilegio non è necessario che
dal documento di vendita apparisca la specifica desi-
— 152 -
gnazione delle macchine fornito, bastando che appa-
risca esclusa ogni incertezza circa gli apparecchi ed i
meccanismi provveduti (1), ed estendendosi il pri-
vilegio a tutti gli accessorii, arnesi e strumenti ne-
cessari per farli agire (2).
Ma come si faa determinare l'importante valore ?
Certo, mancando ogni norma nella espressione della
legge, è il magistrato che resta arbitro a giudicarne, e
dovrà egli tener a conto non sololl valore intrinseco
delle macchine cui si reclami il prezzo, ma la
importanza dell'azienda cui esse erano destinate e
l'ufficio che erano chiamate a compiere. Dovrà cioè il
magistrato tenere a calcolo, a fronte della importanza
dell'azienda.* la quantità di lavoro-che la macchina
era in grado di compiere ed il tempo necessario
perchè il suo valore fosse coperto dal prezzo di tanta
mano d'opera che, senza di essa, il debitore avrebbe
dovuto erogare. Saranno pe questi sempre criterii
approssimativi, e certo meglio sarebbe stato se
nessuna distinzione fosse stata fatta, lasciandosi
libera la costituzione di un tal privilegio.
120. Una importante quistione si è dibattuta sol
se sussista il privilegio quando le macchine non siano
dall'acquirente destinate all'esercizio -di una propria
industria, ma siano state acquistate per poi noleg-
giarle o per rivenderle.
Lo escluse la Corte di Appello di Torino (1) per lo
acquisto fattone a scopo di rivendita, notando che
(1) A. Genova 12 Aprile 1889. Leone e. B Soo. di Oneglia.
Filangieri, 1889, 509.
(2) Pùfert —op. cit, Vili, 8223. pag. 485.
— 158 —
ove avesse il legislatore voluto ciò, a vece di scrir-vere
nello art. "773, che il privilegio riguarda le macchine
impiegate negli esercizi! d'industria manifatturiera ed
agricola, vi avrebbe scritto che il privilegio riguarda le
macchine destinate ad un uso industriale od agricolo. Ed
è così, perchè, a chi facesse obbietto del suo commercio
la compra-vendita di macchine industriali ed agricole,
verrebbe a mancare quella ragione che è il fondamento
del privilegio, rappresentando per lui le macchine non il
mezzo più facile, e più produttivamente economico; ma
la merce stessa prodotta, e rientrerebbe nella categoria
ordinaria di tutte le compre-vendite commerciali.
Questa decisione fu confermata dalla Cassazione di
Torino (2), ed in grado di rinvio dalla Corte di Appello
di Casale (3), le quali però non credettero di doversi
escludere il privilegio quando lo acquisto delle
macchine sia stato fatto per locarle a terzi ad uso di
industria, rilevando entrambe che per dar vita al
privilegio la caratteristica costante deve essere la
circostanza per cui le macchine, sebbene usate qua e
colà, anche da altri, tuttavia siano sempre di chi le ha
comprate dal fornitore. E la Corte di Casale aggiunse:
« L'esercizio delle macchine relativamente ai lavori dei
campi costituisce l'industria agricola, e questa
comprende le diverse manifestazioni dell'attività umana
dirette all'impiego delle macchine, speculando
sull'impiego stesso; onde anche il noleggio delle mac
chine può costituire industria, a senso del citato arti)
Detta 2 Giugno 1889. Riva-Monneret e. Scarlenghe-Fi-
langieri, 1900, 67.
(2) Detta — 3 Marao 1900. D.
a
e. D.
B
Foro It., 1900, I, 619
(3) Detta 6 Novembre 1900, D.» e. D* Foro Iti., 1901, I.M80.
— 154 —
ticolo, sebbene tale industria sia effettivamente da altri
esercitata, come non vien meno il carattere conij
merciale di impresa di forniture se questa viene sub-
locata ».
121. Parlandosi di privilegio, è chiaro che si
suppone non essere stato il prezzo, in tutto o in parte,
pagato; perchè, se non esiste il credito non è possibile far
quistione di privilegio, e questo è sempre limitato a quel
tanto di cui il venditore delle macchine non sia stato
soddisfatto al momento della dichiarazione del
fallimento.
Accade sovente che, pur accordandosi una lunga
dilazione per il pagamento del prezzo, questo viene
regolato con cambiali, e spesso, per comodità di gira del
venditore, con cambiali rinnovabili in parte a ciascuna
scadenza.
La Corte di Cassazione di Torino fi) e la Corte di
Genova (2), e conformemente Vidari (3), ritennero che il
fatto del regolamento cambiario del prezzo non induce
novazione, e che d'altra parte, fallito il debitore, il
creditore non ha altri a cui rivolgersi per il pagamento, e
che la cambiale, per sé, non è un pagamento ma soltanto
una promessa di pagamento.
Lo stesso Vidari fece però una distinzione:
« 0 la cambiale non porta altra firma che quella del
traente o dell'emittente fallito, e il venditore ha diritto al
privilegio, perchè, fallito il debitore, il cre-
(1) C. Torino —58 Gennaio 1890. B. Soe. di Oneglia e. Berio.
Foro lt., 1890, I, 300.
(2) A. Genova-— 12 Aprile 1889.
• (3) Detto — op. cit. Vili, 8224. pag. 487.
— 155 -
ditore non ha altri a cui rivolgersi per il pagamento... 0 la
cambiale, oltreché quella del traente o dell'emittente,
porta firme di accettanti, giranti, avallanti, ecc. ; e il
venditore non ha diritto al privilegio, se prima non provi
di avere sperimentata invano 1' a-zione per il pagamento
contro codesti accettanti, giranti, avallanti, ecc., perchè
egli non può dire di non essere pagato., se prima non
siasi rivolto invano a tutti quelli da cui ha diritto di
essere pagato ». S
Al che non crediamo di aderire, dovendosi ben
distinguere la differente posizione in cui si trove-
rebbero, a fronte del creditore, gli altri accettanti, i
giranti, gli avallanti, ecc., pei quali non può farsi uguale
trattamento.
Se alla firma del debitore fallito sono unite altre firme
di coobbligati diretti, ove il creditore avesse a rivolgere
la sua azione contro di loro, ed essi avessero a pagare,
non può negarsi che acquisterebbero il diritto a farsi
rivalere nel fallimento della parte del debito ricadente a
carico del fallito. Se vi sono firme di gira, l'azione
contro i giranti ed il pagamento eseguitone da costoro, li
surroga in tutte le azioni e diritti contro il sottoscrittore:
se* vi è avallo, il datore di esso che paga è surrogato nei
diritti del possessore verso la persona per la quale fu
dato.
Ora, costringere il possessore ad esercitare prima la
sua azione contro gli altri coobbligati varrebbe solo a
differire od a far passare in altri il diritto di privilegio
sul macchinario, senza arrecare alcun vantaggio alla
massa, anzi tenendone sospeso lo accertamento.
D'altra parte, poiché il possessore della cambiale non
pagata alla scadenza può esercitare l'azione cam-
156
Maria contro alcuno degli obbligati o contro un solo
di essi, Renza perdere il diritto verso degli altri; poic
i creditori conservano la loro azione per l'intiero loro
credito contro i coobbligati o i fideiussori del fallito,]
ancorché questi abbia ottenuto un concordato ed essi
vi abbiano volontariamente consentito, a noi pare che
nulla possa costringere un creditore, privilegiato, per
il prezzo di macchine di importante valore, a dover
prima perseguire gli altri coobbligati quando egli è
libero di avvalersi di quella garenzia che, a suo cri-
terio, più facilmente può assicurargli il recupero del
proprio credito.
122. Il privilegio è assegnato sulle macchine
vendute e consegnate al fallito nei tre anni prece-
denti alla dichiarazione di fallimento, ancorché dive-
nute immobili per destinazione. Esso non ha effetto,
se il venditore non abbia, entro tre mesi dalla con-
segna delle macchine nel Regno , fatto trascrivere il
documento, da cui risulti la vendita ed il credito, in
un registro speciale e pubblico, che deve essere
tenuto nella cancelleria del tribunale.
Le macchine devono essere non solo vendute, ma
consegnate al fallito : devono perciò essere passate
nel pieno possesso e dominio del debitore e trovarsi
in grado di funzionamento.
Quante volte esse, che il più delle volte si com-
pongono di varii pezzi e che richiedono uno speciale
montaggio, non si trovassero ancora messe in grado
di poter- funzionare, la consegna non pdirsi nem-
meno seguita, o per lo meno completa, ed è allora il
caso non del privilegio, ma della revindicazione da
parte del venditore.
— 157 —
E nemmeno basta. Entro tre mési dalla consegna al
compratore nel Regno, vuole la legge che il venditore
faccia trascrivere il documento, da cui risulti la vendita
ed il credito, nel registro speciale di cui già facemmo
parola.
Questa trascrizione serve per stabilire esattamente di
fronte ai terzi la portata del privilegio competente al
venditore; per fissare l'epoca di decorso del privilegio ;
ed è affidata ad un pubblico ufficio, onde della sincerità
e verità di essa sia responsabile e tutti possano, in ogni
tempo, rendersene edotti.
Mancando la trascrizione, o non eseguita nel termine
fissato, non è assolutamente a parlarsi di privilegio.
123. — Accertato il credito di ciascuna delle persone,
e per qualsiasi delle suindicate causali, si determina
quanto è ad esse dovuto con privilegio e sul prezzo di
quali mobili facienti parte del patrimonio caduto in
fallimento. Ma può bene accadere o che il prezzo
ricavato dalla vendita non sia sufficiente al pagamento
integrale dei crediti privilegiati o che alcuno di questi
resti in tutto od in parte incapiente nel concorso tra gli
stessi creditori privilegiati, secondo il grado e la natura
del privilegio.
Resta in tale ipotesi un credito allo scoperto, che
naturalmente va ad accrescere la massa passiva del
fallimento.
Quante volte altre attività restano a distribuirsi,
questi -creditori, divenuti chirografarii per la parte del
loro credito non più garentita dal privilegio, è naturale
che partecipino alle ulteriori distribuzioni in
proporzione di quanto loro rimane dovuto; ma
— 158 —
non sarebbe giusto opportuno farli riandare sulle già
eseguite ripartizioni tra i chirografarii, quando essi per
godere del diritto di preferenza reputarono, sia pure
ingannandosi, che meglio valesse non rinunciare al
privilegio.
124. In quanto ai creditori ipotecarii, è data loro
facoltà di concorrere in proporzione dell'intiero loro
credito nelle ripartizioni del prezzo dei beni mobili che
avessero luogo prima della distribuzione del prezzo
degl'immobili. Sempre però questa facoltà è subordinata
al fatto, che i creditori ipotecarii abbiano già verificati i
loro crediti e ne abbiano riportata l'ammissione al
passivo.
In tal modo, non si volle fare ai creditori ipotecarii una
condizione d'inferiorità ai creditori chirografarii, ma si
notò subito che nemmeno dovesse il loro intervento
pregiudicare i chirografarii a vantaggio degli altri
creditori ipotecarii, che pel grado della loro iscrizione
non avrebbero trovata capienza sul prezzo
degl'immobili, se altrimenti fosse seguito»
Conseguentemente si fissarono le norme di cui appresso
:
a) I creditori privilegiati o ipotecarii, che dopo la
vendita degl' immobili sono definitivamente collocati
sul prezzo in grado utile per la totalità dei loro crediti (in
capitale, interessi e spese), non ricevono la quota di
prezzo loro assegnata che fatta deduzione delle somme
da essi ricevute nelle ripartizioni della massa
chirografaria. Ed è naturale, perchè avendo già in queste
ricevuta una parte del loro credito verrebbero ad esigere
altrimenti piti di quanto sarebbe loro dovuto.
- 159 -
Le somme detratte non rimangono agli altri creditori
ipotecarli, ma sono devolute alla massa chirografaria e
in essa distribuite. Anche ciò è ben chiaro, perchè
altrimenti i creditori ipotecarii o privilegiati si
avvantaggierebbero di quel tanto che i creditori, aventi
un più antico grado d'iscrizione od un privilegio
preferibile al loro, avrebbero ottenuto nella ripartizione
della massa chirografaria.
b) I creditori privilegiati o ipotecarii collocati sul
prezzo degl'immobili soltanto per una parte dei l-oro
crediti, restano per il dippiù non collocato tra i
chirografarii ed hanno perciò diritto a concorrere con
questi nelle ripartizioni della massa in proporzione delle
somme delle quali sono rimasti creditori dopo la
collocazione.
Benvero, se già erano concorsi in una o più ripar-
tizioni del prezzo dei beni mobili ed aveano ricevuta una
parte in proporzione del loro credito, questi creditori ne
avrebbero ricevuto sempre un vantaggio, perchè la
porzione esatta sulla massa chirografaria sarebbe venuta
ad estinguere fino alla concorrente quantità la loro
ragione di credito, lasciandoli poscia a concorrere nelle
ulteriori ripartizioni tra i chirografarii per la residua
parte del credito, detrattane la porzione collocata in
graduazione e quella già ottenuta nelle antecedenti
ripartizioni,
Ci spieghiamo più chiaramente con un esempio.
Tizio è creditore ipotecario di lire 1000; concorre in
una ripartizione del prezzo dei beni mobili e riceve un
riparto di lire 100; concorre sul prezzo degl'immobili
ipotecati e trova posto per sole lire 400; dunque egli
nelle successive ripartizioni della massa chi-
160 —
rografaria avrà diritto a concorrere in proporzione delle
residuali lire 500.
No. L'ipoteca era efficace-in quanto gli permetteva una
capienza di sole lire 400; dunque il suo credito da
opporre alla massa chirografaria era di lire 600. Egli
concorse già in altre ripartizioni ed ebbe la sua porzione
in lire 100, dunque in seguito avrà diritto di concorrere
per lire 600 e dalla porzione che gli sarebbe spettata e
cbe gli spetta concorrendo, prima e dopo, nelle
ripartizioni della massa chirografaria, dovrà sottrarre le
lire 100 cbe già prima avea ricevute. e) In ultimo, se i
creditori ipotecarii o privilegiati non sono collocati in
grado utile o non sono intieramente soddisfatti sul prezzo
degl'immobili, è conseguenza indiscutibile che abbiano a
partecipare come chirografarii sella distribuzione del
resto dello attivo in proporzione di quanto rimane loro
dovuto.
125. In qualsiasi caso è da avvertire che, mentre in
graduazione un creditore ipotecario può chiedere di
essere collocato anche per gl'interessi che siano garentiti
da ipoteca, nel caso di incapienza, il credito in
proporzione del quale egli potrà concorrere sulla massa
chirografaria sarà quello del solo capitale, a norma
dell'art. 700 Codice di Commercio. Egli non potrà mai
pretendere che, rispetto alla massa dei creditori, non sia
stato sospeso il corso degl' interessi dalla sentenza
dichiarativa del fallimento, sol perchè il credito era
apparentemente garantito con ipoteca, con pegno od altro
privilegio, mentre in sostanza il pegno, l'ipoteca od il
privilegio non aveano alcuna sostanza effettiva e non
garenti-vano in realtà nemmeno il credito.
CAPO IV.
COOBBLIGÀTI E FIDEIUSSORI NELLO STATO DI FALLIMENTO
(126). I VARII 8ISTEMI LEGISLATIVI E QUELLO ADOTTATO
DAL VIGENTE CODICE DI COMMERCIO (127— 130). I DIRITTI
DEL CREDITORE VERSO I COOBBLIUATI, E QUELLI TRA
COSTORO (131-134). IL VOTO NEL CONCORDATO (135-138).
126. Nelle obbligazioni commerciali i condebitori
si presumono tenuti in solido, se non vi è convenzione
contraria; e la stessa presunzione ha luogo per il
fideiussore, anche non commerciante, che guarentisce
un'obbligazione commerciale (art. 40 C'od. \ di Ooiiim.).
La solidariecostituisce cosi in materia commerciale la
regola costante, all'inverso di quanto è in materia civile,
ove è richiesta la" espressa stipulazione e non si ammette
presunzione di sorta. {art. 1188 Ood. Cir.).
Da questa solidarietà ammessa nei debitori, pel di-
sposto degli art. 1186 e 1189 Cod. Civ., deriva che un
creditore commerciale di più debitori solidali, di uno o
più debitori e di un fideiussore, può costringere
ciascuno al pagamento per la totalità, rivolgendosi
contro uno a sua scelta, senza che possa opporglisi il
benefizio della divisione; ed il pagamento eseguito da
un solo libera gli altri verso il creditore.
Nello stato ordinario è così; ma nella ipotesi di in-
solvènza di uno e di tutti i coobbligati, e della con-
seguente dichiarazione di fallimento dell'uno e degli
12
— 162 —
altri, come andranno regolati i rapporti tra il creditore ed
i varii coobbligati," e tra costoro ? È ciò di speciale
importanza; onde il codice di commercio regola
l'interessante materia in apposita Sezione (Zi-
1
òro III, Tit.
Ili, Sei. IV, art. 788-792, così come era già nel precedente
codice del 1865 {Libro III, Tit. I, Capo VI. .%-. /. art.
656-660).
127. A fronte della eccezionale condizione del
fallimento s'impose dapprima il criterio di non rendere
gravosa la condizione dei coobbligati, e si pre- I scelse di
limitare piuttosto il diritto del creditore, sembrando
ingiusto che un coobbligato o fideiussore avesse a
trovarsi esposto all'azione del creditore, senza speranza di
potersi giovare di quanto il condebitore o garentito avesse
pagato. e di rivalersi contro l'uno o l'altro di quanto fosse
stato costretto a pagare.
Ne derivò un primo sistema consacrato nella Or-
dinanza Francese del 1673, per cui un creditore, a a
fronte di più debitori solidali in istato di fallimento, avea
la scelta di intervenire in quello dei fallimenti dei
coobbligati, nel quale sperava ottenere una più alta
percentuale di riparto, rinunziando però al diritto
d'intervenire negli altri fallimenti. Donde una manifesta
ingiustizia: costringendosi un creditore a rinunziare ai
suoi diritti verso alcuni dei coobbligati, si distruggeva il
concetto della solidarietà, si aggravava la condizione di
quello tra i coobbligati che più vantaggiosa potesse
presentare ancora la sua posizione economica, mentre si
avvantaggiavano gl'interessi dei creditori dei coobbligati
il di cui stato d'insolvenza fosse più disastroso.
- 163 -
A prima vista un criterio di tutela del pubblico
interesse parrebbe vincesse la ingiustizia nei riguardi dei
coobbligati e del creditore singolo; perchè, con tale
sistema, si venivano a migliorare le sorti dei creditori
nei fallimenti più disastrosi; e fra più persone, colpite in
diversi dissesti, si venivano a compensare fra loro
indirettamente le perdite. Questa parvenza di un esatto
criterio economico di pubblica tutela, veniva però vinta
dal danno che si arrecava al debitore in istato di minore
insolvenza, il quale meritar dovea una maggiore
protezione più che un aggravamento di oneri.
128. La evidenza tali ragioni s'impose, ed un
secondo sistema fu consacrato in Francia nel 1106 da
un arresto del Parlamento di Parigi. Al creditore di più
obbligati solidali fu riconosciuto il diritto di concorrere
in tutti i fallimenti, a condizione che in ciascuno avesse
a dedurre quanto gli fosse toccato nelle ripartizioni già
seguite negli altri fallimenti.
Neppure questo sistema riusciva a conciliare il
rispetto dovuto ai diritti del creditore con gl'interessi dei
varii coobbligati tra loro.
Il fallimento del primo tra i coobbligati, che più
prontamente fosse stato in grado di procedere a riparto,
veniva ad essere gravato in maggiore misura del
secondo. il secondo più del terzo, e così via ; senza
considerare nemmeno che il diffalco della percentuale
già conseguita lasciava adito a reclamare, nel secondo
fallimento, una nuova percentuale anche su quanto già
era stato tenuto a calcolo nell' assegnarla, depurato solo
della percentuale stessa.
- 164 -
129. — Un terzo sistema finalmente prevalse nella
legge francese del 1838, dalla quale passò nel Codice
Albertino e poscia nell'acolito codice del 1865. Si ri-
conobbe che il creditore possessore di obbligazioni
sottoscrìtte, girate o garentite in solido dal fallito e da
altri coobbligati che fossero in istato di fallimento,
avea diritto di concorrere per lo intero suo credito in
tutti i fallimenti, e percepire in ciascuno la
percentuale di riparto, in proporzione dello intero suo
credito e fino all' intero pagamento di esso. I In seno
alla Commissione Ministeriale pel nuovo codice di
commercio sorse discussione in proposito, e si
deliberò di aggiungere all'art. 848 del progetto
preliminare (788 del cod. di comm.), che in tutto era
conforme all'art. 656 del codice del 1865. la seguente
riserva: « se il creditore ha ottenuto un pagamento
parziale da uno dei coobbligati, di altrettanto il cre-
dito rimane diminuito e si estingue V azione soli-
daria » (1).
In contrario osservò il Cuzzeri, che quando una
disposizione di legge non solleva lamenti nella pratica,
quando dagli uomini della scienza è (inani inamente
lodata ed acclamata ed è sostenuta da validissimi
motivi occorra addurre per riformarla delle ragioni
ben più forti e fondate di quelle riferite dal relatore
della Commissione Ministeriale. Ricordò la opinione
favorevole di Benouard, Pardessus, Borsari i quali tutti
dichiaravano assolutamente giusta l'eccezione che
l'art. 565 sembrava fare al principio generale che il
pagamento parziale deve sollevare an-
(1) ìlargkicri— I motivi ecc. Voi. II, p. I, pag. 791. Verb.
CXLIX.
- 165 -
che il condebitore solidale. e tutti si fermarono di
proposito ad encomiarne i benefici effetti, tanto più che
facendo usufruire il creditore della felice posizione di
avere più fallimenti cbe gli rispondono del suo credito,
si che egli possa anche essere integralmente soddisfatto,
non danneggia menomamente la condizione degli altri
creditori per le disposizioni degli articoli che ad esso fan
seguito.
Rilevò: « Tizio creditore si è assicurata la solidarietà
di A. e di B., la quale continua nei loro fallimenti;
dall'uno o dall'altro, ove'lo possa, o da tutti e due
assieme, egli ha diritto di essere pagato integralmente.
Pel la deficienza dello attivo di un fallimento deve
rispondere l'altro, sia pure in moneta di fallimento, ma
in modo che il creditore percepisca la maggior parte
possibile del suo avere.
« E notisi che se fosse altrimenti per quanto egli
avesse avuto la previdenza di far assumere l'obbli-
gazione da molti solidalmente non arriverebbe giam-1
mai a raggiungere Io scopo che il creditore avea in
mente, della sicurezza, cioè, del pieno soddisfacimento
dell' obbligazione medesima. Se infatti il creditore
ammesso già nel primo fallimento non venisse ammesso
nel secondo che per un capitale diminuito di quanto
ricevette dal primo, egli non vi entrerebbe che in
proporzione di tale residuo, di modo che fatto lo stesso
ragionamento anche riguardo ai fallimenti del terzo e del
quarto condebitore ne verrebbe di necessaria
conseguenza l'impossibilità per lui di ottenere l'integrale
pagamento ».
E conchiuse : « potrà esigere che escutendolo , il
creditore gli computi quanto il condebitore solidale gli
ha a pagamento parziale esborsato, quel debitore
— 166 —
che è pronto a pagare V intero saldo, poiché altrimenti il
creditore riscuoterebbe di più dell'importo del debito
solidale, ma non lo potrà mai quel debitore che a tale
ragione non può appoggiarsi dal momento che paga il
residuo in moneta di fallimento e non completa perciò il
saldo del credito, e quando lo superasse ne sarebbe poi
rimborsato (1) ».
La Camera di commercio di Venezia (2) manifestò del
pari opinione contraria all'aggiunta proposta dalla
Commissione Ministeriale, ed essa fu soppressa nel testo
definitivo.
130. Così, pel sistema accolto dal codice di com-
mercio vigente, il creditore possessore di obbligazioni,
girate o garentite in solido dal fallito e da altri
coobbligati che fossero in istato di fallimento partecipa
alle ripartizioni in tutte le masse (sempre quando in
ciascuna abòia insinuato e fatto ammettere il suo
credito), e vi è compreso per il valore nominale del suo
credito sino all'intiero pagamento.
Ne deriva che, quante volte il coobbligato solidale del
fallito cade in fallimento, il creditore ha diritto di essere
ammesso al passivo di lui per lo ammontare del credito
pel quale fu ammesso al passivo del debitore principale,
e p per gl'interessi decorsi sul credito dalla
dichiarazione di fallimento del debitore principale sino
alla dichiarazione di fallimento del coobbligato (3).
(1) Cmzeri — Il nuovo progetto del Cod. di Comm. pag. 35.
(2) Marghieri — I motivi ecc. Voi. II: P. IL pag. 504.
(3) C. Palermo — 29 Maggio 1894. Banco di Sicilia e. Peirce.
Foro It,. 1894, I. 489.
— 167 —
« La legge volle contemperare il principio di ugua-
glianza fra i creditori con i principii che regolano la
solidarietà fra più coobbligati. Dalla data della sentenza
dichiarativa di fallimento del coobbligato avviene per
opera di legge la sospensione del corso degl'interessi
verso la massa dei creditori del coobbligato, giacc
anche in rapporto di costui la legge vuol serbare uguale
trattamento per il suaccennato principio di uguaglianza,
di guisa che il creditore del fallito e del coobligato
solidale, anche esso fallito, sino a quel momento non può
avere altro credito che quello risultante dal valore
nominale ammesso nel passivo del debitore, e dai
posteriori interessi sino 'al giorno del di lui fallimento,
che, sospesi per legge, mancano in rispetto alla massa
dei creditori del fallito.
« Ed è precisamente questo credito che può essere
iscrìtto nel passivo del fallimento del coobbligato, e ci
rimane (dice 1' art. 788) sino allo intero pagamento, il
che vale che rimane sino a che il creditore non venga
soddisfatto dell'intero suo credito nominale ».
131. La regola generale sancita per garentire
gl'interessi di un creditore di più coobbligati solidali
verso costoro, è con una serie ' di ulteriori disposizioni
armonizzata per garentire anche ' interessi dei
coobbligati fra loro e delle masse dei rispettivi
fallimenti.
Pel disposto dell'art. 1198 Cod. Civ.. l'obbligazione
contratta in solido verso il creditore si divide di diritto
fra i debitori, i quali non sono fra loro obbligati, se non
ciascuno per la sua parte.
— 168 —
"Questo principio non può trovare applicazione in
materia di fallimento, a meno che l'intiero credito di
capitale ed accessorii sia stato pagato da una o più delle
masse coobbligate, in guisa che il creditore non abbia più
azione contro le altre ; o se i dividendi assegnati al
creditore in tutti i fallimenti dei coobbligati superino la
somma a lui dovuta.
Ciascuno dei coobbligati, insegna Vidari (1), pagando
la percentuale stabilita pel rispettivo suo fallimento,
estingue tutta la propria obbligazione di debitore fallito,
nessuno ha da poterlo.costringere a pagare di più, cioè a
pagare due volte.
E conformemente Cuzzeri (2): « il dividendo rap-
presenta la totalità del credito, è assimilato al pagamento
integrale, e perciò opera estinzione del credito stesso e
libera la massa. Da cla conseguenza che al fallimento
del coobbligato non può essere consentito alcun
regresso, perchè questo farebbe figurare due volte nel
passivo il credito medesimo ».
In vero. Poiché un creditore parteciperà nella massa
del debitore fallito per l'intero valore nominale del suo
credito, il dividendo-assegnatogli estinguerà pel debitore
l'intero debito.
Se il coobbligato solidale per la restante parte del
debito dovuta pagare anche sull' intero valore nominale
del credito, e per la quale interamente lo estinse nei suoi
rapporti, avesse diritto a rivolgersi contro il debitore,
quest' ultimo sarebbe esposto a
(1) Detto = Op. eit., N. 8247, pag. 3502.
12) Detto Op. offK, 563, p. 3357.
- 169 —
pagare una seconda volta la percentuale già pagata
direttamente al creditore.' mercè cui estinse già per
intero il suo debito (1).
132. — Non così, quando l'intiero credito di capitale ed
accessorii sia stato pagato da una o più delle masse
coubbligate. e. pur essendovene altre, * ìl creditore non
abbia più azione contro di esse.
Certo il creditore non potrebbe riscuotere più di
quanto gli spetta, ed intanto mentre le masse dalle quali
egli riscosse ciascuna percentuale vennero ad estinguere
nei loro rapporti il debito, le altre pur essendo
coobbligate in solido al debitore ne verrebbero a trarre
vantaggio.
Tutelati interamente gì' interessi del creditore, nulla
vieta che tra i coobbligati solidali abbia il suo corso la
pegola ordinaria della solidarietà, e conseguentemente è
giusto che le masse le quali abbiano estinto con i loro
dividendi il debito restino surrogate ai diritti del
creditore sulle altre masse e riscuotano esse le
percentuali da queste (2).
Solo, per serbare integro il principio della ugua-
glianza, è giusto che di tali percentuali vada a ciascuna
delle masse, che concorsero ad estinguere il debito, una
parte proporzionale al dividendo da o-gnuna corrisposto
al creditore, se erano ugualmente tenute, o di quella
parte che era rispettivamente a carico di ciascuna.
(DA. Brescia => 5 Giugno 1899 Dell'Aequa e.° Fumagalli Foro
It. 1899, I, 935.
.(2 i. frani = 28 Agosto 1893 = B. di Napoli C.° Bianchi. Giur.
It.. 1894, 198.
- 170 —
Del pari; se i dividendi riuniti assegnati al creditore in
tutti i fallimenti dei coobbligati superino la somma a lui
dovuta, il resto (ossia, la eccedenza sul valore nominale
del credito ammesso in verifica) è devoluto alle masse
dei fallimenti nella proporzione suddetta. Se però i
coobbligati erano garanti gli uni degli altri, il resto
appartiene secondo l'ordine delle obbligazioni alle masse
dei fallimenti di quei coobbligati che hanno diritto di
essere garantiti (art. 789).
133. Altre ipotesi sono a considerare. Fin qui
considerammo quella di un creditore che si trovi a fronte
di varii condebitori solidali, tutti in istato di fallimento,
costretto a concorrervi per lo intero suo credito.
Può invece accadere che, prima della dichiarazione
del fallimento, uno dei coobbligati abbia estinta una
parte del debito ; che anche dopo la dichiarazione del
fallimento di un coobbligato un altro paghi per intero od
in parte il debito.
Se il creditore possessore di obbligazioni in solido tra
il fallito ed altri obbligati ha ricevuto prima o dopo del
fallimento il pagamento dello intero suo credito, in
capitale, interessi e spese, è chiaro che a lui resterà
surrogato, secondo le norme ordinarie, chi lo avrà
pagato, secondo 1' ordine della obbligazione contratta
col fallito.
Se ha ricevuto prima del fallimento una parte del suo
credito egli non può essere compreso nella massa che
con deduzione della parte ricevuta, e conserva per ciò
che gli rimane dovuto i suoi diritti verso i coobbligati o
fideiussori,
— ni
Prima della dichiarazione del fallimento, lo dicemmo
innanzi, vige intera la regola della solidarietà sia nei
rapporti tra il creditore ed~i condebitori solidali, sia tra
costoro; ed il creditore non può dolersi della condizione
creatasi da lui medesimo, contentandosi di ricevere una
parte del credito, estinguendo sino alla concorrenza
della somma pagata il debito comune in confronto di
tutti i condebitori (1).
D' altronde egli conserva per ciò che gli rimane
dovuto i suoi diritti verso i coobbligati o fideiussori, e
non è per questo in alcun modo pregiudicato.
Il coobbligato o fideiussore del fallito, che ha pagato
in parte il debito solidale è compreso nella massa per
tutto ciò che ha pagato a scarico del fallito, e non mai
per quella parte del debito comune che era a suo carico.
Però, da una parte questo diritto di concorrere per
surrogazione al creditore giova al coobbligato
fideiussore, in quanto gli permette di ricuperare nella
massa del debitore fallito la percentuale su quanto
dovette pagare ; dall' altra serve a garentire ancora
meglio i diritti del creditore, cui gli art. 790 e 791 Cod.
diComm. concedono un subingresso di pieno diritto nel
dividendo spettante al coobbligato o fideiussore nel
fallimento del debitore. Così è che il creditore può
prelevare a tutto suo profitto quel dividendo in
precedenza degli altri creditori di esso coobbligato o
fideiussore (2). restringendo in tal caso le sue azioni
verso lo stesso a quella
(1) Vidari — op. cit., 8253.
(2) C. Torino 12 Dicembre 1887. B. di Savona e. Lotterò. Foro
It. 1888, I, 24.
- 172 -
somma di cui rimane ancora creditore dopo riscossi i due
dividendi.
Ridotto a caso concreto, Tizio creditore di lire 1000 di
Mevio e Sempronio, coobbligati solidali, esige da Mevio
lire 300. Sempronio fallisce e nel suo fallimento Tizio
avrà diritto di concorrere per lire 700, Mevio per lire
300. Nel fallimento si otterrà un riparto o percentuale del
50 °(
0
e saranno assegnate perciò a Tizio lire 350 a
Mevio lire 150, le quali però, per subingresso spettategli
di diritto, saranno assegnate del pari a Tizio.
Egli riscuotein tal modo lire 500 e dovrà limitare le
sue azioni verso Mevio a quella somma di cui rimane
tuttora creditore dopò riscossi i due dividendi, cioè a lire
200.
134, — Il subingresso di pieno diritto, sempre per
garentirne meglio le ragioni fino al completo paga-
mento, la legge accorda al creditore nel diritto con-
dizionato d'ipoteca o di pegno, che il coobbligato o il
fideiussore del fallito, avesse per sicurezza della sua
azione di regresso sui beni di questo.
Onde il coobbligato o fideiussore del fallito. che per
sicurezza della sua azione di regresso ha sui beni di
questo un diritto condizionato d'ipoteca odi pegno, è
compreso nella massa del fallimento per la somma per la
quale ha ipoteca o pegno; ma questa somma si confonde
con quella domandata dal creditore nel fallimento.
Parrebbe adunque, che. 1' ammissione al passivo del
fallimento del debitore, da parte del coobbligato o
fideiussore del fallito, dovesse essere subordinata
all'ammissione nel fallimento del creditore principale.
- H3 —
Non è così. Il fcoòbbligato o fideiussore del tallito ha un
diritto proprio da sperimentare (!), per quanto
condizionato ; e solo l'ammissione a suo favore può
essere subordinata -nila prova del seguito pagamento al
creditore od annotata pel subingresso al medesimo
spettante.
In sostanza, la garenzia stipulata dal coobbligato o
fideiussore del fallito, mercè pegno od ipoteca, si
trasferisce di diritto al creditore, ed è perciò che non
costituisce un credito a stante, ma si confonde eolla
ragione di credito vantata dal creditore, il quale soltanto
può essere tenuto a calcolo nella maggioranza richiesta
per la validità delle deliberazioni dei creditori del
fallimento.
Cosi è che, quando nel fallimento, tanto il creditore
quanto il coobbligato o fideiussore avessero insinuate le
loro ragioni, spetterà al primo di dare il voto fino al
completo ammontare del credito; mentre' spetterà al
secondo, quantunque l'ammissione conseguita fosse
condizionata, ove il creditore non siasi fatto verificare ed
ammettere al passivo. Poiché, infine, il prezzo dei beni
ipotecati o del pegno appartiene al creditore in
deduzione della somma che gli è dovuta, il Tsoobbligato
o fideiussore non potper alcun verso pregiudicare col
proprio voto la garenzia, che, stipulata per sicurezza
della sua azione di regresso, dopo la dichiarazione di
fallimento del debitore, passa di pieno diritto a tutto
favore del creditore.
[I) A. Napoli — 24 luglio 1893. Luparella e. B. Agr. Ariano, Dirit.
e Giur. X, 247.
174
135. Per formare la maggioranza richiesta per la
validità del concordato, dispone l'art. 834Cod.di| Corani,
non si computano i crediti con ipoteca, con pegno od
altro privilegio, se i« creditori non rinuncino all'ipoteca
od al privilegio. La rinuncia può riferirsi anche ad una
parte del credito e degli accessori], purché sia
determinata la somma fra capitale ed accessorii per la
quale ha luogo, e non sia questa inferiore alla terza parte
del credito. II voto dato senza alcuna dichiarazione di
limitata rinuncia importa di diritto rinuncia all'ipoteca od
al privilegio per l'intiero credito.
Sta nel concetto della legge, come si evince dalla citata
disposizione, che l'adesione prestata ad un concordato da
un creditore assistito da una speciale ragione di
preferenza o di garenzia debba far supporre di pieno
diritto la volontà del creditore, di volersi accontentare
della percentuale promessa nel concordato, e di volere
che resti estinta per remissione la restante parte del
credito, malgrado fosse privilegiata jo garentita.
Avverrà io stesso, quante volte il credito anziché
avere una garenzia reale [pegno od ipoteca) od una
ragione di privilegio, sia garentito da altri coobbligati o
fideiussori {garenzia personale)?
No. L'art. 792 lo sancisce espressamente: « i creditori
conservano la loro azione per V intiero Uvro credito
contro i coobbligati o i fideiussori del fallito, ancorché
questi abbia ottenuto un concordato ed essi ri abbiano
volontariamente consentito.
Per il concordato ottenuto dal fallito, senza l'in-
tervento ed il voto del creditore, si comprende di
leggieri la giustizia di questa sanzione. L'omologa-
- 175 -,
zione rende obbligatorio il concordato per tutti i cre-
ditori portati o non portati fn bilancio, siano o non siano
verificati i loro crediti ecc. (art. 840), mirando più alla
tutela di un pubblico interesse ed imponendo ai singoli
creditori uno stato di necessità riconosciuto da una
duplice maggioranza e convalidato dalla pronuncia del
magistrato. Conseguentemente il creditore che a questo
stato di necessità è costretto ad uniformarsi non può
.veder pregiudicati i suoi diritti contro i coobbligati e i
fideiussori.
Il legislatore però volle espressamente lasciare in-
tegre le azioni del creditore contro i coobbligati e
fideiussori del fallito, ancorché abbia volontariamente
consentito il concordato ottenuto da questo.
136. Vidari (1) rileva che. anche secondo il di
ritto comune, il creditore, se pure acconsente alla
divisione del debito a favore di un condebitore, con
serva la sua azione contro gli altri per l'intiero cre
dito {art, U95 Coi. Givi) ........ a maggior ragione,
quindi, trattandosi di fallimento; perchè, sebbene, per
effetto del concordato, i creditori rinuncino alla parte
del credito della quale viene di tal modo fatta ri-
messione al debitore fallito, è però da notare che questa
remissione. più che volontaria e spontanea. si deve dire
forzata anche da parte dei creditori che acconsentono al
concordato. Essi, infatti, non si acconciano a rinunziare
ad una parte del loro credito, se non perchè, vedendo la
impossibilità di ottenerne l'intiero soddisfacimento dal
fallito, pensano che me-
li) Op. oit. 8255, pag. 509-
- 176 —
gito è perderne una parte, anziché l'intiero; epperò la loro
rinuncia non è mai intieramente spontanea, ma
determinata da circostanze che si impongono anche alla
loro volontà ».
................... « Senza dire cBe, togliere al creditore,
il quale abbia acconsentito al concordato a favore di un
condebitore, il diritto di agire di regresso contro gli altri
condebitori in solido, ed obbligarlo, per mantenere intatti
i proprii diritti contro tutti, a non prender parte al
concordato, solo permettendogli di farvi adesione dopo la
conclusione di esso, sarebbe lo stesso che offenderlo
gravemente nei suoi interessi , e rendere beno spesso
impossibile qualunque concordato, supposto il caso che
molti fossero i creditori garantiti in solido, e che, questi
esclusi, non si potesse raccogliere un numero sufficiente
di altri creditori per deliberare intorno a quello ».
137. Buone ragioni son queste, ma non rendono
completo lo spirito della legge, che -pare fatto dubbio
della espressione « volontariamente » usata nell'art. 792.
Dire che i creditori non si acconciano a rinunziare ad
una parte del loro credito, se non perchè, vedendo la
impossibilità di ottenerne l'intiero soddisfacimento dal
fallito implica sempre il concetto della manifestazione di
una volontà, cui non può assegnarsi a giustifica la tema
di perdere una parte minore e maggiore del credito verso
il fallito quando resta integra ogni azione contro i
coobbligati o fideiussori fino all'integrale
soddisfacimento dei credito. E cosi, addurre-la
impossibilità della conclusione del concordato, supposto
che molti fossero i creditori garantiti
— 177 —
in solido, nemmeno sarebbe sufficiente motivo, perchè
tanto varrebbe escludere dal computo della duplice
maggioranza, non solo i creditori garantiti da pegno,
ipoteca o privilegio, ma anche quelli garantiti da
fideiussione od obbligazione in solido.
Nella espressione « volontariamente » s'intese invece
di integrare il concetto della assoluta e piena
rappresentanza che il creditore ha, di fronte al fallito,
delle ragioni anche dei coobbligati o fideiussori; per cui
gli è dato di esercitare i diritti e le azioni ad essi
competenti onde ottenere il soddisfacimento di quanto
gli è dovuto. Investito di tale rappresentanza, interessato
a tutelare ad un tempo le sue ragioni e quelle dei
coobbligati o fideiussori, il creditore fu lasciato libero
nel vagliare la convenienza di aderire ad un concordato:
ei può farlo volontariamente, senza pregiudicare la sua
azione per lo intiero suo credito contro i coobbligati o i
fideiussori del fallito.
138. Accennammo (134), che la garanzia stipulata
dal coobbligato o fideiussore del fallito, [mercè pegno
od ipoteca, si trasferisce di diritto al creditore, al quale
soltanto spetta di dare il voto, malgrado che il
coobbligato o fideiussore avessero insinuate le loro
ragioni nel fallimento.
In simile ipotesi è a domandarsi: a) il voto dato dal
creditore, senza dichiarazione di limitata rinuncia, fa
presumere di diritto la rinunzia al pegno od all' ipoteca
anche nei rapporti del coobbligato o fideiussore? b) Può
il creditore rinunciare, o far presumere di aver
rinunciato, al pegno od alla ipoteca, e quali saranno le
conseguenze verso il coobbligato ed il fideiussore ?
13
- 178 —
Il pegno e la ipoteca riguardano'sempre il patri-
monio del fallito, anche quando siano costituiti a-si-
curezza dell'azione di regresso dei coobbligati o del
fideiussore; e pel disposto dell'art. 791 Cod. di Comm.
passano di diritto a favore del creditore, figli può
quindi disporne, ed il voto -da lui dato nel concor-
dato produce gl'identici effetti che produrrebbe su di
un pegno od una ipoteca direttamente con lui sti-
pulati dal fallito.
E però sia che si tratti di coobbligati, ai quali per
la speciale stipulazione della garanzia data dal fallito
è applicabile il disposto dell'art, 1201 Cod. Civ.; sia
che si tratti di fideiussore, quel voto portante
rinuncia al pegno od alla ipoteca estingue qualsiasi
altra ragione creditoria contro di essi, non potendo
più avere effetto a loro favore la surrogazione, a
norma dell'art. -Htó8 Cod. Civ.
CAPO V
I DIRITTI PATRIMONIALI DELLA MOGLIE DEL FALLITO ED
IL SISTEMA LEGISLATIVO (139-142) IMMOBILI DOTALI.
FRUTTI, AMMINISTRAZIONE (143-144). PRESUNZIONE DI
LEGITTIMO ACQUISTO (145). DEBITI ED IPOTECHE GRA-
VANTI SUGL'IMMMOBILI (146). PRESUNZIONE DI ILLEGITTIMITÀ
A FRONTE DELLA MOGLIE DEL FALLITO E DEI TERZI (147—151).
MOBILI, VESTI, MASSERIZIE, BIANCHERIA, TITOLI DI
CREDITO (152-153;. IPOTECA DOTALE (154-159).
VANTAGGI DERIVANTI DAL CONTRATTO DI MATRIMONIO
(166-162). CREDITI DELLA MOGLIE CONTRO IL
FALLIMENTO DEL MARITO (163-165).
139. Nel.Capo I di questa II Parte (n. 82) pre-
mettemmo che. per seguire il .sistema del codice,
avremmo aggiunto un capitolo intorno ai diritti spettanti
alla moglie del fallito; quantunque, più, oppor-
tunamente reputassimo dovere le disposizioni relative
trovar posto al Titolo IV, da intitolarsi meglio « Dello
accertamento e della liquidazione della attivo ».
Vedremo infatti che nella Sezione III, Capo II, Titolo
III del Libro III Codice di Commercio (art. 780-787),
più che le ragioni creditorie della moglie del fallito
(meno, in parte, l'art. 787), .sono regolati i diritti
patrimoniali della stessa circa gl'immobili ed i mobili,
l'ipoteca legale per la dote ed i< vantaggi derivanti a
suo favore dal contratto di matrimonio; tutte cose che si
attengono più allo accertamento del patrimonio del
debitore ed al distacco di .quello
— 180 —
della moglie, che alle ragioni di credito di quest'ultima sul
patrimonio dell'altro, in caso di fallimento. Nelle nostre
idee fu già il Ramella, il quale, nella divisione del suo
pregevole Trattato del fallimento, reputò meglio
occuparsi dei diritti della moglie nel fallimento del marito
al Capo IH della Parte VII, sotto il titolo « Accertamento
dello attivo del fallimento » (1) anziché nella Parte VI «
Determinazione del passivo del fallimento ».
E crediamo di non rilevarlo senza ragione, dappoiché
lo studio degl'istituti giuridici va fatto mirando alla loro
sostanza, a ciò che ne forma il contenuto, ed ai fini che il
legislatore si prefigge nel dettarne le norme, onde
penetrarne lo spirito che li anima.
I rapporti patrimoniali fra i coniugi furono causa di
giusta preoccupazione pel legislatore, il quale apposite
disposizioni dettò circa il contratto di matrimonio tra
persone, una delle quali sia commerciante, o pel caso
uno dei coniugi imprenda l'esercizio del commercio dopo
il suo matrimonio (art. 16-18); circa la separazione dei
beni tra coniugi (art. ,19) e le obbligazioni degli
ascendenti commercianti circa la dote e le ragioni dotali
a favore della moglie del discendente.
Questa giusta preoccupazione, che consigliò di ele-
vare a reato la inosservanza delle norme anzidette, si
ripercosse nella mente del legislatore e lo spinse a
regolare in maniera rigorosa e precisa i diritti della
moglie del commerciante, nel caso di fallimento del
marito, a fine di garentire i terzi da tutte le sot-
;l) Detto op. cit., Voi. II, pag. 70 e ség.
- 181 —
trazioni ed i dolosi infingimenti, preordinati a sottrarre
all'azione dei creditori una qualsiasi parte del patrimonio
del debitore.
140. Lo stato di fallimento colpisce la persona del
commerciante, che cessa di fare i suoi pagamenti per
obbligazioni commerciali ; e la sentenza che lo dichiara
sottrae al fallito l'amministrazione dei suoi beni ed
anche di quelli che gli pervengano durante lo stato di
fallimento; dà ai creditori il diritto di accertare le attività
e passività del fallito ed esercitare collettivamente tutte
le azioni dirette alla liquidazione e ripartizione dello
attivo in proporzione dei diritti uguali o preferiti di
ciascuno, come per legge.
Lascia però al fallito 1' esercizio delle azioni che
riguardano i suoi diritti strettamente personali o estranei
al fallimento, e non tocca percil patrimonio, le
persone dei tigli e della moglie del fallito, contro dei
quali i creditori devono solo essere difesi da quanto p
più agevolmente essere organizzato e diretto in loro
pregiudizio, dati gl'intimi interessi, i vincoli di sangue,
di cognome e di vita comune dei componenti una stessa
famiglia.
Questa difesa, più che tutto, era necessaria nei
riguardi della moglie del fallito, e si esplica separando
nettamente il patrimonio dèi coniugi, in caso di
fallimento; assicurando per altro alla moglie, per sé e
per la famiglia, tutto quanto le appartiene, una ai frutti
relativi. Ha per iscopo di evitare sottrazioni, di non
permettere vincoli e vantaggi sul patrimonio del fallito
in danno dei creditori; deve essere rigorosa . perchè.
senza ledere alcun privato interesse, riesca a
salvaguardare la buona fede in cui si adagia
— 182 —
il commercio ed il pubblico interesse che il legislatore ha
compito di tutelare contro le sopraffazioni di interessi
privati, non sempre' legittimi.
141. Il patrimonio della moglie di un fallito può
comprendere immobili dotali o parafernali, pervenutile
durante il matrimonio in dipendenza di rapporti giuridici
ad esso anteriori, per donazione, per successione
legittima o testamentaria; immobili dei quali essa possa
provare il legittimo acquisto; mobili, denaro , vesti,
masserizie, biancherie, ecc. Inoltre, la moglie del fallito
può vantare diritti per garenzia della dote e per i vantaggi
pattuiti nel contratto di matrimonio; e. può avere crediti
verso il marito fallito. Tutto ciò è regolato da apposite
norme, che verremo esaminando, successivamente.
142. È a rilevare, che vedonsi regolati però nel
codice di commercio i diritti della moglie, nel caso di
fallimento del marito; mentre nulla è previsto per lo
inverso, cioè nel caso di fallimento della moglie, «
perchè, se molto possono temere i creditori per il
fallimento del marito, attesi % suoi rapporti patri-
moniali con la vutglie, nulla possono temere i creditori
per il fallimento della moglie, la quale non ha che diritti
da esercitare verso il patrimonio del marito » (1).
Per vero, poic a tatto ciò su cui la legge tace, si
applicano le norme del diritto comune,civile o com-
merciale , è indiscutibile che nel caso di fallimento
(1) Yidari — op. flit., 8262, pag. 514.
— 183 —
della moglie i creditori di questa non potranno invocare
alcuna delle disposizioni sancite nella Sez. IH del Capo
II, Libro III del codice di commercio; ma non è meno
vero che è nella legge una grave lacuna in proposito,
Fino a che la moglie del fallito resta nella cerchia del
diritto comune , e non ha altri rapporti o non esercita
altre azioni all' infuori di quelle private e di famiglia, si
comprende; ma quando essa eserciti la mercatura,
quando siasi sottratta all'autorizzazione del marito (art.
135 ri. 3 Cod. Civ.), e diventi soggetto di quella infinità
di rapporti e di azioni espli-j cantisi in un campo sì
vasto, completo e fiduciario, qual'è il commercio, non
può dirsi più che essa non ha che diritti da esercitare
verso il patrimonio del marito ; essa, e per essa i suoi
creditori, hanno diritti proprii a salvaguardare e separare
un patrimonio tutto proprio e distinto; un'azienda della
quale, come il dissesto vien subito dai creditori, spetta
loro assicurarsi del profitto ottenuto, che agevolmente
può essere invece distratto da una moglie, pubblica
mercantessa, dati i rapporti e i vincoli dì famiglia.
La sospettosa diffidenza, ben giustificata dagli a-busi
fino dalla più remota antichità commessi in questa
materia a danno dei creditori, che formò il concetto
generale cui s'inspira la legge (1), nonavea ragione di
venir meno, e crediamo assai meglio si sarebbe
provveduto regolando con tassative disposizioni i
rapporti patrimoniali della famiglia nel caso di
fallimento della moglie pubblica mercantessa.
#
(li Verbale. CXLIV—Tornata 1 marzo 1872.
— 184 —
143. — Nell'abolito codice {art. 671) era detto «la
moglie riprende gl'immobili ecc ». Il Relatore della
Commissione Ministeriale {Mancini) rilevò : « 1' art.
671 contempla in primo luogo i diritti della moglie,
riguardo a quei benf immobili, rispetto ai quali nulla
autorizza a sospettare che sieno stati comprati con
danaro dei creditori. Tali sono quelli ch'essa portò seco
in dote, o che le appartenevano al tempo del suo
matrimonio . o le pervennero durante il medesimo, per
donazione o per successione testamentaria o legittima ;
ma nel riconoscere rispetto ad essi il diritto
incontestabile della moglie, la legge adopera una
locuzione che ricorda troppo davvicino il concetto della
comunione, perchè possa esattamente applicarsi ai
rapporti del regime dotale, a cui s'informa il sistema
della legislazione vigente. Non può dirsi infatti che uno
riprende ciò che già tiene; e poiché la moglie non ha mai
cessato di possedere i propri beni, sia dotali che
parafernali, basta dire che essa ritiene la proprietà con
diritto a percepire i frutti dei primi ».
Si considerò che, per i beni pervenuti alla moglie del
fallito in dipendenza di rapporti giuridici anteriori al
matrimonio, venisse a mancare ugualmente qualsiasi
motivo di sospetto per i creditori, e si fissarono gli
estremi per una prima categoria di beni da ritenere
legittimamente appartenere alla moglie e da considerare
senz' altro estranei al fallimento. Ond'è che nel caso di
fallimento del marito, la moglie ritiene gli immobili
dotali con diritto a percepirne i frutti, e così pure gli
immobili parafernali che le appartenevano al tempo del
%
matrimonio, e quelli che durante il matrimonio le
sono pervenuti
— 185 —
in dipendenza di rapporti giuridici ad esso anteriori,
ovvero per donazione e successione testamentaria o
legittima,
Per questi beni nessuna prova incombe alla moglie del
fallito; ed è sufficiente che nelle forme ordinarie [fogli
nuziali, istrumento di acquisto, donazione, di-{visione
ecc., trascrizione) essa sia in grado di giustificare la
identità degl' immobili che ritiene, con quelli indicati nei
titoli anzidetti.
144. — La moglie ritiene gì' immobili dotali con
diritto a percepirne i frutti. Questo diritto è consacrato
esclusivamente per significare che essi non possono in
alcuna guisa confondersi col patrimonio del marito, in
istato di fallimento, e devono restare a beneficio della
famiglia: non sta per modificare il diritto del marito
circa l'amministrazione della dote durante il
matrimonio, di agire contro i debitori, e detentori della
medesima, di riscuoterne i frutti e gl'interessi e di
esigere la restituzione dei capitali. (1399 Cod. Civ.).
Potrà domandarsi la separazione della dote, nei casi
previsti dalla legge (1418 e seg.ti Cod. Civ.); ma fino a
quando essa non sia stata pronunziatala moglie avrà
diritto a percepire i frutti degl' immobili dotali (cioè : a
vederli considerati estranei del tutto al patrimonio ed
alle azioni del fallimento); il marito, benché fallito ,
seguiterà ad avere l'amministrazione della dote ed a
riscuoterne i frutti e gli interessi, fino a quando la
moglie non abbia ottenuta la separazione dei beni (1).
(11 A Venezia. 12 Aprile 1899. F.ta De Martino e." Faccanoni.
Temi Yen. 1889, 260.
— 186 —
Le disposizioni contenute nel codice di commercio,
circa i diritti della moglie del fallito, riflettono! i rapporti
tra quest'ultima ed i creditori del marito; ma non
modificano quelli circa il contratto ài matrimonio e la
dote, che restano integri e piena*-mente efficaci nei
rapporti tra i, coniugi.
Il Cubain (2) opinava che 1' amministrazione del beni
dotali della moglie o para temali spettasse ai sindaci del
fallimento, spettando alla moglie il diritto di proporre
incontanente una domanda di separazione di beni; ma
non è cammissibile, a fronte del sistema vigente pel
contratto di matrimonio e pel regime dotale, a fronte
delle stesse disposizioni del codice di commercio ed alla
condizione fatta al fallito dall'art. 699 stesso codice.
« Sous tous les régimes de mariage, exceptè sous
celui de la séparation de biens, il v a des biens de la
femme qui se trouvent entre les mains du mari, mais qui
continuent à appartenir en propriété à la femme, parce
que le mari en a tout au plus 1' ad-ministration et la
youissanee.
« Evidemment ces biens ne forment pas le gage des
créanciers du mari, la femme à le droit de le revendiquer
comme propriétaire. Elle à le droit de te faire sans ètre
obbligé pour cela de demander la séparation de biens, car
elle à un droit absoluà soustraire sa fortune propre aux
créanciers de son mari et à empécher qu' elle ne soit
englobée dans la faillite. Une fois la distinction faite,
rien lui |
il) Detto. Dei diritti che appartengono alla donna in materia
civile e commerciale. Trad. Napoli — Tip. Carluccio, 1850,
pag- 366.
- 187 -
defend de laisser à son mari la gestion de- cette fortune
dans les terraes de leur contract de mariage, si elle a
confiance en lui » (1).
145. La moglie ritiene pure gl'immobili da essa ed
in suo nume acquistati con danaro proveniente dall'
alienazione dei beni che le appartenevano al tempo del
matrimonio, o le pervennero in uno dei modi indicati
nell'art. 780, semprechè nel contratto di acquisto sia
espressamente fatta la dichiarazione d'impiego, e la
provenienza del danaro sia accertata da inventario o da
altro atto che abbia data certa.
E' ammessa, come è fatto palese dalla locuzione della
legge, una presunzione di legittimi di acquisto a
favore della moglie; ma questa presunzione non è
sufficiente, occorrendo la prova della provenienza del
danaro, dello impiego fattone e dello acquisto stipulato
da essa ed in suo nome. potendo solo dallo
accertamento di queste determinate circostanze
assorgere a prova piena e giustificare la legittimità del
diritto della moglie del fallito [art. 1350 N. 2 God.
Giti.).
Il primo elemento da assodare è la provenienza del
danaro. Come dicemmo sopra (139) il legislatore intese
di garentire i terzi da tutte le sottrazioni ed i dolosi
infingimenti, preordinati a sottrarre all'azione dei
creditori una qualsiasi parte del patrimonio del debitore.
La moglie del fallito deve perciò fornire la prova
indiscutibile , con atti di data certa, che il danaro
invertito in acquisto degP immobili fatto
(1) Boistel. Cours de droit commercial. Quat.me edict. Paris,
1890, pag. 778.
— 188 —
in epoca posteriore al matrimonio le pervenne, per
essere. di sua personale spettanza, o per alienazione dei
beni che le appartenevano prima del matrimonio, quando
cioè non era possibile il sospetto della confusione
preordinata dei due patrimonii da parte dei coniugi :
ovvero per rapporti giuridici anteriori al matrimonio; o
per donazione o successione testamentaria o legittima.
E non basta. Lo acquisto deve essere fatto dalla
moglie personalmente, da essa ed in suo nome, sia pure
a mezzo di mandatario, che può essere il marito; ma in
maniera da risultare espressamente che lo acquisto
venne fatto invertendo nel prezzo degli immobili il
danaro di certa proprietà della moglie, in modo che l'una
cosa rappresenti l'altra e resti nel patrimonio della
medesima persona.
Inoltre, la data certa per la provenienza del danaro,
dell'atto da cui risulti la pertinenza di esso alla moglie
del fallito, deve essere stabilita rigorosamente nei modi
determinati dal codice civile (art. 784), riguardando essa
un rapporto privato e di diritto comune . nei riguardi
della presunta proprietaria con i terzi (creditori del
fallimento). Non sarà certa e computabile riguardo a
questi che dal giorno in cui le scritture private non siano
state trascritte o depositate nell' uffizio di registro, del
giorno in cui è morto o posto nella fisica impossibilità di
scrivere colui o uno di coloro che le hanno sottoscritte, o
dal giorno in cui la sostanza delle medesime scritture
non sia comprovata da atti stesi da uffiziali pubblici,
come sarebbero i processi verbali d'apposizione di sigilli
o d'inventario, o quando la data risulti da altre prove
equipollenti (art. 1327 Cod. Civ.).
189
Per gli atti pubblici è la data stessa dell'atto, che,
salvo impugnativa di falso, costituisce la prova certa.
146. — La più esatta espressione adattata dal nuovo
codice alle disposizioni che regolano i diritti della
moglie del fallito, sostituendo alla parola « riprende »
l'altra * ritiene » poteva anche dispensare dal ripetere
la sanzione dell'art. 675 dell'abolito codice: dap-
poiché è indiscutibile che, essendosi chiarito il con-
cetto di volersi riconoscere alla moglie del fallito il
diritto di continuare a possedere, così come pos-
sedeva prima del fallimento, gì' immobili la di cui
proprietà sia indiscutibilmente legittima o provata
tale, è anche da non mettere dubbio che quel diritto
s'intenda cosi come era prima del fallimento, col
carico dei debiti e delle ipoteche da cui fossero
gravati i beni. Ciò nonpertanto, • onde evitare ogni
dubbio, la sanzione fu ripetuta all'art. 785, ed in con-
formità di quanto avea consigliata la diversa locu-
zione degli art. 780 e 781, si ripetè che il diritto in-
dicato in questi articoli non può essere esercitato
dalla moglie se non col carico dei debiti e delle ipo-
teche di cui i beni fossero legalmente gravati (1).
1 ì7. Fuori delle ipotesi anzicennate, in tutti gli
altri casi, e quand'anche tra i coniugi fosse stata con-
venuta la comunione degli utili, si presume che qual-
siasi acquisto d'immobili fatto dalla moglie del fallito
sia illegittimo, perchè pagato con danaro di lui. Detti
(1) A. Genova — 20 Marzo 1896. Ardito e. Oliva. Foro It., I, 517.
C. Torino —10 Giugno 1897. D.» e. D.
a
Foro Ifc., 1897,1,812.
- 190 —
beni devono essere riuniti alla massa del fallimento, ma
la moglie é ammessa -a provare il contrario.
Avviene, in tal caso, l'inverso di c che è per
gl'immobili acquistati da essa ed in-suo nome, dalla
moglie del fallito, con danaro proveniente dall'alie-
nazione dei beni che le appartenevano al tempo del
matrimonio. Una presunzione legale contrariavate a fa-
vore della massa dei creditori, e. per escluderla, la
moglie del fallito sebbbene possa far ricorso a pre-
sunzioni gravi, precise e concordanti nei limiti in cui è
consentita la prova testimoniale, deve però fornire una
prova concreta, rigorosa, categorica e non soltanto
possibile che il danaro da essa impiegato in un dato
acquisto era realmente suo.
La presunzione di frode, che fa ritenere illegittimo lo
acquisto, non promana dalla maggiore o minore
prossimità degli atti alla data della dichiarazione di
fallimento o della cessazione dei pagamenti, ma uni-
camente dalla loro creazione in costanza di matrimonio,
in quanto possono celare larvate elargizioni de mandato
a favore del coniuge. Epperciò, allo stesso modo che
non meritano fede gli atti di acquisto per soli. non la
meritano nemmeno quelli posteriori coi quali siasi
tentato dai coniugi di dimostrarne là verità.
La presunzione stessa opera di diritto; onde basta un
provvedimento decorativo del Tribunale, emesso sulla
istanza del curatore, senza bisogno di un giudizio in
contraddittorio della moglie del fallito, per ottenere la
riunione di quei beni alla massa del fallimento. Il
tribunale non fa che estendere gli effetti della sentenza
dichiarativa del fallimento, e poiché ogni interessato ha
diritto di fare opposizione ad
— 191 -
essa entro trenta giorni dall'affissione alla porta e-
sterna del tribunale medesimo (art. 693j, la moglie
del fallito dovrà entro questo termine far valere il
suo diritto contrario, impugnare il provvedimento e
dimostrare la proprietà dei beni avulsi (1).
148. i Conformemente si è affermata la più recente
giurisprudènza nel ritenere che la presunzione Mu-
dano (di cui ci occupiamo), sia operativa anche di
fronte ai terzi, dopo che la Corte di Appello di Ge-
nova (2) e la Cassazione di Torino (3) erano venute
nell'opposto parere. La Cassazione di Firenze (4) de-
cise che, operando essa per virtù di legge, non sia
necessario che di tale trasferimento segua la tra-
scrizione , e tanto meno che il tribunale ordini la
voltura dei beni della moglie al marito. La Corte di
Appello di Palermo (5), la Ecc.ma Corte che prov-
vide sul ricorso, in Cassazione (6), conformemente af-
fermarono che la presunzione stabilita dall'art. 782
Codice di Comm. è opponibile e vale anche di fronte
ai terzi che abbiano acquistato diritti sui beni acqui-
stati dalla moglie del fallito e riuniti alla massa del
(1) A. Venata — 9 Giugno 1899. Vinanti e; Trezza Foro It., |
1900, I. 435. C. Firenze — 12 Febbraio 1900. Vinanti e. Doste-nick.
Foro It., 1900, I, -410.
(2) A. Genova =20 Marzo 1896, Foro It., 1096, I, 518.
(3) C. Torino —10 Giugno 1897, Foro It. 1897, I, 817.
(4) V. Firenze 16 Febbraio 1899. Banda di Chioggia e. Baffo.
Temi Yen. 1899, 267.
(5) A. Palermo — 18 Aprile. 1898. Rotolo e. Miraglia. Foro It.,
1898, I, 703.
(6) C. Palermo — 28 Marzo 1899. Botolo e. Antonucci. Foro IU
1899. I, 865.
— 192 —
fallimento, sia iscrivendovi ipoteca o comprandoli,
dappoiché la buonafede dell'acquirente non vale a
salvare da nullità tali atti, trattandosi di nullità assoluta.
149. Nella dottrina, invece, fa variamente di--
scussa questa importante quistione. L'avv. Foà (1) il
Prof. Bolaffio (2) e l'avv. Viani (3) annotando i varii
pronunziati delle Corti giunsero ad opposte conclusioni.
Il primo pose a sostrato del suo ragionare la buona
fede del terzo, e la circostanza che la presunzione di
frode in danno della moglie del fallito sorge solo con la
dichiarazione di fallimento, sicché essa fino a tale data
deve ritenersi una legittima proprietaria.
Il Viani aggiunse : « Quando la legge ha voluto che la
dichiarazione di fallimento avesse degli effetti
retroattivi, ebbe cura di dirlo espressamente e di regolare
gli effetti medesimi (art. 709 e segg. cod. di comm.), e in
ogni caso questa retroattività non ha spinto oltre la data
della cessazione dei pagamenti. E qui invece la
dichiarazione di fallimento dovrebbe avere un effetto
retroattivo illimitato contro i terzi di buona fede, senza
che la legge espressamente lo dica. E si noti che qui
trattasi di terzi che hanno contrattato colla moglie del
fallito ed hanno .acquistato diritti sui beni di lei; sicché
se ne dovrebbe concludere: essere più cauto contrattare
(1) Detto - Diritto Comm. 1899, 901.
(2) Nota a la sentenza C. Firenze 12 Febbraio 1900. Foro It 1900,
I, 410.
(3) Nota alla sentenza C. Palermo 28 Marzo 1899. ivi.
— 193 —
collo stesso commerciante, soggetto al fallimento, che
non colla moglie di lui, e che la massa dei creditori ha
maggiori diritti rispetto ai beni di quello. Infatti, chi in
buona fede, ossia senza conoscere lo stato di cessazione
dei pagamenti del commerciante, ha acquistato qualche
diritto reale sui beni di lui a titolo oneroso in tempo
anteriore al fallimento, è al sicuro contro qualsiasi
pretesa della massa dei creditori (arg. art. 709 tv: 1 cod.
comm.) ; colui invece che in qualunque tempo, anche
anteriore alla data della cessazione dei pagamenti, ha
acquistato qualche diritto reale sui beni della moglie del
fallito, debitamente assistita ed autorizzata, si troverebbe
esposto senza scampo alcuno all' azione della massa
creditoria ».
Aggiunse altresì: « Non basta esaminare la questione
sotto il profilo unilaterale dei diritti della moglie del
fallito per adagiarsi comodamente sul vieto broccàrdico
: resoluto jure dantis, resolvitur et ius accipientis.
Bisogna esaminare la questione anche sotto il profilo
dei diritti dei terzi in considerazione dei quali assai
spesso ha cura la legge di deflettere dalla rigorosa
applicazione di certi principii assoluti. Bisogna riflettere
che il terzo che contratta colla moglie, assistita ed
autorizzata dal marito, gli è come se contrattasse con
quest' ultimo, il quale, autorizzando la moglie, presta il
suo consenso alla alienazione , per modo che sarebbe un
sorprendere la buona fede del terzo se gli si potesse
opporre la nullità del suo acquisto perchè in realtà la
cosa da lui acquistata apparteneva al marito e non alla
moglie. Bisogna non lasciarsi influenzare neppure in
questa quistione della solita esagerata preoccupazione
dei
14
- 194 —
diritti e degli interessi della massa del creditori del
fallimento, poiché a forza di voler troppo tutelare il ceto
creditorio, si viene assai spesso a conculcare i diritti dei
singoli; invece di giovare al credito ed alla buona fede.
si scuote quello e si fa perdere la fiducia in questa, che
fu detta a ragione l'anima del commercio ».
150. — Recisamente in opposta opinione venne il
Bolaffio, che, in confutazione delle argomentazioni del
Foà, ed in ispecie, di essere il diritto della moglie sui
proprii beni perfetto, incondizionato, irrisolubile,
mentre, soltanto con la dichiarazione del fallimento, la
legge eleverebbe una presunzione che colpisce i beni
posseduti in quel momento dalla moglie, oppose le
seguenti argomentazioni :
È una costruzione errata, la quale, per di più, va
contro all'intento che l'ha suggerita. La dichiarazione del
fallimento del marito fa operare la presunzione , ma non
la crea. L'atto della moglie con cui acquista e l'atto con
cui aliena o ipoteca sono simulati, perchè i beni
comprati e quindi alienati non sono suoi, ma del marito,
se essa, e finché essa non provi il contrario. Fino a che
questa prova non è data, i beni si considerano del
marito, e per ciò alienazione e ipoteca saranno validi, se
sarebbero validi compiuti direttamente dal marito, il
vero alienante. E, per conseguenza, se il terzo acquirente
o creditore ipotecario conosceva lo stato di cessazione
dei pagamenti del marito, alienazione e ipoteca, av-
venuti nel periodo sospetto (art. 709 n. 1 Cod. Comm.)
cadono; amenochè il terzo non provi la sua buona fede ,
fondata sul giustificato convincimento che i
- 195 -
beni fossero di proprietà e quindi nella legittima di-
sponibilità della venditrice. Questa è la teoria giusta» la
quale, senza sforzi, concilia la tutela dei creditori del
marito, e quella del terzo, acquirente o creditore
ipotecario, di buona fede. Non è quindi esatto che
soltanto i beni posseduti dalla moglie al momento della
dichiarazione del fallimento sono riuniti alta massa, e
riuniti cogli oneri reali a cui la moglie li abbia sottoposti
anteriormente a quella dichiarazione. Troppa meschina
tutela avrebbero in tal caso i ere*
ditori del fallimento !....... Il periodo sospetto funziona
per tutti i beni del fallito, e quindi anche per quelli che
appariscono della moglie, ma che in realtà non lo sono
se la moglie non distrugge la presunzione dell' art. 782.
Per ciò, di regola, la conoscenza del terzo dello stato
della cessazione dei pagamenti da parte del marito dell'
apparente alienante, farà cadere l'alienazione così come
sarebbe caduta se il marito fosse stato il diretto
contraente.
« Volendo invece ravvisare nella moglie una legit-
tima proprietaria fino alla dichiarazione di fallimento, si
giunge logicamente ad una conclusione addirittura
disastrosa pei terzi creditori ipotecaria Giacché la
dichiarazione di fallimento, risolvendo ipso jure il
diritto della moglie (senza questa risoluzione come mai
i beni si riunirebbero alla massa ?), anche l'ipoteca
cadrebbe (art. 1976 cod. civ.) senza riguardo all'epoca
della concessione o alla buona fe.de del terzo creditore.
Mentre riconoscendo apparente il diritto della moglie, e
simulato così l'acquisto come l'alienazione dei beni, i
terzi contraenti, se di buona fede (cioè se realmente
ignoravano la cessazione dei pagamenti della loro
contraente e se poterono atten-
- 196 —
dibilmente ritenere che i beni fossero di proprietà e
nella libera disponibilità della alienante) sono tute
lati ....... ».
151. Tra questi dispareri, pare a noi, che addu-
cendosi l'ano o l'altro argomento, volendosi una esa-
gerata tutela della buona fede del terzo, facendosi
ricorso alle disposizioni dell'art. 709 Cod. di Comm.,
si vada più in qua o più in là del concetto legislativo,
e si tenti di dare ad una disposizione di rigorosa
tutela del diritto dei creditori una interpetra-zione
più o meno benigna pei terzi.
La disposizione dell' art. 782 Cod. di Comm. non
può essere vagliata unicamente in e per stessa;
ma deve essere posta in riscontro con tutte le altre
norme circa la pubblicazione del contratto di matri-
monio, e con quelle che regolano i diritti della mo-
glie del fallito.
Il terzo, contraendo con la moglie di un commer-
ciante (e quest'ultimo deve intervenire per la mari-
tale autorizzazione) non può addurre a sua buona
fede il fatto di'non avere prima cercato di appren-
dere il contratto di matrimonio interceduto tra i co-
niugi; di non essersi accertato che i beni di cui la
moglie appariva proprietaria non erano dotali o le
appartenessero come parafernali al tempo del matri-
monio, ovvero che le fossero pervenuti in dipendenza
di rapporti giuridici ad esso anteriori, oppure per
donazione o successione testamentaria o legittima.
Non può essere scusato di aver mancato di assicu-
rarsi che gl'immobili, obbietto del contratto o fonda-
mento della garenzia di questo, non siano venuti in
proprietà della moglie in uno dei modi previsti dal-
— 197 —
l'art. 781 Cod. di Comm. dovendo essergli sufficiente
rilevare nel contratto di acquisto la espressa dichia-
razione d'impiego, e conoscendo che la provenienza del
danaro deve essere accertata da inventario o da altro atto
che abbia data certa.
vale a scusarlo, che le norme di cui agli art. 780 e
781 prendano efficacia solo nel caso di fallimento del
marito, perchè contraendo con la moglie di un
commerciante, • deve il terzo prevedere e premunirsi
contro le eventualità di una dichiarazione di fallimento,
ed usare tutta la necessaria diligenza nei limiti che dalla
legge sono tassativamente indicati.
D'altronde, il caso del fallimento presuppone come
fondamento la esistenza di un commerciante ; e le
sanzioni che riflettono il patrimonio di un commerciante
fallito non possono farsi risalire agli atti che egli avesse
compiuti prima di imprendere l'esercizio del
commercio, prima ancora che, mancando un possibile
creditore da frodare, fosse supponibile la frode.
In quanto al diritto dei terzi, è fuori discussione che si
è, nella ipotesi dell' art. 782 Cod. di Comm., a fronte di
una presunzione la quale, in mancanza di prova
contraria, fa ritenere nullo, inesistente, il contratto
stipulato dalla moglie e fa ritornare alla massa dei
creditori i beni che apparivano di proprietà di quella,
ma che la legge presume appartenere al marito. E,
ripetiamo, la ipotesi dell'art. 782, presuppone il
fallimento del marito, sicché la presunzione non spiega
alcuna efficacia fino a quando il marito non cada in
fallimento, ed il diritto della moglie a ritenere come
proprii i beni acquistati fuori delle ipotesi degli art. 780
e 781 resta integro se il fallimento non avvenga.
— 198 —
Trattasi di un diritto sospeso da una condizione,
risolvibile nel caso determinato della dichiarazione di
fallimento del marito, dipendente da titolo annullabile
per simulazione presunta di frode in danno dei creditori;
onde, in applicazione del principio sancito nell'art. 1976
Cod. Civ., i terzi non possono dolersi se la risoluzione o
rescissione del contratto, o lo annullamento di esso, sia
operativa a loro danno.
« .... coloro, che hanno sull'immobile un diritto so
speso da una condizione, insegnava l'Ili. Mirabelli (1),
o risolvibile in casi determinati, o dipendente da tu
tolo annullabile, non possono costituire che una ipo
teca soggetta alle medesime eventualiad eccezione
dei casi, in cui la legge espressamente dispone, che
la RISOLUZIONE o la RESCISSIONE non è operativa a
danno dei terzi. Si noti il limite della eccezione: è
necessaria un'espressa disposizione della legge, perchè
V avvenuta risoluzione o rescissione non sia opera
tiva a danno dei terzi, e si tace dell' annullamento
dei contratti, perc non vi è caso che non sia ope
rativo anche rispetto ai terzi ».
Il legislatore, regolando il diritto della moglie del
fallito indicato negli articoli 780 e 781 ne sottopose lo
esercizio al carico dei debiti e delle ipoteche da cui i
beni fossero legalmente gravati : regolando il diritto
della massa del fallimento, con l'art. 792, non dettò
alcuna espressa disposizione per regolare gli effetti della
riunione alla massa medesima dei beni acquistati dalla
moglie, ma presunti di appartenere al marito; e si voglia
annullato, risoluto o rescisso il
(1) Setto Diritti dei terzi, pag. 449:
— 199 —
contratto, gli effetti dello annullamento, della risolu-
zione o rescissione operano inevitabilmente anche ri-
spetto ai terzi.
152. Le ipotesi fatte per gì' immobili valgono
pei mobili.
Essi ritornano in natura alla moglie, (a meno che non
si tratti di cose fungibili, passate perciò in proprietà del
possessore) quando siano dotali o parafer-nali, indicati
nel contratto di matrimonio o pervenuti ad essa durante
il matrimonio in dipendenza di rapporti giuridici
anteriori a questo, ovvero per donazione o successione
testamentaria o legittima. Deve però, come condizione
imprescindibile , provarsene la identità con inventario o
con altro atto di data certa (1) non bastando per esem. il
testamento che ne avesse disposto a di lei favore.
Tutti gli altri oggetti mobili posseduti dal marito
come dalla moglie, anche nel caso di comunione degli
utili, si presumono, per le identiche ragioni dette per gì'
immobili, appartenenti al marito, salvo alla moglie di
provare il contrario.
153. Nelle due prime ipotesi, la prova del di
ritto della moglie del fallito a riprendere i mobili o
a ritenerli deve risultare da atto di data certa (2).
(1) A Genova 30 Dicembre 1893 De Feo CMedica Bivio
Annali 1894, 34 A. Bologna. 15 Gennaio 1895 Baccarini
Cocchi — Mov. Giur Boi., 1895, 67.
(2) A. Casale 21 Maggio 1886 PerrotU C." Ropkille
Giur, Casale, 1886, 216 G. Roma. 31 Marzo 1890 Canali C.
Giorgi, Legge, 1890, II.
f
721. —Detta 13 Gennaio 1896, Negri
Cocchi C.° Cocchi Berardi. Foro It. I. 247.
— 200 —
nella terza ipotesi è ammessa senza limitazioni quella
contraria. (1)
Trattasi di una presunzione iuris tantum che i mobili
posseduti dalla moglie si appartengano al marito
commerciante, caduto in fallimento. E però è concessa la
dimostrazione contraria con qualunque prova, senza
alcuna limitazione e senza che debba necessariamente
risultare da un atto scrìtto, potendo ricavarsi a mezzo di
testimoni (2) o con presunzioni, che siano gravi, precise
e concordanti.
È da avvertire pe che fra i mobili sottoposti alle
regole anzidette non vanno comprese le vesti, masserizie
e biancherie personali, in quanto siano necessarie all'uso
della moglie del fallito e della propria famiglia, e che
una eccezione è stabilita nel nostro codice in ordine ai
titoli di credito.
Questa eccezione l'art. 674 del codice del 1865
sanciva pure, ammettendo che la data certa dell'atto da
cui dovesse risultare la pertinenza dei titoli di credito,
potesse stabilirsi anche con le registrazioni di pubblici
stabilimenti, di società anonime o di quelle in
accomandita per azioni.
Si rilevò nella compilazione del testo del nuovo
codice che < la denominazione TITOLI ni CREDITO com-
prende le azioni delle pubbliche banche e delle altre
società commerciali, e lo acquisto di tali azioni
(1) A. Torino 20 Febbraio 1894. Spanio c.° Spanio, Giur. Tor.
1894 666 C Napoli 13 Marzo 1900. Tornassi e." Pantano, Di-
ritto e Giur. XVI, 7,
(2) A, Travi 13 Novembre 1893. Di Tullio e.° Massa. Pisa-
nelli. 1893. 237.
— 201 —
è oggi un modo d'impiego abbastanza frequente, e
spesso vantaggioso, di rilevanti capitali, per non
prevedere che i capitali della moglie possano essere così
collocati.
«...................... se alle registrazioni dei pubblici
stabilimenti e delle società per azioni si attribuisce una
forza provante delia data dell' acquisto, del possesso e
dell' alienazione delle obbligazioni che emettono, non
potea negarsi un' egual forza provante ai registri che
riguardano la proprietà delle azioni, ed in ispecie la
proprietà delle azioni nominative, all' esattezza dei quali
le amministrazioni sociali devono porre certamente un'
attenzione maggiore, per l'interesse che hanno a ben
conoscere coloro. coi quali devono discutere le
questioni concernenti gli affari sociali. (1)
Si riconobbe perciò la necessi di adottare una più
completa dizione, e si ammise che la prova del-
l'acquisto, del possesso e dell'alienazione di titoli di
credito e di azioni di società commerciali può farsi
anche coi registri dei pubblici stabilimenti o delle
società per azioni.
Resta fermo, ben vero, che pei titoli di credito, che la
moglie del fallito vanti nel fallimento potrà da tali
registri farsi la prova dell'acquisto, del possesso e
dell'alienazione, fatti da essa e per essa e per accertare
la data, occorrendo sempre la prova specifica della
provenienza del danaro. di ragione della moglie stessa
(2).
(1) Marghieri. I motivi ecc., Voi. II, parte I, pag. 787.
(2) A. Bologna — 18 Gennaio 1895. Ricci B rtoloni e. Bacca-
rini Cocchi. Mov. Giur. Boi. 1895, 56.
- 202 -
154. — Notammo che speciali sanzioni regolano i
diritti della moglie del fallito per la ipoteca legale della
dote, e per i vantaggi pattuiti nel contratto di
matrimonio.
Il concetto cui la legge commerciale si inspira nel
dettare opportune limitazioni alle regole del diritto civile
in questa materia, è sempre quello di evitare che in
qualsiasi forma, mercè accordi simulati e fraudolenti tra
i coniugi, venga sottratto alla massa una parte del
patrimonio del fallito, o venga altrimenti vincolato,
ostacolandone la pronta liquidazione. a) Una limitazione
è questa :
Pel disposto dell'art. 1969 Cod. Civ. ha ipoteca legale
la moglie, sui beni del marito: per la dote e per i lucri
dotali. Quest'ipoteca, se non è stata limitata a beni
determinati nel contratto di matrimonio, ha luogo su
tutti quelli che il marito possiede al momento in cui la
dote è costituita, ancorché il pagamento di essa non
avesse luogo che posteriormente.
Riguardo alle somme dotali provenienti da succes-
sione o donazione, l'ipoteca non ha luogo che dal giorno
dell' apertura della successione, o da quello in cui la
donazione ha avuto il suo effetto, sui beni posseduti dal
marito in detto giorno.
Inoltre, pur non potendosi costituire aumentare la
dote dai coniugi, durante il matrimonio, può bene
esserlo da un terzo, ed in tal caso i beni posseduti dal
marito in detto giorno sono colpiti dalla ipoteca legale.
Pel disposto, invece, dell' art. 786 Cod. di Comm., se
il marito era commerciante al tempo della celebrazione
del matrimonio, o se non avendo allora altra professione
è divenuto commerciante nell' anno
— 203 -
successivo, l'ipoteca legale per la dote della moglie non
si estende in nessun caso ai beni pervenuti al marito
durante il matrimonio per altro titolo, che quello di
successione o donazione.
155. La limitazione, come è fatto palese dalla
parola della legge, è subordinata ad una condizione e,
cioè, che il marito era commerciante al tempo della
celebrazione del matrimonio, o se, non avendo altra
determinata professione, lo sia divenuto nell'anno
successivo. È ristretta a determinati beni, a quelli, cioè,
pervenuti al marito durante il matrimonio per altro titolo
che quello di successione o donazione.
In quanto alla condizione fu detto. Nel primo caso,
infatti, la moglie conosce senz'altro in quale condizione
si trova il marito, e deve quindi regolarsi di conformità;
nel secondo caso, breve essendo la distanza tra la
celebrazione del matrimonio e l'esercizio della
professione di commerciante, si può credere ra*
gionevolmente che la moglie sappia in quel tempo del
proposito del marito, e che, sapendolo, siasi regolata
ancora di conformità fi) ».
Vidari (2), riportandosi a tale interpetrazione del
concetto legislativo, pensò che il temperamento accolto
dalla legge non fa che guastar tutto, rendendo
incertissima la condizione giuridica della moglie e dei
creditori del marito oberato.
La Commissione Ministeriale nel prendere in esame
le disposizioni degli art. 677 e 678 Codice di Commer-
ci) Renottard Trai té de fail. et banq., voi. II, 309.
(2) Vidari op. eit.. voi. Vili, 8294, pag. 534.
- 204 —
ciò del 1895 accennò al dubbio, se fosse conveniente
comprendere nella eccezione anche il caso, in cui il
marito, che non era commerciante al tempo del ma-
trimonio, lo sia divenuto entro l'anno dalla celebrazione
di esso, ma trovando essere questo un caso non facile a
verificarsi, e non essere surti inconvenienti da quelle
disposizioni, non credette necessaria alcuna
modificazione (1).
156. Eppure è a chiedersi ragione della sanzione
legislativa, che certo non dovette senza un fondato
motivo essere dettata, e che pare è mantenuta nel codice
francese (art. 564); è portata a due anni dal matrimonio
nel codice belga; fu in vigore nell'abo-lito codice
italiano del 1865 ed è passata in quello vigente.
Più che la scienza supposta nella moglie del proposito
del marito, noi crediamo che questa ragione debba
trovarsi nell'intenzione di volere evitare un proposito
deliberato di arrecare danno ai creditori, limitando
l'esercizio delle loro azioni sul patrimonio del debitore
fallito; e nello aver voluto lasciare a chi, senza avere
determinata professione, per far fronte alle esigenze
della famiglia, fosse costretto ad intraprendere
l'esercizio del commercio, la maggiore disponibilità dei
proprii beni, acquisiti dopo la celebrazione del
matrimonio.
Se il marito era commerciante al tempo della celebra-
zione del matrimonio, è logico che la ipoteca legale per
la dote della moglie non si estenda in nessun
(1) MargkieriMotivi ecc. Voi. II parte I, pag. 789.
- 205 -
caso ai beni pervenuti al marito durante il matrimonio
per altro titolo, che quello di successione o donazione,
perchè lo moglie conosceva a quel tempo la condizione
del marito, e non potrebbe vantare in prosieguo
maggiore garenzia di quella che per legge erale concessa
e che ella accettò: se il marito avea già una determinata
professione, senza essere commerciante, dovea supporsi
che gli altri beni pervenutigli durante il matrimonio
fossero frutto del suo esercizio professionale, della sua
personale idoneità in questo, senza che altri potesse
vantarvi diritti di sorta, e che con questi frutti
professionali egli potesse far fronte alle esigenze della
vita coniugale.
Ma se egli non era commerciante, se non avea altra
determinata professione, e fosse divenuto commerciante
nell'anno successivo al matrimonio, nessuna
presunzione poteva esservi circa la provenienza dei
mezzi per lo acquisto dei beni, senza quella che facesse
legittimamente supporre essere inerenti e derivati questi
dall'esercizio del commercio.
Il limite di un anno dalla celebrazione del matri-
monio, a chi avesse a divenire commerciante, senza
avere a quel tempo una determinata professione, è
giustificato dalla convinzione che in un solo anno non
possa, m generale, egli avere ottenuto dall'azienda
mezzi sufficienti per distrarre o per vincolare i suoi
beni, e che sia utile accordargli perciò il termine entro
cui possa avere acquistato maggior credito e fiducia,
tanto da poter affidare di persona maggiormente i
creditori, e lasciargli più facile disponibilità dei suoi
beni per l'incremento della azienda onde far fronte con
essi alle esigenze della famiglia, senza alcun vincolo.
- 206 -
157. b) Una seconda limitazione alle regole del
diritto civile sta nel fatto che, nelle ipotesi premesse
(circa il tempo, in cui il marito era commerciante,
o lo fosse divenuto, non avendo allora altra profes
sione determinata, nell'anno successivo alla celebra
zione del matrimonio), la ipoteca legale per la dote
della moglie non si estende in nessun caso ai beni
pervenuti al marito durante il matrimonio per altro
titolo, che quelli di donazione o successione.
Il criterio dominante è Io stesso. I beni del marito
(meno quelli a lui pervenuti a titolo gratuito) che
possono lasciare adito a presunzioni di frode a danno
dei creditori, che fanno temere una distrazione del de-
bitore, e non promanano da un rapporto giuridico di
famiglia, che poteva essere tenuto presente al mo-
mento della celebrazione del matrimonio, devono
restare a garenzia dei creditori in caso di fallimento
e non vincolati alla loro azione.
158. Tre ipotesi sono generalmente considerate
circa il valore della ipoteca legale, che gravi gl'im
mobili di un commerciante fallito, a favore della mo
glie. £ sono : pel caso della sostituzione di un im
mobile al primo ipotecato; per la estensione della
ipoteca alle accessioni naturali, alle migliorie o nuove
costruzioni; per i beni indivisi tra il marito ed altri
aventi diritto al tempo del matrimonio, ed acquistati
in prosieguo, per intero, dal marito.
a) per la sostituzione dell'immobile è concorde
il parere degli scrittori (1), senza alcuna restrizione,
(1) Renouard — op. cit., voi. II pag. 315. Bastine — Droits de la
fé min e de raill. du mari, o. 82. Vidari — op. cit. voi. Vili,
- 207 —
per effetto della surroga che fa passare sul!' immobile
sostituito i pesi che gravavano sul primo, il quale ne è
liberato ; e perchè se un nuovo cespite resta vincolato
un altro rientra libero nel patrimonio del debitore, senza
che possa sospettarsi una fraudolenta diminuzione dello
stesso,
b) Per la estensione della ipoteca alle accessioni
naturali, nemmeno vi è dubbio, pel modo stesso dell'
accrescimento del valore dello immobile. Non così per
le migliorie o nuove costruzioni.
In quanto alle migliofie, la opinione che a noi pare
sia la più accettabile, è quella di distinguere tra i
miglioramenti ordinarii che, senza mutare, con spesa
eccessiva a fronte delle rendite, lo stato ed il valore
dello immobile, siano occorse per la sua buona
manutenzione; o siano state richieste per riparazioni
necessarie. Quelle che, in buona sostanza, avessero
aumentato la estensione delle fabbriche ; che ne
avessero trasformato 1' uso per ottenerne un maggior
valore con un maggior reddito; che avessero richiesto,
in altre parole, F impiego di capitali per ottenerne un
maggior reddito, non possono essere colpite dalla
ipoteca legale, perchè indirettamente si offrirebbe il
mezzo di frodare le ragioni dei creditori; si
consentirebbe altrimenti al marito di sottrarre loro
quella parte dei beni che, pel principio informatore di
tutte le norme circa i diritti della moglie nel fallimento
del marito, si vuole dal legislatore siano riuniti alla
massa del fallimento.
8298, pag. 535. Venduti op. cifc. pag. 75,76. Romelia op. eifc.,
voi. II. 435, pag. 87. C'azzeri op. cit., 544, pag. 346.
#
- 208 —
e) per i beni indivisi tra il marito ed altri aventi
diritto al tempo del matrimonio, ed acquistati, per intero,
dal marito in prosieguo, è a considerare due ipotesi.
Il marito pessere divenuto proprietario assoluto di
un immobile, in sede di divisione, essendosi dagli altri
coeredi percepito per le loro quote altri cespiti ereditarii ;
ossia, ciò che gli altri coeredi hanno avuto a tacitazione
dei loro diritti facea parte della massa comune a
dividere, ed il marito è divenuto proprietario di un intero
immobile in maniera che questo rappresenti la sua quota.
Gli altri coeredi, od aventi diritto, furono disinteressati
mercè il pagamento delle loro spettanze con danaro pro-
prio del marito.
Nella prima ipotesi, la ipoteca legale si estende su
tutto lo immobile, perchè nessun dubbio è possibile
sulla provenienza di esso e non è a sospettare che il
patrimonio commerciale, garenzia dei creditori, venga in
qualsiasi modo diminuito o defraudato. I creditori, in
ogni caso, hanno diritto di intervenire nella divisione; e
qualora avessero a ritenerla fatta in frode dei loro diritti
possono chiederne l'annullamento (art. 707 Cod. di
Comm.).
Nella seconda, al contrario, ed è questa la più costante
opinione (1), non può negarsi che tra il marito e gli altri,
cosi disinteressati dallo immobile come è detto innanzi,
sia interceduto un contratto a titolo oneroso nel quale il
marito ha investito capitali, da-
ti) Vidari Op. cit. 8300, voi. Vili, pag. 586 Venduti - Op. óit.
pag. 83. Ranella — op. cit, voi. II, 435, pag. 88. Cuzzeri — j Op
cit., 546. pag. 348.
— 209 —
nari, che la legge presume appartenere ai creditori. «
Nel caso , è sempre il denaro della massa che fu
destinato ad acquistare il complemento dell'immobile; è
quindi giusto che il prodotto di tale porzione d'immobile
faccia ritorno alla massa (1) », senza che su di essa
abbia a gravare l'ipoteca legale per la dote.
159. — Le anzidette limitazioni, disposte dall' art.
786 Cod. di Comm., riguardano esclusivamente il caso
dell'ipoteca legale.
Ond'è (2) che sebbene nel contratto di matrimonio
l'ipoteca dotale sia stata costituita sulla parte di un
immobile spettante al marito prò indiviso con altri,
nondimeno la moglie, presentandosi nel fallimento
del marito ha diritto di essere collocata sull'immobile
intero, se il marito, durante il matrimonio, si è reso ac
quirente delle quote degli altri, ed anche su queste
quote ha esteso l'ipoteca dotale, in conformità della
obbligazione che avea assunta nel contratto di ma
trimonio. C non costituisce modificazione delle con
venzioni matrimoniali; e trattandosi di ipoteca con
venzionale non può cadere sotto il disposto dell'art. 786
anzicitato.
'yij>
160. Il Boistel (3) annotando l'art. 564 del Codice
Francese, del tutto conforme allo art. 678 dell' abolito
codice italiano del 1865, rilevò : « Tonte action est
supprimèe: non seulement la revendication, mais
(1) Ranella — loe. cit.
(2) A. Cotale — 7 Settembre 1892. B. Nazionale e. Vitale. M.
Trib. Milano 1893, 413.
• .(3) Detto, op. cit, pag. 781.
15
- 210 -
mème tout droit de crèance, soit hypothècaire. La loi a
craint une fraude trop facile; et d'ailleurs elle supprime
aussi les droits rèeiproques que le mari aurait pu
invoquer. >
La disposizione dell' art. 678 pas tal quale nel
progetto preliminare del nuovo codice di commercio
(art. 846), e fu trasportata nel progetto del Ministro
Mancini come alinea dello stesso articolo 770, che
divenne nella relazione definitiva 1' attuale art. 786.
I criteri già esposti intorno alla ipoteca legale per la
dote della moglie ed alla sua limitazione, sé il marito era
commerciante al tempo della celebrazione del
matrimonio, o se non avendo altra determinata
professione è divenuto commerciante nell'anno
successivo, si applicano interamente ai vantaggi
derivanti a favore della moglie del fallito dal contratto di
matrimonio ; e, per una evidente ragione di giustizia, i
creditori non possono valersi dei vantaggi derivanti a
favore del marito dallo stesso contratto.
Regolata con norme severe e restrittive l'ipoteca
legale della dote, era di necessaria conseguenza non
permettere che un lucro sull' importare della dote fosse
ritenuto efficace, se pattuito nel contratto di
matrimonio, nei casi suddetti; quando ad esso si estende
l'ipoteca legale (art, 1969 n.° 4 Cod. Civ.), e tenuto
conto che il lucro si devolve in proprietà od in usufrutto
al coniuge sopravvivente, a norma dell' art. 1398 stesso
codice.
Per i lucri dotali, l'assoluta esclusione di qualsiasi
azione sul patrimonio del marito, se era commerciante
al tempo della celebrazione del matrimonio, o se non
avendo allora altra determinata professione è divenuto
commerciante nell'anno successivo, anche se
- 211 -
per essi sia stata concessa ipoteca, trae origine dalla
severa tutela che la legge accorda ai creditori del
marito, caduto in fallimento.
Cocome non può il marito distrarre, durante il
matrimonio. a favore della moglie i suoi beni, e
questi, all' infuori dei casi previsti dalla legge,
anche se acquistati dalla moglie, si presumono ap-
partenere al marito, pagati con danaro di lui, e
devono essere riuniti alla massa, salvo che la moglie
non provi il contrario; non è possibile consentire
che resti sottratto alla massa quanto non solo è
presunto, ma è provato dalla specie della obbliga-
zione, che è frutto di una liberalità del marito
promessa su quei beni che devono ritenersi spettare
alla massa dei creditori.
161. Il divieto ai creditori di poter esercitare
qualsiasi azione cpntro la moglie per i vantaggi dal
contratto di matrimonio derivanti a favore del marito,
è altresì conseguenza necessaria del principio del di-
stacco completo del patrimonio dei coniugi a fronte
della massa; e risponde ad un sentimento di giustizia
e di reciprocanza, onde non consentire ai creditori
di avvantaggiarsi sul patrimonio della moglie, quando
è a questa negato tale diritto sui beni caduti in fal-
limento.
162. La disposizione in esame parla dei vantaggi
derivanti dal contratto di matrimonio. perc non
può essere luogo a dubbio che nessun' azione possa
competere alla moglie per quelli ottenuti o promessi
dal marito durante il matrimonio.
— 212 —
Interessante è la questione surta, al riguardo, circa le
assicurazioni sulla vita conchiuse dal marito a benefìcio
della moglie.
Non può, al certo, sostenersi che il capitale assicurato
e conseguito al termine dell'assicurazione o al verificarsi
della condizione, sia tolto dal patrimonio del debitore,
perchè è dato esclusivamente dall'assi
1
curatore. Il
debitore, marito, non avrà che corrisposti i premii, e
questi, in genere, lasciano supporre che siano frutto di
economie, di rendite, rivestendo l'assicurazione il
carattere di previdenza.
Ora, vuole la legge tutelare la conservazione e la
integrità del patrimonio del debitore, ma non sindacare
gli atti di pura amministrazione e di economia che egli
possa aver compiuti; ed è per ciò che si ritiene non
applicabili al contratto di assicurazione, fatto ad
esclusivo vantaggio della moglie, le disposizioni
relative ai vantaggi matrimoniali (1).
Potrebbe discutersene, ed a fondato motivo, quante
volte si trattasse di rendite vitalizie, costituite mercè il
deposito o versamento di una determinata somma. In tal
caso, più che economia sarebbe a scorgersi un atto
d'impiego di capitali e la sanzione legisla-* tiva
troverebbe largo campo ad essere invocata.
163. Altra espressa disposizione regola le azioni
competenti alla moglie del fallito pei crediti dipen?
denti da contratti a titolo oneroso, per il pagamento' dei
debiti del marito, e per il prezzo dei suoi beni alienati
dallo stesso durante il matrimonio, ed è quella dell'art.
787 Cod. di Comm.
(1) MargMeri — I motivi ecc., Voi. II, parte I, 841, pag. 190.
213
Di essa, il relatore della Commissione Ministeriale,
Mancini (1) addusse le ragioni:
« Oltre ai diritti di proprietà della moglie sui beni
mobili od immobili che esistono nella famiglia, ed
oltre ai diritti che le derivano dal contratto nuziale..,
ria legge- non può a meno di prevedere che essa po-
trebbe aver acquistati dei diritti verso il marito, an-
che durante il fallimento.
« Il codice vigente, nel già citato art. 676, accenna
a due casi, nei quali quest' ipotesi può verificarsi.
Quejlo, cioè,, dei pagamenti dei debiti del marito, con
diritto di rifusione, e quello di un risarcimento do
vutole dal marito per aver venduti ì beni ad essa
spettanti. I
« Nel primo caso la legge stabilisce una presun-
zione a favore della massa, salva alla moglie la prova
contraria. Ma questa disposizione può essere troppo
. ristretta, perchè, oltre il pagamento di debiti del ma-
rito, la moglie p avere altri titoli di credito di-
pendenti da rapporti contratti a titolo oneroso verso
il medesimo. Conservando anche in questo caso la
presunzione a favore della massa, sembra pe con-
veniente'e giusto il concedere alla moglie la prova
contraria.
Ur Nel secondo caso, la generale riserva del diritto
della moglie alla rifusione del prezzo dei suoi beni,
alienati dal marito durante il matrimonio, comprende
evidentemente, tanto ì beni dotali, quanto i parafer-
nali, e nell'uno che nell'altro caso trovano appli-
cazione le norme generali; ma nel caso di alienazione
(1 ) Cuzzeri op. Cit., 552, pag. 350.
- 214 —
di beni dotali avvenuta di consenso di coniugi, senza le
prescritte autorizzazioni, sembra conveniente il riservare
alia massa il dirittó"su ciò- che la moglie potesse
ricuperare a tenore dell'art'. 1407 del Codice Civile ».
164. La presunzione Mucìahà è richiamata qui
in vigore per i contratti a titolo oneroso conchiusi
dalla moglie col marito e pei debiti di quest'ultimo
pagati dalla moglie, ritenendosi che tutto quanto
venne da essa dato o pagato-si apparteneva al.pa
trimonio che deve essere riunito alla massa, essendo
di esclusiva appartenenza del fallito..
La prova contraria è concessa alla massa7e^v| gono le
medesimi regole enunciate nel commentare le
disposizioni dell'art. 782 Cod. di Gomm.
165. Sufi azione riservata alla massa su.) 10$'
che la moglie potesse- ricuperare secondo le dispo-j
sizioni dell' art. 1407 del Codice Civile, osservò il-
Vidari « di non riuscire ad afferrar bene il pensiero
della legge, imperocché, nulla l'alienazione, parrebbe^
naturale che la moglie potesse rivendicare dalie
mani dei terzi le cose loro illegittimamente alienate
se ancora esistono 0 il loro prezzo (sempre che>i
trattandosi- di mobili, la rivindicazione sia permessa
di conformità alla legge civile) e di non intendere
< in qual modo la massa che ha nessun diritto
verso la moglie (mentre, anzi, è la moglie che ha
diritti verso il marito), si possa intendere surrogata
a lei rispetto ai beni rivendicati »
Ed il Cuzzeri trovò « senza dubbio la critica] fondata,
tanto più che alle massa non può spettare
alcuna azione perche^ Hi. moglie del fallito, se vorrà
rictfp'èrarjj i beni potali alienati dal marito, dovrà rifondere -al
coeSpratóse* precisamente quel prezzo I pel quale «fu
collbcatabin fallimento ».„
La critica pape a • noi infondata. e la ragione *ad
dotta, dal Cuzzerij.
:
.insussistente , e contrària al
Concetti) che. dal confronto degli art. 1407 Oo'd. Civ. e
5
787 'Codice di Compi, emerge, per quanto, forse, l non
chiaramente.
L' art>.° 1407 sancisce* la nullitfi dell' alienazione o
dell' obbli gaz ione* dell a, dote; e la moglie può ricu-
perarja dai terzi, cji'e illegittimamente' ritengano le
, cose loro alienate, ' senza essere tenuta a; rimborso
qf^ezW
' H marito' sarà obbligato, verso colui col quale
.avrà', contrattato se nel contratto non ha dichiarato
cne 'la $os.a alienata od ^obbligata era dotale, per *
-\ danni.' ',. >-''"*
L' art.
0
787. senza fare "obbligo, alla- moglie di far
' frinita* rivocare 1' alienazione or obbligazione ille-
- pittima della dote, le dà il diritto di esercitare sui
patrimonio del marito, a, fronte': della- massa dei
creditori, ed in sede di KdStóissióne'laL passivo.
, 1' azione per il ricupero del prezzo dei suoi beni
alenati dal marito durante il matrimonio.
Aduuque la moglie, sia per.resserle.piu agevole
• questa via, sia perchè non tra'Vi" da pater esercitare
., T azione di rivocazione e di ricupero dai terzi, potrà
'"imitarsi ad ottenere 1' ammissione al passivo e
contentarsi di quanto in questa sede le venga ad
b : essere attribuito.
r In prosieguo, però, ella può trovare la convenienza di
promuovere 1' azione di rivocaiiSné"'. e da questa
W*fc
deriverà àHtera5ÌM«cq«àrenHr&ydiritto ad esercitare
contro il marito,- é consegu^aj^tìà^ter
v
sif|;p£tìfeov niei del
fallimento, non la dola azione ipel prezzo, rièeosso *
illegittimameiite, Aà» per*>ixdan$i;. anione*. assai*yiij'
lapga e* chè^render^'b%èi#tù,•oijerosaala* condizione *
della massa dei*5*.'9ditor.r. '.***! ?$d/evitare un tal iatto-
provvede •"•K'arj; -^^P?J ffacendo salva. 1' azione della
%
massa s» ciòi oMf'*lÌr moglie potesse ricuperai.secondo
le*disrtJsìzioni dell' art. 1407- "del ©adicev-'Óivile., -
Una volta esGrcit"ata^44*".su
,
àS limento, là
:
ijiog£ie del
.falUw'iJRgp'.ha $iù •fnières^fc a promuovere que^f^-
4i^ivò1^f(^'
<
7 4}
M
'
rc
^.*fK' massa, subentrando*• nei
diritti- di ess'a* {Tomista azione sulle cose ricuperate.
Non- e cbe te., moglie se vorrà ricuperare i -beni dotali
alienati dai'ipjftito*,^-dovrà rKondér*e\.al comncatore
p^s^Bi^ameiJte^ì^^ prezzo pei (juale-f&vc;òp&é^ia in
fÉfti^efttojvSpa* &* che essa if:
iéiig.én;aò""'^VViallimento , s.tf'vincola, 'J2E^| sottoporre
all'azione della massa tutto •o&;chè\6psàér ricuperare
secondo. le deposizioni dell'art^ $^*iÌILM compenso^,
dell'; azione- ;'p£rVi danni che il terzo^etri-esercitare^;
Sr
•«SEli:*'il'-VI
.a
, ......
s*>**
,
i
'I&*I* '
Livros Grátis
( http://www.livrosgratis.com.br )
Milhares de Livros para Download:
Baixar livros de Administração
Baixar livros de Agronomia
Baixar livros de Arquitetura
Baixar livros de Artes
Baixar livros de Astronomia
Baixar livros de Biologia Geral
Baixar livros de Ciência da Computação
Baixar livros de Ciência da Informação
Baixar livros de Ciência Política
Baixar livros de Ciências da Saúde
Baixar livros de Comunicação
Baixar livros do Conselho Nacional de Educação - CNE
Baixar livros de Defesa civil
Baixar livros de Direito
Baixar livros de Direitos humanos
Baixar livros de Economia
Baixar livros de Economia Doméstica
Baixar livros de Educação
Baixar livros de Educação - Trânsito
Baixar livros de Educação Física
Baixar livros de Engenharia Aeroespacial
Baixar livros de Farmácia
Baixar livros de Filosofia
Baixar livros de Física
Baixar livros de Geociências
Baixar livros de Geografia
Baixar livros de História
Baixar livros de Línguas
Baixar livros de Literatura
Baixar livros de Literatura de Cordel
Baixar livros de Literatura Infantil
Baixar livros de Matemática
Baixar livros de Medicina
Baixar livros de Medicina Veterinária
Baixar livros de Meio Ambiente
Baixar livros de Meteorologia
Baixar Monografias e TCC
Baixar livros Multidisciplinar
Baixar livros de Música
Baixar livros de Psicologia
Baixar livros de Química
Baixar livros de Saúde Coletiva
Baixar livros de Serviço Social
Baixar livros de Sociologia
Baixar livros de Teologia
Baixar livros de Trabalho
Baixar livros de Turismo